Una uente di vettura aziendale

Il fisco frena le auto aziendali: ma nella
Legge di Stabilità importanti modifiche

di Oscar Giannino
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L’auto è il propulsore trainante della ripresa italiana, l’unico settore della manifattura a crescere a doppia cifra. Ne beneficia l’intera filiera dell’automotive, componentistica, dealers, autofficine. E traina l’export, visto che negli stabilimenti Fiat si produce per i mercati esteri.

Le immatricolazioni in Italia nei primi 10 mesi registrano un solido + 14,7%, ed è ormai a portata di mano l’obiettivo di superare il milione e mezzo di unità in tutto il 2015. Sono tutti motivi che dovrebbero indurre all’ottimismo, finalmente. Ma c’è un ma, su cui è opportuna una riflessione specifica. Nella crisi italiana dell’auto, alla contrazione delle vendite a privati faceva positivamente fronte un aumento delle vendite alle aziende. Avevano toccato il 41% del mercato complessivo, nel primo trimestre 2015, grazie anche all’effetto EXPO. Intendiamoci, sempre molto meno del 53% che gli acquisti per flotte aziendali rappresentano sull’immatricolato del Regno Unito, del 47% in Spagna, o addirittura del 65% in Germania.

Ma, purtroppo, da quel 41% stiamo tornando indietro. Nei primi 9 mesi del 2015 le immatricolazioni aziendali sono scese al 37% di quelle italiane. A ottobre, addirittura al 31,6%. Con una netta retrocessione del noleggio, soprattutto a breve termine in flessione addirittura del 45%, e una stazionarietà sul 2014 delle immatricolazioni in capo alle società. Trend di mercato, direte voi. Invece no. Perché sta nel fisco, come abbiamo ripetuto molte volte, la ragione storica dell’esigua proporzione degli acquisti aziendali nel mercato italiano dell’auto. Dopo la sterzata ancor più tassaiola apportata dal governo Monti nel 2011, la situazione era ulteriormente peggiorata.

Dal 2011 al 2013 l’effetto congiunto degli aumenti dell’imposizione fiscale (IPT, PRA, Assicurazioni, Tasse regionali) e l’ulteriore miope compressione della deducibilità dei costi delle auto aziendali (ridotta dal 40% al 20%) aveva elevato ancor più aspri ostacoli al canale delle auto aziendali. Su una vettura aziendale media il valore di detrazioni e deduzioni fiscali sulle diverse imposte in Italia era finito per ammontare a quasi un quinto di quanto riescono a “scaricare” le aziende tedesche e spagnole, e circa un quarto rispetto a Francia e Gran Bretagna.

Ora c’è una novità in arrivo, e bisogna evitare di perdere l’occasione. La legge delega fiscale aveva invitato il governo a “semplificazioni nella deduzione dei costi e degli ammortamenti dal reddito di impresa”, tra i quali uno è proprio quello relativo alle auto aziendali e ai beni strumentali d’impresa. E l’effetto è rappresentato dalle norme previste in legge di stabilità sul cosiddetto super-ammortamento elevato al 140%, relative ai beni strumentali d’impresa acquisiti dall’ultimo trimestre 2015 a tutto il 2016, esclusi gli immobili, le partite finanziarie, e gli input intermedi di produzione. Dunque, auto comprese.

Il superammortamento al 140% riguarda le auto aziendali ad uso esclusivo (ad esempio, l’auto per una società di noleggio o per un tassista) e date in uso promiscuo a dipendenti, agenti e rappresentanti di commercio. Per capire meglio, la tassazione continuerebbe però a muoversi su tre canali diversi, a seconda dell’utilizzatore finale e del canale di acquisto. Per le auto aziendali acquistate in leasing e non a noleggio, con il nuovo ammortamento il limite di costo fiscalmente rilevante passa da 18mila a 25mila euro.

Per gli agenti di commercio, la soglia di costo fiscalmente deducibile salirebbe ulteriormente a 36mila euro, con una deducibilità dell’80%. Mentre le auto aziendali a utilizzo promiscuo dei dipendenti non avrebbero soglie di costo fiscalmente rilevante, e diventerebbero deducibili al 70%. Ci pensi bene, il parlamento. Continuare a distinguere soglie di costo e deducibilità dipende dal vecchio pregiudizio dell’apparato tributario, che stima a seconda dell’utilizzatore rischi maggiori che il bene-auto non sia affatto aziendale ma di uso privato.

E’ una presunzione che finisce per limitare l’effetto degli incentivi, anche oggi che finalmente un governo comprende che occorre accelerare sulle condizioni abilitanti degli investimenti delle imprese. Invece di soglie di deduzione diverse per singolo bene occorrerebbe renderle standard, stabilendo che esiste un unico limite di deducibilità per tutti beni rappresentato da una data percentuale dei ricavi aziendali, il che tutelerebbe di fatto dal rischio di elusione. Se governo e parlamento danno un’occhiata al calo in corso sul mercato dell’auto degli acquisti aziendali, dovrebbero capire al volo che il momento per evitare frammentazione degli incentivi per classi di acquirenti è venuto. Ed è ora. In nome della ripresa italiana.

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Sabato 21 Novembre 2015 - Ultimo aggiornamento: 30-11-2015 13:59 | © RIPRODUZIONE RISERVATA