Il nuovo edificio realizzato in tempi record a Santa'Agata dove verranno sviluppati i prototipi

Volkswagen Group, i gioielli italiani:
Lamborghini, Italdesign, Ducati e Nardò

di Giampiero Bottino
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MILANO - Moody's ci declassa? Lo spread vola? Il debito pubblico non cala? Il mondo guarda con diffidenza al nostro Paese e alla sua economia? Da qualche parte, in Italia, c'è qualcuno che la pensa diversamente, e quando si tratta di investire nel nostro Paese non si tira indietro. Nella convinzione che si possano fare ottimi affari senza bieche intenzioni speculative, ma solo per acquisire competenze ed eccellenze alle quali neppure il primo gruppo automobilistico europeo - e aspirante alla prossima leadership mondiale - può restare insensibile. Stiamo parlando del gruppo Volkswagen, il cui interesse per la nostra miglior tecnologia - al quale non è certo estranea la passione per il made in Italy del vero «dominus» di Wolfsburg Ferdinando Piëch, che tra l'altro parla e capisce la nostra lingua - risale a tempi non sospetti, quando della grande crisi non si aveva neppure sentore.

Prima tappa: Sant'Agata.
Risale infatti al luglio del 1998 la cessione al gruppo Volkswagen dell'intero pacchetto azionario della Lamborghini, che uscì da decenni di turbolenze aziendali per iniziare a navigare nel mare della tranquillità garantita dal management e dalle tecnologie messe a disposizione dall'Audi, nella cui orbita era stato inserito il prestigioso marchio di Sant'Agata Bolognese. Crescita delle vendite, aumento dei mercati presidiati, vetture sempre all'avanguardia nella ristretta cerchia delle supersportive estreme. Se i motori beneficiavano dello straordinario know-how di Ingolstadt, lo spirito del marchio restava quello del fondatore Ferruccio Lamborghini, una vita ispirata al sogno di realizzare le sportive perfette. Una riuscita sintesi tra creatività italiana e rigore teutonico che trova la sua perfetta espressione nella figura del presidente designato dalla Casa degli Anelli: il tedesco "de Roma" Stephan Winkelmann che quando parla il suo perfetto italiano lo condisce con un'inconfondibile cadenza capitolina ereditata dalla città in cui ha trascorso gli anni giovanili.

L'operazione Ducaudi.
L'acquisizione di 14 anni fa ha dato dei risultati tanto positivi da aprire la strada, seppur a distanza di tempo, a un'operazione analoga che ha visto un'altra eccellenza assoluta dell'Emilia motoristica passare nell'orbita di Ingolstadt. Gli episodi degli ultimi giorni, con l'approvazione dell'antitrust europeo e la susseguente visita ufficiale di Rupert Stadler, presidente Audi, a Borgo Panigale hanno sgombrato il campo dagli ultimi dubbi: la Ducati è ormai ufficialmente - per 860 milioni di euro - una delle stelle della sempre più vasta galassia Volkswagen. Lo stesso Stadler, nel suo discorso salutato dagli applausi delle maestranze, ha spiegato l'acquisizione dicendo che «Audi e Ducati sono unite dalla stessa passione, si completano a vicenda». E ha anche indicato in modo abbastanza esplicito le aree in cui questo completamento può manifestarsi: progettare e produrre motori performanti, fare veicoli sempre più leggeri e condividere le competenze e le conoscenze di due indiscussi protagonisti di uno scenario sempre più globale. Il tutto beneficiando del fatto di fare parte di una grande famiglia come il gruppo Volkswagen. In attesa che la nuova partnership entri nel vivo, la casa tedesca ha già espresso la volontà di riportare alla vittoria in pista una «rossa» pilotata da Valentino Rossi. Analizzando i risultati, economici e sportivi, ottenuti negli ultimi anni dalla marca dei quattro anelli c'è da pensare che Vale possa dormire sonni tranquilli.

Rotta sulla Puglia.
La campagna acquisti non si ferma qui. Anche la pista di Nardò - l'impianto pugliese che è una delle strutture per sperimentazioni automobilistiche più avanzate al mondo - sta per passare sotto il controllo di Wolfsburg come conseguenza della piena integrazione della Porsche nel gruppo Volkswagen che diventerà operativa il 1° agosto. È stata infatti Porsche Engineering ad acquisire nello scorso aprile dalla Società Prototipo il Nardò Technical Center con i suoi 16 mila metri quadrati di officine e percorsi di prova specializzati, la pista di handling di 6,2 km, che riproduce molte delle curve più famose dei principali circuiti internazionali, e soprattutto l'ambitissima pista circolare di alta velocità lunga 12,5 km e in grado, per l'accurata realizzazione delle pendenze, di compensare gli effetti della forza centrifuga fino alla velocità di 240 km all'ora.

Questione di stile.
Per completare la panoramica su questa Italia nella quale «non si può investire», come sostiene qualcuno, non si può non ricordare un'altra operazione che ha avuto un'eco mondiale: l'acquisizione da parte della Volkswagen, tramite Lamborghini holding, del 90,1% delle azioni dell'Italdesign, uno dei templi del design automobilistico (e non solo) internazionale fondato a Torino nel 1968 da Giorgetto Giugiaro. Un gruppo con mille dipendenti che porta a Wolfsburg un ineguagliabile bagaglio di competenze e creatività, capace di dare un forte contribuito alla conquista del primo posto nella classifica mondiale dei costruttori che Piëch e il presidente Martin Winterkorn hanno pianificato per il 2018.

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Venerdì 13 Luglio 2012 - Ultimo aggiornamento: 06-04-2016 11:41 | © RIPRODUZIONE RISERVATA