Un manifesto dedicato alla fabbrica di Melfi

Fiat: quelle cinque lezioni di Melfi, la
fabbrica del nuovo modello del lavoro

di Diodato Pirone
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Non c'è dubbio: per chi segue le vicende dell'industria italiana, la rinascita della fabbrica Fiat di Melfi, dove lunedì sarà siglato il nuovo accordo sul lavoro domenicale e 1.000 assunzioni, merita di essere analizzata con la lente d'ingrandimento.

Un efficace titolo del Foglio l'ha definita "la fabbrica della rivoluzione". E in effetti la novità più importante è di questa portata: Melfi diventa una delle capitali europee dell'auto poiché qui, nel Sud, sta nascendo la fabbrica automobilistica più produttiva d'Europa. E una delle più "popolose" con i suoi 7.500 dipendenti a regime. In Fiat la chiamano "fabbrica a ciclo continuo", come se fosse un'acciaieria con i suoi altoforni sempre accesi.

Per la prima volta in Europa uno stabilimento di automobili lavorerà a ritmo continuo per circa 160 delle 168 ore della settimana fermando macchine e uomini solo la domenica mattina (dedicata alla manutenzione). L'obiettivo è produrre circa 300.000 vetture l'anno. Il salto è così forte che la stessa Fiat si è cautelata concordando con i sindacati (Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Quadri) un periodo di rodaggio e sperimentazione che si concluderà a luglio 2015 con il passaggio dei neoassunti dagli attuali contratti interinali a quelli a tempo indeterminato a tutele crescenti.

1) Alta produttività

Non esistono altri casi analoghi fra gli stabilimenti d'auto francesi e tedeschi. Qualcosa di simile sta accadendo solo alla Opel-Vauxhall di Ellesmere Port, in Inghilterra. Qui nel 2012 le autorità britanniche garantirono fior di incentivi pubblici alla Opel e i 2.000 lavoratori dello stabilimento, pur di scongiurarne la chiusura, accettarono con un referendum di lavorare dal 2015 per 51 settimane e quindi con ferie scaglionate su tutto l'anno. Tuttavia a Ellesmere Port sono previste tre squadre di lavoro e non quattro, come a Melfi.

2) Più posti di lavoro

Dunque con Melfi l'Italia finalmente dispone di un plant d'auto ad alta produttività e ad alto valore aggiunto (sforna due minisuv, Jeep Renegade e Fiat 500X venduti a 25 mila euro contro i 10/12 mila della Punto che viene assemblata qui da 21 anni). Elementi strategici, che compensano una delle storiche debolezze dell'industria italiana e aprono opportunità sul fronte del lavoro. Su questo piatto della bilancia non ci sono solo le mille assunzioni annunciate da Sergio Marchionne (700 già operative, con 8 rinunce finora). In realtà, secondo voci sindacali, confermate nei corridoi dell'azienda, i nuovi posti potrebbero essere molti di più, senza considerare le almeno 500 nuove assunzioni dell'indotto diretto e le migliaia di quello indiretto.

3) Salari più alti

C'è poi il tema del salario, regolato dal "contratto di stabilimento" che sarà siglato lunedì. L'avvio di Melfi ha già reso più pesanti le buste paga dei 6.000 dipendenti "storici" di Melfi. La necessità di riempire di Jeep Renegade le navi da far partire per l'America, ha costretto Fiat da tre mesi a far lavorare ogni dipendente su 48 ore settimanali piene e a febbraio è stata persino posposta di mezz'ora la pausa mensa per sfornare 15 auto in più a turno. I turni notturni equivalgono grosso modo ad un aumento medio di 200 euro al mese. A questi si aggiungono i circa 1.400 euro annui in più che saranno generati dai sabati e dalle domeniche di lavoro della turnazione definitiva che sostituirà gli straordinari. Questa turnazione oltre alla maggiorazione contrattuale farà scattare anche un ulteriore, piccolo premio aggiuntivo aziendale che oscilla fra i 20 e i 50 euro per ogni sabato o domenica lavorata. Considerando gli assegni familiari, a Melfi molte buste paga arriveranno a 1.800 euro, qualcuna sfiorerà i 2.000 netti.

Tanto? Poco? E' presto per dirlo. In America, quando Chrysler ha cominciato a marciare, il sindacato UAW ha contrattato un premio collettivo di un dollaro per dipendente per ogni milione di dollari di utile operativo (attenzione, non l'utile netto) dell'azienda. Quest'anno gli operai Usa di Fiat Chrysler hanno ricevuto un assegno di 2.750 dollari. La domanda allora è: il modello Usa può essere trasferito in Italia perlomeno in stabilimenti che scoppiano di salute come quello di Melfi? E' obiettivamente presto per rispondere ma è indubbio che si stanno formando aspettative.

4) Come si lavora

Già, ma le condizioni di lavoro? La fabbrica a ciclo continuo si articola, come detto, su quattro squadre che garantiscono 20 turni di lavoro settimanali (19,5 per l'esattezza grazie all'uso dei permessi). Questo meccanismo genera una turnistica molto complessa che in media funzionerà così: 4 giorni di lavoro la prima settimana, 6 giorni la successiva, 4 giorni (usando i permessi) la terza settimana; 5 giorni la quarta con una domenica. Niente week end, insomma, ma tre giorni di riposo consecutivi due volte al mese. I nuovi turni generano sempre cambiamenti d'abitudine e profonde irritazioni, ma ogni lavoratore tornerà alle 40 ore settimanali del contratto e chi non potrà turnare può essere impiegato sulla linea della Punto che non fa né straordinari né turno notturno.

Sulla qualità del lavoro operaio il caso Melfi offre elementi di valutazione molto interessanti: in fabbrica, con l'arrivo dei due Suv, c'è stato un gigantesco salto di qualità del processo di lavoro e dell'ergonomia. In questo plant, per la prima volta in Italia in una struttura industriale così complessa, ingegneri e gruppi di operai hanno progettato assieme la linea di montaggio e persino molti attrezzi di lavoro. Con quale obiettivo? Un classico scambio win win: eliminare le operazioni faticose a vantaggio dell'operaio e velocizzare il montaggio per ridurre i costi aziendali. Così le postazioni di lavoro faticose e scomode che caratterizzavano la linea della Punto sono scomparse su quella della Jeep.

Il lavoro è cambiato a fondo per via della massiccia presenza del computer (gli operai firmano molte operazioni sugli schermi elettronici presenti in ognuna delle 400 postazioni di lavoro), della pressante richiesta aziendale di proposte di miglioramento e soprattutto grazie alla presenza dei team leader, uno ogni sei lavoratori. Si tratta di operai-micromanager che non lavorano con le mani ma che organizzano le squadre dei colleghi. Chi ha parlato con gli operai di Melfi ha scoperto che la differenza fra lavoro operaio e impiegatizio, che resta, è molto meno forte che nel vecchio modello sabaudo, militare e gerarchico. E' difficile descriverlo, ma in Fiat il lavoro operaio e quello impiegatizio si stanno lentamente mischiando o "ricomponendo", come dicono gli esperti.

E se non tutto è rosa e fiori alcune cifre parlano da sole: all'ultimo sciopero indetto dalla Fiom (che continua a dominare le assemblee) contro gli straordinari hanno aderito in 139 su 4.500 "comandati".

5) Auto ad alto valore aggiunto

L'ultimo anello della catena che parte dalla Lucania riguarda il prodotto. A Melfi, e anche questa è una prima volta, Fiat ora fabbrica modelli ad alto valore aggiunto destinati soprattutto all'export, non più solo per i 500 milioni di consumatori europei ma per tre miliardi di automobilisti nel mondo. Si tratta di auto complesse, con molti motori e molte versioni, che richiedono cura e qualità del montaggio. Secondo molti osservatori a Melfi va formandosi - fra mille contraddizioni - una esperienza di lavoro di alto profilo destinata, se ben gestita, ad arricchire molto il territorio non solo in termini di Pil ma di capitale umano. La fabbrica poi sembra avviare il suo rullaggio accompagnata da un grosso colpo di fortuna macroeconomico. "La svalutazione dell'euro assicura al lavoro italiano un ulteriore vantaggio competitivo", nota Gianluca Ficco, neo responsabile Fiat della Uilm. Melfi, a suo modo, sembra essere la migliore risposta del "made in Italy" al rigido monetarismo e all'austerità della Merkel.

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Sabato 28 Febbraio 2015 - Ultimo aggiornamento: 02-03-2015 23:44 | © RIPRODUZIONE RISERVATA