L'ex pilota di Formula 1 (anche della Ferrari) Rene Arnoux

Arnoux: «A 130 km/h mi addormento,
per la sicurezza meglio i limiti tedeschi»

di Sergio Troise
  • condividi l'articolo

CASERTA. “Andare piano non vuol dire necessariamente andare sicuri. Per la sicurezza stradale meglio puntare su infrastrutture adeguate e corsi di perfezionamento alla guida”. E’ questa l’opinione degli esperti ritrovatisi alla Reggia Designer Outlet di Marcianise (Caserta) per un incontro su sicurezza stradale e solidarietà organizzato in collaborazione con il club Passione Ferrari e la Fondazione Santobono Pausilipon di Napoli a beneficio dei bambini vittime di incidenti stradali. Una iniziativa benemerita, alla quale ha partecipato, come tesimonial d’eccezione, l’ex pilota di Formula 1 René Arnoux, un passato glorioso in Renault e in Ferrari.

“Quando guido un’auto a 130 km/h in autostrada – ha detto Arnoux – rischio seriamente di addormentarmi. E per questo preferisco viaggiare in treno. Il cruise control aiuta, ma se la strada è larga e sgombra non ha senso andare tanto piano, ci sono situazioni in cui raggiungere i 170/180 km/h non comporterebbe alcun rischio. Del resto in Germania così fanno, vengono alternati tratti a velocità controllata ad altri liberi, e non mi pare che lì si verifichino stragi in autostrada. Piuttosto – aggiunge l’ex ferrarista – sarebbe opportuno migliorare la qualità delle strade e introdurre corsi di perfezionamento alla guida subito dopo il conseguimento della patente. Lanciate un appello a Renzi, chissà che non faccia qualcosa”.

D’accordo con Arnoux si è detto il dottor Pasquale Arace, medico in prima linea presso l’ospedale napoletano Pausilipon, uno dei migliori centri italiani per la cura e l’assistenza pediatrica, la cui fondazione opera, come il Bambin Gesù di Roma, il Gaslini di Genova, il Meyer di Firenze, il Burlo Garofalo di Trieste, per dare un valore aggiunto sociale all’attività dell’ospedale, che da parte sua nel 2014 ha accolto in Pronto Soccorso 6.065 bambini coinvolti in incidenti stradali, su un totale di 110.271.

“La sicurezza attiva e passiva sulle automobili è migliorata, mentre c’è ancora molto da fare sul fattore umano – ha osservato il medico -. Imperizia e stupidità – ha aggiunto - sono tra le cause principali degli incidenti di cui rimangono vittime i bambini. La velocità è una causa meno frequente, incide sul 20% degli incidenti, semmai incidono in buone percentuali il mancato uso delle cinture di sicurezza, il mancato o errato uso dei seggiolini per bambini, il mancato uso o errato uso del casco in moto o in bicicletta. Fattori importanti sono anche l’inadeguatezza delle infrastrutture e i mancati controlli sulla affidabilità dei veicoli meno aggiornati”.

Mezzo inadeguato e strada insicura sono state le cause del drammatico incidente del 13 luglio 2013, quando un autobus carico di pellegrini precipitò dal viadotto Acqualonga, in Irpinia, provocando la morte di 40 persone e una decina di feriti. Su quell’autobus c’erano anche alcuni dei bambini curati al Pausilipon, alcuni ripresisi dopo lunghe e laboriose cure, altri ancora in via di lenta e problematica guarigione. “Per noi medici – dice il dottor Arace – è più facile eseguire complessi interventi chirurgici che parlare a questi bambini e a queste famiglie, che invece hanno bisogno di assistenza psicologica e non solo”.

In questa ottica è stato organizzato l’evento a Marcianise, al quale hanno partecipato anche alcuni dei bambini salvatisi dalla tragedia del bus. Il club Passione Ferrari guidato da Fabio Barone ha messo a disposizione una trentina di magnifiche rosse di Maranello per un pomeriggio emozionante lungo i viali della Reggia Outlet, struttura commerciale del Gruppo McArthur Glen che ha affiancato l’iniziativa con entusiasmo. “Condividiamo con i ferraristi la capacità di fare le cose con passione, utilizzando l’esperienza e la capacità di stare insieme, con spirito solidale, in questo caso dedicandoci alla causa della sicurezza stradale e dei bambini che soffrono” ha detto Carlos Salicrù, responsabile dei centri McArthur per il Sud Europa. Dopo i discorsi, dunque, alcuni bambini hanno potuto fare qualche giro a bordo delle splendide supercar schierate a rappresentare 30 anni di produzione Ferrari. Nei due giorni successivi del weekend, inoltre, è stato possibile ai visitatori della Reggia Outlet partecipare al gioco Gratta e Gira, che metteva in palio un giro a bordo di una Ferrari al fianco di un driver professionista.

A margine dell’evento mirato alla solidarietà, Arnoux ha parlato – a ruota libera - anche della Formula 1 di oggi, non trascurando giudizi tranchant. “Quando fui ricevuto per la prima volta da Enzo Ferrari – ha raccontato il francese – mi presentai da solo, perché non volevo condividere con nessun altro l’emozione di trovarmi di fronte a un pezzo di storia. Oggi nessun giovane pilota si muove senza manager, senza un legale, un addetto stampa. Sono ragazzi viziati, incapaci di dire due parole, e neanche in pista si assumono responsabilità dirette. Noi decidevamo se cambiare le gomme, se fermarci o no, oggi decidono tutto gli ingegneri ai box. E il pilota che fa? Quali decisioni prende?”

A sostegno della Formula 1 dei giorni nostri, Arnoux ha poi osservato che “sebbene le corse siano comunque uno sport pericoloso, il rischio di morire in auto è molto diminuito” e che “i progressi in materia di sicurezza sono stati enormi”. “Tuttavia – ha aggiunto – è assurdo ciò che è successo a Bianchi nel GP del Giappone, non per colpa del pilota, della sua monoposto o della pista, ma del direttore di corsa, che non ha fatto entrare la safety car. A volte si interviene per una buccia di banana sul circuito, mentre in quel caso si è andati avanti con una gru a bordo pista. Assurdo”.

Un filmato ha fatto rivivere anche il mitico duello di Digione ’79 con Gilles Villeneuve: ruota a ruota fino al traguardo (Villeneuve secondo, Arnoux terzo), in un tripudio di freni fumanti, gomme spiattellate, toccate, derapate e controsterzi da brivido. Una volta di più, René ha raccontato che tutto avvenne senza la minima scorrettezza, in un clima agonistico leale, tra due piloti amici. “Tutti pensavano che dopo l’arrivo ci saremmo presi a pugni, invece ci guardammo negli occhi e scoppiammo a ridere. Eravamo fatti così. Ci divertivamo e davamo sempre il massimo. Gilles non mollava mai, e perciò finiva le corse con gomme cotte e freni finiti. Io non ero molto diverso, e quel giorno lo dimostrai, ma la mia macchina aveva un problema di pescaggio di benzina e alla fine dovetti mollare”.


  • condividi l'articolo
Sabato 23 Maggio 2015 - Ultimo aggiornamento: 28-05-2015 08:24 | © RIPRODUZIONE RISERVATA