Sergio Marchionne e John Elkann, ad e presidente di Fiat Spa

Assemblea degli azionisti Fiat
Marchionne: «Avanti in Italia»

di Giorgio Ursicino
  • condividi l'articolo

TORINO - L’assemblea degli azionisti Fiat approva i risultati finanziari del 2012 e Sergio Marchionne ribadisce l’impegno preso con l’Italia: «Da quando sono arrivato io nel 2004 l’azienda è completamente cambiata, allora realizzava il 92% del fatturato in Europa, mentre ora questa percentuale è di poco superiore al 20%. Ma abbiamo fatto la difficile scelta di non chiudere nessun impianto in Italia e la rispetteremo: nonostante la situazione attuale sia più difficile di quanto si potesse prevedere, stiamo portando avanti i nostri programmi. Pomigliano con la Panda è una realtà che ci invidiano anche i tedeschi, a Melfi è partito l’investimento di un miliardo e a Grugliasco abbiamo creato dal nulla un impianto che indica la strada della nostra sfida per rimanere in Italia e in Europa senza continuare a perdere: in futuro ci impegneremo sempre più nell’alto di gamma. Nel 2015 le attività di Fiat-Chrysler torneranno in pareggio anche nel vecchio continente».

Serve un governo in tempi rapidi.
Prima di illustrare l’evoluzione dello scenario globale, l’ad di Fiat si sofferma sulla posizione politica attuale: «Il presidente Napolitano ha terminato il suo mandato e questo mi dispiace molto, ha fatto un lavoro eccellente, con la sua uscita di scena perdiamo un punto di riferimento importante. La situazione di incertezza che si è venuta a creare non modifica i nostri piani, ma ci pesa, noi abbiamo bisogno di certezze perché a un’azienda come la nostra lo spread costa molto: serve in fretta un governo per ridare credibilità internazionale al Paese». Più di un’azionista ha puntato i riflettori sulla scelta di non dare dividendo, soprattutto a fronte di una liquidità molto consistente. Marchionne spiega la strategia: «È vero abbiamo la cifra è molto elevata per un’azienda come la nostra che fattura fra 80 e 90 miliardi, per gestire il business ne basterebbe meno della metà. Ma ci sono due aspetti da tenere in considerazione. Il primo è che ritengo la fusione con Chrysler indispensabile e, se si presentano le condizioni, ora siamo pronti ad acquisire la quota di Veba da soli, senza nemmeno ricorrere al credito. Quanto accaduto dopo la crisi finanziaria del 2008, inoltre, ci fa essere prudenti: in quella occasione non circolava più denaro e noi, se si ripetesse qualcosa del genere, vogliamo avere le mani libere».

Un anno di grandi impegni. Entro l’anno dovrebbe essere definita la situazione in Russia, i target per l’esercizio non dovrebbero subire ritocchi nonostante la difficile situazione in Europa, ma eventuali variazioni verranno comunicate a fine aprile in occasione dei risultati trimestrali. Poi c’è la partita più importante, la trattativa con Veba: «Una cosa è certa - spiega Marchionne - noi siamo determinati a comprare e loro lo sono a vendere. Io non scommetto, ma se lo dovessi fare direi che fra poco più di un anno, quando sarà il decennale del mio arrivo a Torino, l’operazione potrebbe essere conclusa. Ci sono dei passaggi da fare. La corte del Deleware dovrà decidere entro giugno sulla valutazione delle tre option che abbiamo deciso di esercitare. Intanto c’è una squadra di Fiat che dialoga con Veba per la parte rimanente, ma se non si raggiungesse un accordo si può andare per le lunghe: gli azionisti di minoranza di CNH sono rimasti in ballo 14 anni. Per Veba, in ogni caso, Chrysler non è un grande investimento, non distribuiamo dividendo. All’orizzonte non ci sono aumenti di capitale, se in futuro servirà rafforzare l’azienda potremo vendere degli asset, ma fra questi non c’è certamente la Ferrari che è il più importante per Fiat dopo Chrysler».

  • condividi l'articolo
Mercoledì 10 Aprile 2013 - Ultimo aggiornamento: 17-04-2013 08:47 | © RIPRODUZIONE RISERVATA