Takeshi Uchiyamada presidente del Consiglio di amministrazione della più grande Casa del mondo

Uchiyamada, chairman Toyota: «Il futuro
è dell'ibrido, le elettriche faranno fatica»

di Giorgio Ursicino
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dal nostro inviato
MILANO - Un’ora con Takeshi Uchiyamada e lo scenario dell’auto diventa più chiaro. Luminoso. Sul presente e sul futuro. Sull’ibrido e sull’elettrico. Sullo stato dell’arte delle batterie e l’imminente arrivo delle vetture a idrogeno.

Non capita tutti i giorni di potersi affacciare a una finestra tanto in alto. L’ingegnere giapponese, in visita in Italia per ritirare il prestigioso Mazzocchi Award della rivista Quattroruote come inventore dell’auto ibrida, non è solo un super tecnico già entrato nella storia della mobilità, è anche l’attuale presidente del board Toyota, l’azienda del settore più grande del pianeta (prima nelle vendite, ma soprattutto nel valore) che quest’anno produrrà 10.430.000 veicoli, inaugurando il club della “doppia cifra in milioni”. Uchiyamada apprezza il nostro paese: «E’ la quarta volta che visito questa bella città, nei giorni scorsi il nostro connazionale Honda ha segnato il primo gol in Italia. Sono orgoglioso di lavorare per Toyota, un’azienda che ha preso decisioni lungimiranti e ha sempre avuto la volontà di investire. Continueremo a farlo per realizzare le auto migliori, potete avere fiducia».

Uchiyamada san, le vetture piccole sono sempre più richieste, non pensate di introdurre la tecnologia plug in anche in questa categoria?

«La potenzialità esiste, ma al momento non abbiamo un modello in proposito. Per applicare la ricarica esterna alle citycar i costi sono rilevanti, mentre la pressione sui prezzi molto forte. In più queste auto hanno già livelli di consumi ed emissioni abbastanza buoni. Abbiamo anche valutato sistemi di ibridizzazione più semplici rispetto a quello introdotto con Prius che ora utilizziamo su 25 modelli e presto estenderemo ad altri 15, ma non garantiscono grandi vantaggi».

L’auto ibrida ha avuto molto successo in Giappone e poi in America e in questi paesi ha ancora grandi margini di crescita. Il dottor Marchionne sostiene che in Europa non sarà così perché per rientrare nei limiti di emissioni che l’Ue ha fissato anche dopo il 2020 non c’è necessità sui modelli di massa di avere una doppia catena cinematica. E' d'accordo?

«Non so, non è un nostro problema, non è la nostra visione. Quando ci siamo messi a lavorare sul “progetto 21” oltre 20 anni fa l’obiettivo non era di adattare le nostre vetture ai vari regolamenti che sono diversi e cambiano in continuazione, ma dare una risposta per l’auto del futuro. Quello che ci interessa è come i clienti prendono l’iniziativa: il 43% delle nostre vendite in Giappone sono vetture ibride, il 14% della nostra produzione totale ha questo tipo di motorizzazione. I nostri consumatori guardano oltre i regolamenti, pensano a vivere meglio, ottimizzando le risorse e rispettando l’ambiente. Grazie alle ibride è stato calcolato che sono già state risparmiate oltre 40 milioni di tonnellate di CO2 e più di 15 miliardi di litri di benzina. E poi la diffusione di una tecnologia dipende dalla gamma che hanno i costruttori presenti sul quel mercato. Credo che in ogni caso nei paesi industrializzati la percentuale di ibride arriverà mediamente al 20%».

Ritiene che questa tecnologia vi abbia aiutato a superare la crisi e tornare rapidamente i numeri 1?

«Ha sicuramente velocizzato il percorso, ma penso che ci saremmo tornati lo stesso».

Avete inventato l’ibrido, ma gli altri stanno arrivando con tante plug-in. Non vi farete superare?

«Perché una tecnologia sia rilevante deve coinvolgere una produzione elevata e noi abbiamo la nostra strada. Ma non credete che sul plug-in stiamo a guardare, anche noi crediamo che ci siano ampi margini di sviluppo. In ogni caso siamo molto contenti che arrivino altri costruttori dove prima eravamo da soli: la concorrenza stimola il progresso e, soprattutto, contribuisce alla crescita dei fornitori».

State per lanciare l’auto a idrogeno, dove avrà più successo e rapidità di diffusione?

«In primo luogo in quei paesi che avevano puntato sull’elettrico, cioè sulle emissioni zero e sono rimasti delusi dai problemi delle auto a batterie. Poi in quelli che avranno la forza e la volontà di mettere un piedi una rete di distribuzione dell’idrogeno. Il Giappone lo sta facendo. Il tempo di diffusione, in ogni caso, sarà più lento rispetto a quello delle ibride proprio a causa delle necessità di creare un nuovo network per i rifornimenti».

Come vedete le fusioni in questo periodo di gran moda?

«Ci sono due motivi per cui avvengono. Il primo è la riduzione dei costi di sviluppo che stanno aumentando sempre più. L’altro è poter sfruttare al meglio le risorse che ogni costruttore ha, fare sinergie».

Qualche anno fa avete pensato ad una fabbrica in Italia. Ci sono ancora possibilità?

«Anche Toyota ha difficoltà di vendita sul mercato europeo, abbiamo una capacità produttiva nel Continente non pienamente sfruttata. In un contesto del genere non ci sono le condizioni per pensare a nuovi impianti».

Dove potete crescere ancora? In quali mercati e in quali “segmenti”?

«Sicuramente nei paesi emergenti. In particolare sulle piccole e i veicoli commerciali. Ma crescerà molto in tutto il mondo anche la richiesta di Suv».

Cosa pensa della fusione Fiat-Chrysler?

«Guardiamo con grande interesse, non sappiamo come andrà. Sono presenti in mercati in fase positiva e questo può aiutarli nella crescita».

Avete in programma alleanze?

«Abbiamo quella con BMW, siamo soddisfatti, ma al momento non c’è altro. Comunque la partita è aperta: qualche anno fa nessuno pensava che ci saremo alleati con la casa di Monaco».

Quali obiettivi di crescita in Europa?

«Noi qui ci consideriamo challenger, vogliamo crescere puntando sugli asset che abbiamo consolidato: qualità e affidabilità del prodotto, oltre alla tecnologia ibrida».

Cosa pensa dei costruttori cinesi?

«Hanno fatto dei grandi progressi, soprattutto dal punto di vista del design».

Se lo chiedesse, fornireste tecnologia ibrida a Fiat-Chrysler?

«Abbiamo sempre creduto che le tecnologie ambientali per dare benefici non debbano essere esclusive, se ci fosse una richiesta in tal senso sicuramente la valuteremo».

Siete leader delle ibride. E le elettriche?

«Forse diamo l’impressione di non essere interessati, ma abbiamo investito e studiato tanto l’argomento. Secondo noi, a differenza delle ibride, il livello attuale delle batterie non consente di sostituire le auto tradizionali con le elettriche. Ci sono 4 grandi problemi: i costi degli accumulatori, l’autonomia, i tempi di ricarica e la vita delle batterie. Quelle delle ibride durano come la vita delle vetture, quelle delle elettriche no, massimo 5 anni».

Funziona l’ibrido ad aria compressa?

«Per quello che ricordo non mi sembra fosse un sistema così efficiente...».

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Lunedì 3 Febbraio 2014 - Ultimo aggiornamento: 10-02-2014 16:54 | © RIPRODUZIONE RISERVATA