Sergio Marchionne amministratore delegato di Fiat e presidente di Chrysler

Fiat-Chrysler il percorso verso la fusione:
sarà uno dei giganti di Wall Street

di Giorgio Ursicino
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LONDRA - Un’operazione da venti miliardi. Di dollari. Questo secondo il Wall Street Journal sarebbe il valore della “manovra” che porterà alla quotazione in Borsa della società nata dalla fusione di Fiat e Chrysler. Per il Lingotto il 2013 è l’anno delle fusioni. Sergio Marchionne e i suoi top manager stanno infatti lavorando a per integrare il più rapidamente possibile anche dal punto di vista azionario Fiat e Industrial con le loro rispettive controllate americane, Chrysler e CNH. Entrambe le newco verranno poi quotate a Wall Street e avranno le sedi operative e fiscali nei posti in cui sarà più vantaggioso per le aziende e per gli azionisti. Per il secondo Gruppo, che è uno dei leader mondiali nel settore del capital goods (macchine agricole, movimento terra e veicoli industriali), l’operazione è ormai alle battute finali. L’ultima offerta di Torino agli azionisti di minoranza ha ricevuto tutti i via libera necessari e ora bisogna solo completare l’iter.

Le tappe del progetto.
Sul fronte automobilistico l’operazione è più complessa e il percorso più lungo, ma Marchionne stesso ha più volte ripetuto che si tratta di un finale obbligato: visto che le due aziende dal punto di vista operativo sono già integrate è più logico che anche gli azionisti siano gli stessi e poi l’operazione aumenterebbe il valore del Gruppo. Secondo le ultime indiscrezioni riportate dal WSJ, il Lingotto sarebbe alla ricerca di nuovi finanziamenti per concludere la fusione e presentarsi all’Ipo con la newco nelle condizioni migliori. In quest’ottica, non è una novità assoluta, ci sarebbero colloqui in atto con Goldman Sachs, Bank of America, Deutsche Bank e altri istituti per un finanziamento.

Nessun aumento di capitale. Gli step prima di arrivare alla quotazione sono ancora numerosi ma, quale che sia il reale valore della quota di Chrysler ancora in mano a Veba (poco più del 40%, l’importo oscilla fra 1,75 e 4,27 miliardi di dollari), per stessa ammissione di Marchionne Fiat ha la liquidità necessaria (a fine marzo 11,1 miliardi di euro) per entrarne in possesso senza ricorrere ad aiuti esterni. Lo stesso ad di Fiat e Chrysler alla recente assemblea degli azionisti non ha però escluso operazioni per rafforzare l’azienda (dismissioni di asset non strategici e ricorso al credito) che non siano l’aumento di capitale. Per gli analisti Usa, infatti, il debito Chrysler va ristrutturato altrimenti dopo la fusione la newco rischierebbe un downgrade e questo non sarebbe positivo per la quotazione. Nel 2011 Auburn Hills si è assicurata un prestito di 2,9 miliardi di dollari per saldare il debito con il Tesoro Usa e poi ci sono bond per 3,2 miliardi.

La sentenza della corte del Daleware. Marchionne, quindi, starebbe giocando partite su più tavoli per presentarsi a Wall Street nelle condizioni migliori. Da una parte si attende il verdetto della Corte del Delaware sul valore della prima tranche della quota Veda di cui Fiat ha esercitato il diritto di opzione. Questa sentenza specificherà il sistema di valutazione previsto nel contratto del 2009 e fornirà quindi criteri per stabilire l’entità delle altre tre tranche che Marchionne acquisirà. Poi resta la quota in mano a Veba su quale non c’è alcun diritto di acquisto e sulla quale bisogna necessariamente trattare. Contemporaneamente il finanziamento per avere un debito più contenuto o meglio strutturato. Al termine di questo complesso lavoro Fiat-Chrysler potrebbe avere un valore di mercato molto vicino a quello della ben più grande General Motors che quando tornò in Borsa dopo il passaggio fallimentare fu quotata 23 miliardi. Ieri, intanto, è sbarcata nel porto di Baltimora la nave partita del Montenegro con a bordo il primo carico di 3.200 Fiat 500L prodotte a Kragujevac in Serbia e destinate al mercato nord americano.

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Lunedì 27 Maggio 2013 - Ultimo aggiornamento: 31-05-2013 11:44 | © RIPRODUZIONE RISERVATA