Uno scorcio della linea di montaggio di Pomigliano

Fiat, i sindacati firmatari vincono le elezioni
ma il contratto impone una nuova svolta

di Diodato Pirone
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Passano gli anni ma in Italia la Fiat resta una delle cartine al tornasole della temperatura del rapporto fra capitale e lavoro. Le novità abbondano.
Eccole in sintesi: in questi giorni operai e impiegati Fiat stanno votando per l'elezione dei delegati e nei principali stabilimenti del Centro-Sud (l'abruzzese Sevel, Pomigliano, Melfi), nonostante l'assenza della Fiom , è andato a votare circa il 90% dei dipendenti e tutti e tre i principali sindacati firmatari del contratto Fiat - Fim, Uilm e Fismic - sono stati premiati. Unica eccezione alla regola, la Ferrari di Maranello dove (dopo elezioni svolte in date diverse fra quelle indette da Fiom e quelle degli altri sindacati) la Fiom si è confermata l'organizzazione più votata anche se la somma dei voti dei "firmatari" è più alta.
Basta aggiungere a questo cocktail la ciliegina del clamoroso flop dello sciopero dello straordinario indetto da Fiom a Pomigliano (al quale hanno aderito 5 lavoratori su 1.400) per farsi un'idea della situazione.

Flop che nel caso del sindacato di Landini non è isolato, perché si contano sulle dita anche le adesioni agli scioperi Fiom in Sevel e a Melfi e perché anche nello stabilimento di VM Motori, un tempo roccaforte Fiom come moltissime fabbriche emiliane, allo stop degli straordinari ha aderito solo il 7% dei "comandati": una ventina di persone.
I sindacati firmatari cantano apertamente vittoria. Anche se i risultati delle elezioni dei delegati sono spesso figlie di amicizie personali tipiche di paesoni da 4/5.000 "abitanti" quali sono le fabbriche Fiat, le urne hanno dimostrato che la stragrande maggioranza degli operai sono favorevoli alla linea di collaborazione con Marchionne.

Fiom invece conta di rifarsi in qualche modo fra qualche settimana quando tutti i sindacati parteciperanno alle elezioni dei rappresentanti per la sicurezza (Rls). Non a caso in trincea a Melfi (dove Fiom nel 2011 si divise perdendo la metà dei suoi delegati di fabbrica), Landini ha inviato con i pieni poteri un funzionario colto e di spessore come Massimo Brancato, finora responsabile Fiom per il Sud.

Fin qui i fatti. Che preludono, qualunque sia l'analisi scelta, ad una fase di grosse novità sul fronte delle relazioni industriali del Lingotto. Per due ragioni. Da una parte l'azienda è (finalmente) sotto pressione perché sta iniziando a funzionare la leva dell'export verso gli Usa. Domenica scorsa è partita dal porto di Civitavecchia la prima nave con 3.000 Jeep fabbricate a Melfi. E proprio da Melfi potrebbe arrivare entro giovedì l'annuncio di un ulteriore aumento della produzione. Cassino e Mirafiori, poi, entro l'anno inizieranno a sfornare la nuova Alfa Romeo e il Suv della Maserati.

La seconda ragione è squisitamente sindacale: il contratto Fiat è scaduto. Con l'inflazione inesistente, l'azienda non intende elargire aumenti se non in cambio di un rialzo della produttività e preme perché questo aumento venga calcolato legandolo al sistema produttivo interno, il WCM (World Class Manufacturing). Poiché ogni stabilimento ha un punteggio WCM diverso, gli aumenti salari premierebbero di più i dipendenti degli stabilimenti capaci di migliorare di più la propria efficienza. In questo quadro non va sottovalutata l'iniziativa di Fiat di assegnare, a gennaio, un premio di 300 euro lordi ai circa 2.500 dipendendenti della Maserati di Grugliasco protagonisti l'anno scorso di un aumento produttivo da record con quasi 37.000 vetture prodotte al prezzo medio di oltre 80.000 euro l'una.

Proprio il "caso Grugliasco" segnala una crepa nella strategia vincente dei sindacati firmatari. Non c'è dubbio, infatti, che finora sia stato solo Marchionne ad incassare il dividendo dei primi successi italiani (mille assunzioni a Melfi) della sua strategia. E' ragionevole che sia così dopo le tante palate di fango che non solo la Fiom ma gran parte della classe dirigente italiana gli ha riservato negli anni scorsi. Resta il fatto, però, che i sindacati firmatari in questi anni si sono sobbarcati la loro quota di scelte coraggiose e difficili e ora rischiano di dividersi poche briciole di una torta che - se l'AlfaRomeo avrà successo- potrebbe essere rilevante. E poi il mondo del lavoro con il Jobs Act non è più quello dell'articolo 18.

Insomma, dopo aver vinto le elezioni Fiat ora Fim, Uim e Fismic dovranno vedersela con il dopo elezioni per ritagliarsi un ruolo - magari in qualche modo unitario visto che fra di loro non si notano differenze sostanziali nel day by day - nella fase del rilancio di FCA. Si vedrà presto se il contratto porterà qualche risultato strategico sul ruolo del sindacato nelle fabbriche Fiat dopo una fisilogica fase di "gioco di sponda". L'alternativa è chiara: in futuro il consenso operaio potrebbe orientarsi direttamente verso l'azienda.

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Domenica 22 Febbraio 2015 - Ultimo aggiornamento: 24-02-2015 06:42 | © RIPRODUZIONE RISERVATA