L'Audi R18 e-tron impegnata durante le prove della 24 Ore di Le Mans

Ibrida, diesel, 4x4: sfida Audi a Le Mans
con la stessa tecnologia delle auto di serie

di Nicola Desiderio
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LE MANS - L’Audi scalda i motori per la 24 Ore di Le Mans, la corsa più famosa e dura al mondo che la casa di Ingolstadt ha fatto sua per ben 11 volte nelle ultime 13 edizioni, e lo fa con tutta l’intenzione di dare seguito alla striscia di trionfi schierando tre R18 e-tron quattro vincitrice lo scorso anno, prima auto ibrida a vincere la Le Mans.

Il V6 ha un solo turbo. La monoposto da gara ha lo stesso nome, ma in realtà le migliorie sono tante, a cominciare dal V6 di 3,7 litri con bancate a 120 gradi capace di erogare, nonostante le restrizioni sempre maggiori all’aspirazione, intorno ai 550 cv. Tra le sue particolarità c’è la sovralimentazione con un solo grande turbocompressore piazzato al centro delle bancate a 120 gradi con il lato caldo all’interno per alimentare con i gas di scarico l’unico turbocompressore provvisto di doppio ingresso tangenziale, una tecnologia introdotta lo scorso anno che si somma alla turbina a geometria variabile introdotta invece nel 2009. Se la prima è ancora inedita per le auto di serie, la seconda invece è antecedente e il motivo risiede nelle temperature che, nel caso del motore da corsa, superano i 1.000 °C rispetto agli 800-850 °C dei motori stradali. Altra novità è il sistema di iniezione common rail a 2.800 bar mentre nelle auto di serie non si superano i 2.200 bar del 6 cilindri in linea triturbo di BMW da 381 cv. Negli ultimi anni, nonostante la riduzione delle cilindrate e l’aumento delle restrizioni, il consumo è calato del 20% mentre la potenza specifica è cresciuta di circa un quarto.

Un volano al posto della batteria. Le finezze non finiscono qua. Il cambio ha la scatola in fibra di carbonio sequenziale a 6 rapporti per ridurre le masse e il momento polare e anche per avere una funzione portante, è cioè collegato al resto del telaio per collaborare alla sua rigidezza strutturale e lo stesso vale per il basamento del motore. Il V6 trasmette il moto alle ruote posteriori, ma quest’Audi si chiama quattro non per caso e a quelle anteriori ci pensano due motori elettrici da 75 kW ciascuno che però per regolamento, possono intervenire solo oltre i 120 km/h e mai da soli, per non avere troppo vantaggio sulle avversarie, in particolare nell’uscita dalle curve strette dove motricità e coppia motrice aggiuntiva farebbero schizzare fuori le R18 rendendole imprendibili. Ad alimentarli ci pensa un accumulatore a volano ovvero un contenitore cilindrico che, nei tratti dove è concesso di recuperare l’energia, la accumula accelerando la massa di carbonio contenuta fino a 45.000 giri/min grazie a un motore elettrico. Quest’ultimo invece si trasforma in alternatore trasmettendo l’energia ai motori elettrici quando il pilota quando lo richiede. Lo schema è simile a quello della e-tron Spyder, concept presentato al Salone di Parigi nel 2010 che prevedeva un V6 3 litri TDI biturbo in posizione centrale da 300 cv, collegato alle ruote posteriori, e due motori elettrici da 32 kW anteriori alimentati da una batteria agli ioni di litio ricaricabile. Sulle auto da corsa, il plug-in invece è vietato.

Coda lunga e radiatori a microtubi. Grandi novità anche per il telaio, le gomme, ma soprattutto per la sicurezza e l’aerodinamica. Per quest’ultimo aspetto, la R18 e-tron quattro adotta la coda lunga, un accorgimento che dovrebbe migliorare l’efficienza complessiva assicurando una maggiore velocità di punta e consumi inferiori. Oltre a un più attento studio delle forme sopra e sotto la vettura, ma anche delle prese per il raffreddamento per il quale i normali radiatori sono sostituiti da pannelli composti da ben 11mila microtubi che migliorano lo scambio di calore riducendo la resistenza del 25%. Migliorata anche la dinamica grazie a una ulteriore riduzione del peso che consente di utilizzare al meglio le zavorre, sia per abbassare il baricentro, sia per migliorare il bilanciamento in base alle preferenze dei piloti. Secondo Audi inoltre è stata migliorata anche la resistenza in caso di incidente, aspetto per il quale i prototipi forniscono utili indicazioni per le auto di serie, soprattutto in vista di un utilizzo sempre più massiccio dei materiali compositi che la casa tedesca ha già allo studio per i suoi modelli di prossima generazione.

Otto Led vedono fino a 800 metri…. A questo proposito, risulterà anche utile l’esperienza avviata lo scorso anno con i fari a Led e il sistema di retrovisione a telecamera. Per i primi, quest’anno l’evoluzione ha portato ad avere proiettori a 8 diodi che funzionano secondo il principio cosiddetto del fascio a matrice. La zona luminosa è cioè ripartita in diversi segmenti, in questo modo se ne possono illuminare alcuni più e meglio degli altri, per esempio in curva migliorando la guida notturna senza parti meccaniche in movimento. Questo principio sarà presto utilizzato anche sulle auto di serie dove i fari a Led invece sfruttano ancora motorini elettrici per orientare il fascio, inoltre sarà utile per ottenere l’effetto antiabbagliamento senza compromettere la visione per il guidatore neppure per un momento. Stupefacente infine la potenza: i piloti Audi quest’anno possono contare su un fascio luminoso lungo ben 800 metri, ma ancora più stupefacente è sapere che il progresso dal 2006 è stato dell’85%.

…E una telecamera sorveglia dietro. Migliorato anche il sistema di retrovisione, applicato per la prima volta lo scorso anno, che sostituisce lo specchietto grazie a una telecamera con un angolo di 60° che trasmette le proprie immagini dal tetto su uno schermo da 6,8 pollici AMOLED posizionato in plancia con una risoluzione di 600.000 pixel, un contrasto 10 volte migliore ai normali schermi LCD con un consumo di energia inferiore del 30%. Oltre a una migliore sicurezza, il sistema offre un vantaggio nei duelli permettendo al pilota di scegliere meglio il momento migliore per i cambi di traiettoria necessari a difendere la propria posizione. Il sistema, già applicato alla R8 e-tron elettrica, lo troveremo sicuramente sulle auto del futuro. La 24 Ore di Le Mans rappresenta dunque ancora un indispensabile banco di prova per nuove tecnologie da applicare all’automobile di serie e per spingere l’evoluzione di altre già esistenti dando un contributo all’efficienza, alla sicurezza e alle prestazioni. A questo servono le corse, soprattutto per una casa che pretende di essere all’avanguardia della tecnica.

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Sabato 22 Giugno 2013 - Ultimo aggiornamento: 13-06-2017 17:29 | © RIPRODUZIONE RISERVATA