Stefano Domenicali e il presidente della Ferrari Montezemolo

Domenicali paga una Rossa sbagliata
e la F1 che non piace a Montezemolo

di Giorgio Ursicino
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Terremoto a Maranello. Si è dimesso il “team principal” della Ferrari, il Responsabile della Gestione Sportiva come storicamente è definito quel ruolo nella squadra di Formula 1 più importante e famosa del pianeta.


Al suo posto arriva Marco Mattiacci, un romano di 43 anni, attuale presidente e Ad di Ferrari North America (il primo mercato per l’azienda), un manager di grande esperienza commerciale, ma meno di corse e, soprattutto, di F1. Lascia il numero uno, quindi, lo strappo più forte nell’era ormai ultra ventennale del presidente Montezemolo. Un periodo a cavallo fra due millenni fatto di trionfi e vittorie, organizzazione e strategie, soprattutto di continuità. Sicuramente l’epoca più gloriosa per la nazionale dei motori italiana.

«Mi assumo tutte le responsabilità, lascio per dare una scossa», ha salutato Domenicali. Montezemolo lo ha ringraziato: «Ho stima e affetto per lui, ha fatto tanto. Anche in questo momento in cui ha messo gli interessi della squadra davanti ai suoi». Tre anni fa, più o meno di questo periodo, un altro dei ragazzi del Presidente aveva deciso di mollare, il direttore tecnico Aldo Costa che poi è passato alla Mercedes e disegnato l’attuale Freccia d’Argento che pare imbattibile. L’ingegnere di Parma, che tanto aveva contribuito ai successi di Schumi, era “solo” il Direttore Tecnico.

Domenicali molto di più: era l’uomo che aveva in pugno la squadra, la scelta e la gestione dei piloti, i rapporti con la Federazione e con Ecclestone, il controllo dell’evoluzione dei regolamenti, chiaramente sempre sotto la supervisione di Montezemolo. Proprio quest’ultimo aspetto è forse la causa principale dell’avvicendamento. Più dei risultati veramente scarsi («Provo dolore a vedere una Ferrari così», ha detto il Presidente sul muretto dei box in Bahrain) ottenuti dalla F14T in questo inizio di stagione. Domenicali è il manager che ha seguito passo passo la nascita della nuova F1 che al Presidente non piace (consumo e rumore) e che ora è così difficile da cambiare.

Nel 2011 Costa lasciò dopo un inizio di stagione altrettanto negativo (nelle primi 5 gare 4 le vinse Vettel e Alonso salì solo una volta sul podio) che seguì la disfatta di Abu Dhabi con il Campionato 2010 perso all’ultima gara da gran favoriti. Ora come allora la decisione dei manager è pienamente condivisa dal Presidente che ha sempre avuto con i suoi uomini rapporti strettissimi e agito nell’interesse della squadra. «Faremo tutto il possibile per risalire, prenderemo decisioni che servono», aveva dichiarato nei giorni scorsi Montezemolo quando la decisione era ormai nell’aria.

Per il numero uno del Cavallino l’inizio di stagione più complicato e forse amaro da quando alla fine del 1991 è tornato a Maranello con i massimi poteri per rilanciare il team e l’intera azienda, obiettivi centrati con risultati andati oltre ogni più ottimistica aspettativa. Proprio nei giorni in cui Cda e assemblea degli azionisti approvavano il bilancio migliore della storia (utili record a 329 milioni abbassando addirittura la produzione), tristezze e delusioni arrivavano dalla parte sportiva.

Prima il drammatico incidente sugli sci dell’amico fraterno Michael, poi la scoperta che la F14T non era affatto il cigno in grado di aprire un ciclo come quello di dieci anni fa. Infine le risposte indirette e un po’ piccate di un altro suo grande ex collaboratore (insieme hanno scritto le pagine più vincenti della Ferrari) alla richiesta di rivedere le nuove regole per il bene della Formula 1. «Cambiare cose appena cambiate? Non siamo mica la repubblica delle banane», aveva dichiarato con poca classe il presidente della Federazione Jean Todt a Sakhir.

Domenicali lavorava da 23 anni alla Ferrari, era arrivato come Montezemolo nel 1991. Con il Cavallino è cresciuto e a Maranello ha dato tanto. Ma ha anche avuto tutto il tempo che serviva e il Presidente lo ha sempre difeso e sostenuto anche nei momenti difficili. Ha pagato errori anche non suoi e scelte poco azzeccate, ma questa è la vita dei numeri uno. Anche tanta sfortuna come il mondiale perso da Massa nel 2008 dopo la fine dell’ultima corsa vinta, o quello gettato quasi al vento nel 2010 con Alonso invitato a marcare Webber e non Vettel che poi conquistò il titolo.

Domenicali era al comando quando Costa si dimise ed era al comando quando arrivò Pat Fry dalla McLaren che ha cambiato ben poco, come per il momento non è stata una scelta troppo vincente il ritorno a Maranello di James Allison considerato il mago della Lotus. In molte di queste scelte strategiche c’è molta della pressione messa da Alonso alla squadra per cercare di migliorare la situazione (Fernando aveva lavorato con Fry alla McLaren e con Allison alla Renault).

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Martedì 15 Aprile 2014 - Ultimo aggiornamento: 05-04-2016 05:54 | © RIPRODUZIONE RISERVATA