Tazio Nuvolari al volante della sua amatissima Alfa Romeo della scuderia Ferrari

Tazio da 60 anni corre per le vie del cielo:
Nuvolari, la leggenda di un eroe d'acciaio

di Giorgio Ursicino
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ROMA - Un pilota. Un eroe. Già in vita. Domenica prossima saranno trascorsi 60 anni da quando l’uomo più veloce della storia ha iniziato a volare nell’adilà. «Correrai ancor più veloce per le vie del cielo», c’è scritto sulla tomba di Tazio Nuvolari, il Nivola imbattibile sulle moto, il Mantovano Volante entrato nella leggenda come “artista del controsterzo” sulle auto. Un campione che è diventato il simbolo dell’automobilismo sportivo e l’icona del coraggio e del talento italiano.

Una morte prematura. Tazio era nato appena 60 anni prima, l’11 novembre del 1892, troppo poco per un fenomeno che era sembrato invincibile e anche invulnerabile, forgiato in acciaio, quasi come un personaggio dei fumetti. Fu stroncato da una crisi respiratoria dopo aver incassato un paio di ictus. L’asma lo aveva perseguitato negli ultimi anni: troppi i veleni respirati durante un trentennio di battaglie. Ad alimentare la sua leggenda le numerose foto che lo ritraggono con il volto nero dal fumo e dall’olio e il netto segno degli occhiali come fosse una maschera. I polmoni erano talmente andati che nelle ultime gare preferiva guidare la Cisitalia aperta, anziché quella chiusa più veloce, per respirare meglio.

Non lasciò mai le corse. Nuvolari si ritirò prima dalla vita che dalle corse. Anzi dalle competizioni non annunciò mai lo stop e solo tre anni prima di morire alzò la coppa della sua ultima vittoria (la numero 91 in 308 gare): il primo posto di classe alla Palermo-Monte Pellegrino con una vettura della scuderia Abarth. Persi due figli entrambi diciottenni per problemi di salute (Giorgio e Alberto), Tazio non riuscì a realizzare il sogno di spegnere l’esistenza fra l’adorato rombo dei motori e si arrese nel letto della sua casa di Mantova come comune mortale. In una calda giornata di mezzo agosto del 1953 tutto il mondo della velocità andò a rendergli onore.

Un funerale da eroe. Ai primi posti di un corteo funebre lungo alcuni chilometri c’erano Enzo Ferrari, prima suo amico, poi compagno di squadra e infine team manager, i freschi campioni del mondo del neonato Campionato di Formula 1 (Fangio e Ascari) e Gigi Villoresi. Nuvolari è entrato nella leggenda per avere vissuto sempre oltre il limite in un’era in cui il Motorsport non era solo «un’attività pericolosa» come è ancora oggi (gli inglesi lo scrivo sui pass di ogni evento come si fa sui pacchetti di sigarette), ma una vera scommessa. Vetture artigianali, ma potentissime, senza nessuna misura di sicurezza, ma in grado di raggiungere una velocità massima simile (se non superiore) alle monoposto attuali. Gomme strette, freni a tamburo. Niente elettronica certo. Ma nemmeno il rollbar e le cinture di sicurezza, per non dire del casco che era una semplice cuffietta in pelle. La tuta ignifuga? Tazio ha corso l’intera carriera in maglietta gialla e pantaloni blu (se faceva troppo freddo indossava un gilet in pelle), la stessa divisa con cui ha voluto essere sepolto.

Trent'anni passati a rischiare la vita. Le vie di fuga erano i burroni della Targa Florio o gli strapiombi della Mille Miglia, fra alberi, pali della luce, muri delle case. Ad esaltare il valore del fenomeno fu il periodo fascista che sfruttò l’enorme forza e popolarità di Tazio e delle vetture italiane che guidava per rafforzare il nazionalismo. E Nuvolari andava e vinceva dappertutto, in Europa, ma anche in altri continenti. Come i più grandi non si limitava solo a salire sul gradino più alto del podio, ma ad ogni occasione condiva l’evento con un gesto, una frase o un’impresa che ne amplificavano la notorietà, rendendolo un guerriero epico.

Le sue imprese leggendarie. Il trionfo sotto la bandiera a scacchi con il volante staccato dal piantone, l’arrivo con il volante in mano, l’altro con il meccanico svenuto e la macchina insieme per miracolo, fino alla vittoria a Monza legato sulla moto perché aveva entrambe le gambe ingessate (il fantino collezionò le fratture almeno quanto i trofei). Tazio era un predestinato, ma non fu un enfant prodige. Iniziò tardi con le due ruote spinto dallo zio Giuseppe che commerciava moto Bianchi. Era il 1920. Sebastian Vettel non ha ancora quell’età è sta per vincere il quarto Mondiale F1 di fila. Gli inizi non furono esaltanti, ma pian piano si mise in luce. Fu campione italiano di moto, ma divenne eroe con le auto.

Un duello entrato nella storia. Mitici i suoi duelli con Varzi (i Coppi-Bartali dei motori), con Achille che cercava di cambiare scuderia per non averlo come compagno e Tazio che lo raggiungeva in un’altra squadra. E’ entrato nella storia il sorpasso nel finale della Mille Miglia del 1930 dove il mantovano, per non farsi vedere, si avvicinò a fari spenti a folle velocità (è stato celebrato da una bellissima canzone del poeta Lucio Dalla). All’estero, però, ricordano forse di più il GP di Germania del ’35 o la Coppa Vanderlbilt in America dell’anno successivo. In entrambe le occasioni Tazio guidava la sua amata Alfa Romeo inventata dall’altrettanto mitico ingegnere Jano. La Rossa era ormai vecchietta e tecnicamente inferiore alle poderose Mercedes e Auto Union (progettata da Ferdinand Porsche).

Quando l'uomo conta più della macchina. Si correva sul leggendario Nurburgring, l’inferno verde, 174 curve disseminate su 28 chilometri di saliscendi impressionanti. Per il pilota che aveva inventato la tecnica della “sbandata controllata” (tuttora indispensabile nei rally), il terreno ideale per dimostrare che l’uomo conta più della macchina. E nell’ultimo giro la Rossa Alfa superò i grigi bolidi tedeschi e Nuvolari consegnò ai padroni di casa un tricolore nuovo nuovo che si era portato da casa. Negli States a metà gara, Tazio era talmente davanti ai rivali che si accesero le scommesse, non per la vittoria, ma per vedere se ci fosse stato qualcuno in grado di superarlo solo per qualche secondo. Non accadde e l’italiano Nuvolari con l’italiana Alfa volò per 4 ore e mezza senza mai cambiare le italiane gomme Pirelli.

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Martedì 6 Agosto 2013 - Ultimo aggiornamento: 06-04-2016 11:42 | © RIPRODUZIONE RISERVATA