La Alpine A110 al rally di Montecarlo del 1071

Alpine, la principessa di Montecarlo e quattro moschettieri. Storia di un mito del motorsport

di Alberto Sabbatini
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AIX-EN-PROVENCE - Anche l’ex team principal della Ferrari e attuale presidente della federazione automobilistica, Jean Todt, ha scritto un pezzetto della storia sportiva delle Alpine. In particolare la leggendaria edizione del rally di Montecarlo del 1973, prima gara del neonato Campionato del Mondo Rally. In quella corsa che battezzò la titolazione iridata della categoria, l’Alpine sbancò il Principato e occupò i primi tre posti della classifica con Andruet, Andersson e Nicolas. Due francesi e uno svedese. Una tripletta memorabile che rese celebre l’Alpine nel mondo sportivo. Una dimostrazione di netta superiorità nelle corse paragonabile a quella della Ferrari a Daytona nel 1967 o della Ford a Le Mans 1966. Su una di quelle Alpine A110, quella giunta seconda assoluta, c’era a bordo come navigatore del pilota svedese Ove Andersson, proprio l’attuale presidente della Fia che all’epoca era un navigatore di grande talento.
 

 

In quella prima esaltante stagione del Mondiale Rally, le Alpine A110 dominarono oltre al Montecarlo l’intero Campionato. E Alpine fu il primo marchio automobilistico a iscrivere il proprio nome nell’albo d’oro del mondiale. In realtà fu un bis perché Alpine aveva già vinto nel 1971 lo stesso campionato che però non aveva ancora titolazione iridata. La forza delle Alpine A110 a quell’epoca era la grande agilità in curva e l’eccezionale trazione che permetteva ai loro piloti di scaricare meglio a terra i 170 cavalli del motore; per via dello schema costruttivo particolare delle Alpine (motore centrale posteriore e trazione dietro) il peso del propulsore, gravando principalmente sulle ruote motrici, garantiva una aderenza eccezionale su fondi scivolosi.

Fra il 1970 e il 1973 le Alpine dominarono la maggior parte dei rally battendo Fulvia HF, Porsche 911, Fiat 124, Datsun e altre vetture minori. Ma soprattutto il marchio francese, nato nel 1955 a Dieppe, nel nord della Francia per iniziativa di un appassionato pilota di rally, Jean Rédéle, divenne celebre perché creò una intera generazione di piloti francesi nella specialità. Rédéle, infatti, privilegiò sempre i piloti del proprio paese e l’Alpine divenne una specie di nave-scuola del rallismo d’oltralpe. Lo squadrone Alpine fece correre quelli che i giornali dell’epoca chiamarono i quattro moschettieri di Francia del rallismo: Jean Claude Andruet, Jean Pierre Nicolas, Gerard Larrousse e Jean Luc Therier; affiancati più tardi da Bernard Darniche e Jean Ragnotti.

Dal 1974 in poi però l’Alpine con il suo piccolo motore di 1,8 litri, dovette soccombere alla maggior potenza e competitività della nuova arma da rally che la Lancia mise nelle mani di Sandro Munari per riconquistare il titolo mondiale rally: la Lancia Stratos che era spinta da un 6 cilindri di derivazione Ferrari e vinse consecutivamente il campionato per tre anni, dal 1974 al ‘76. L’Alpine abbandonò i rally e passò ai circuiti vincendo nel 1978 la 24 Ore di Le Mans. Ma i successi sportivi non bastarono a tenere in vita l’azienda che fu chiusa nel 1995.

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Giovedì 4 Gennaio 2018 - Ultimo aggiornamento: 20:48 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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