Vetture delle flotte sul piazzale in attesa di entarre in esercizio

Auto aziendali, locomotiva anticrisi:
il settore alimenta la crescita del mercato

di Oscar Giannino
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Ve la ricordate la preghiera di Reinhold Niebuhr, «Dio, dacci la serenità per accettare quel che non si può cambiare, il coraggio di cambiare quello che va cambiato, e la saggezza per distinguere l’uno dall’altro»? Ecco, è la preghiera giusta per considerare ciò che più sta trainando verso una timida ripresa il mercato dell’auto italiano, sprofondato nella crisi a volumi da anni ’70.

A ottobre le immatricolazioni hanno segnato +9,2% sull’anno precedente. Restiamo lontanissimi dai +29% del Portogallo, +26% della Spagna, +20% dell’Irlanda e +14% del Regno Unito. E soprattutto resteremo a fine anno di un 25% almeno dal livello di 2 milioni di unità che dovrebbe essere considerato il minimo per non continuare a sottoporre l’intera filiera dell’auto a stress continui, dopo un calo del 48% in 6 anni. Ma comunque la timida ripresina c’è. Anzi, in quel qualcosa che si muove c’è un fenomeno che si muove più degli altri. Ed è su quello, che dovrebbe concentrarsi un po’ di attenzione della politica.

Di che cosa si tratta? Delle flotte aziendali. Perché a scomporre gli andamenti del mercato domestico, a fronte dei primi contenuti segni di ripresa degli acquisti da parte dei privati, quel che si conferma è una modifica strutturale. Rispetto al pre-crisi, quando le flotte aziendali erano meno del 30% del mercato dell’auto italiano, oggi esse – tra acquisti in proprietà, leasing finanziario e in noleggio - sono ormai salite al 38-39% del mercato. Con il noleggio che rappresenta ormai un quinto stabile del mercato, e continua a segnare anche in ottobre un aumento del 10,3%, superiore a quello complessivo.

A che cosa si deve? Con un reddito medio reale procapite delle famiglie sceso nella crisi del 15% e una botta di tasse in più da pagare su mattoni e risparmio, i privati hanno da anni innestato il freno sul ricambio del loro parco automobilistico. Col risultato che l’età media delle auto circolanti in Italia è oggi di 9,5 anni, mentre nel 2006 era di 7,5: le auto con più di 14 anni di età oggi sono il 28,4% del totale, sfiorano i 10 milioni di unità. Al contrario, da una parte le aziende hanno anch’esse ritardato per un po’ il ricambio per poi riprenderlo, legato com’è alle proprie necessità produttive.

E a ciò si sono affiancate anche per i privati due componenti nuove. Da una parte la scoperta anche per i privati della convenienza del noleggio al posto dell’acquisto, e dall’altra il car sharing, che in alcune grandi città italiane ci sta ponendo addirittura – come a Milano – ai vertici della new mobility tra le Smart Cities europee. Alla fine dell'anno, i noleggiatori da soli avranno immatricolato circa 260mila vetture tra rent e noleggio di lungo periodo.

È una sfida alle case automobilistiche, che davanti a cifre simili devono pensare a vetture e offerte commerciali ad hoc, e lo stesso vale per dealer e concessionari. Anche la politica ci dovrebbe pensare. Primo perché il calo dell’auto insieme a quello delle costruzioni è stato il più significativo nel determinare la recessione italiana: dalla sola crisi dell’auto abbiamo perso 3,9 punti di Pil, dei 9 accumulati dal 2007 a oggi. Secondo perché auto obsolete significa aumento dei consumi di carburante – ma su questo lo Stato italiano ovviamente lucra, con quasi i 60% del costo alla pompa rappresentato da tasse, Iva e accise – ma anche aumento delle emissioni inquinanti, dell’inciden talità, delle vittime e dei costi sanitari e assicurativi. Visto che il tasso di mortalità effetto delle auto circolanti da più di 11 anni è triplo di quelle con meno di 2 anni.

Servirebbe una piccola ma decisa rivoluzione fiscale. Per i privati, non servono incentivi ai produttori, ma detrazioni al reddito delle famiglie, come ha proposto l’UNRAE lo scorso 19 novembre: garantire la detraibilità del 10% del costo di acquisto fino ad un massimo di 2.000 € in 4 anni, in cambio dell’acquisto di un’auto nuova con emissioni fino a 120 g/Km di Co2 e della contestuale rottamazione di un’auto Euro 0, 1 o 2, in 4 anni sarebbe un’operazione fiscalmente vantaggiosa anche per lo Stato. Ma per le flotte aziendali serve uscire dalla trappola fiscale che l’Italia si è autoimposta.

Siamo l’unico paese europeo in cui la deducibilità per le aziende del costo d’acquisto di un auto non solo non è illimitata come in Spagna e Regno Unito, ma ha una soglia limitata al 20% annuo di ammortamento rispetto a un tetto di 18mila euro. Passiamo almeno al 40%, e anche in questo caso entro due anni lo Stato ci guadagnerebbe anche fiscalmente. Oltre a migliaia di lavoratori nel settore dell’auto italiano.

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Venerdì 28 Novembre 2014 - Ultimo aggiornamento: 08-12-2014 10:11
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