Sergio Marchionne e Luca di Montezemolo

Ferrari, divorzio Marchionne-Montezemolo:
si tratta sulla buonuscita plurimilionaria

di Giorgio Ursicino
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MARANELLO - Parole troppo dure per cercare una riconciliazione, per rimandare il divorzio in tempi diversi e in una forma più appropriata.

La lunga storia di Luca di Montezemolo alla guida della Ferrari finisce in maniera brusca, plateale. Si è già consumata. Resta solo da stabile il come, il quando e il quanto (la sostanziosa buona uscita) per ufficializzare l’evento andato in onda in diretta durante uno dei GP d’Italia più amari per il Cavallino. Dopo lo scambio di dichiarazioni quasi infuocate, non c’è più interesse da entrambe le parti ad andare ancora avanti. Forse non è nemmeno possibile. L’impressione è che i titoli di coda di una love story ormai senza amore siano un po’ sfuggiti di mano. Fino a sabato Montezemolo, sicuramente piccato e deluso per le vicende dell’ultimo periodo (soprattutto l’esclusione dal board FCA senza ringraziamenti), non dava l’impressione di cercare lo scontro. Ha ribadito anche la disponibilità a portare a termine il mandato triennale nonostante l’offerta di guidare la nuova Alitalia. «Se il quadro cambierà ve lo dirò io» è la frase che ha fatto infuriare Marchionne e scatenato l’attacco da Cernobbio. Ieri l’ad di Fiat ha fatto la prima mossa ed è andato a Maranello dove i due sicuramente si sono incontrati. E parlati. Il manager italo-canadese è entrato in fabbrica a bordo di una Maserati. È vero, nella città emiliana c’era il Cda della Philips Morris (il principale sponsor della Ferrari) di cui Marchionne fa parte, ma se non vi avesse partecipato non si sarebbe offeso nessuno. A questo punto è più interesse del Lingotto chiudere la pratica raggiungendo un accordo. Presentarsi il 13 ottobre all’attesa quotazione a Wall Street con un dossier, sia mediatico che economico, così importante in fibrillazione non sarebbe vantaggioso. La liquidazione del Presidente, che in 23 anni ha trasformato l’azienda, dominato in F1 e creato parecchio valore, è una trattativa di centinaia di milioni e presentarsi al mercato con una causa in atto non è un buon biglietto da visita.

CRITICHE INGENEROSE
Ieri Montezemolo ha fatto di nuovo trapelare il suo stato d’animo. Delusione e amarezza per le critiche «ingenerose ed eccessive», ma pure la consapevolezza che «si è chiusa un’epoca» anche perché a Torino nessuno della famiglia ha voluto, o potuto, prendere le distanze dalle bordate di Marchionne. A difesa di Montezemolo si è schierato Diego Della Valle: «Ci vuole dare lezioni a noi italiani su cosa e come dobbiamo fare per sottolineare il suo “orgoglio italiano”: è una cosa vergognosa e offensiva. Se si sente così orgoglioso di essere italiano cominci a pagare le tasse da noi come le pagano i lavoratori Fiat. Non dobbiamo permettere a questi furbetti cosmopoliti di prenderci in giro sicuri di farla sempre franca. Sono dieci anni che annuncia promesse a vuoto, facendo invece sempre e solo i fatti suoi e dei suoi compari. Di persone come lui gli italiani ne fanno volentieri a meno. L’Italia è piena di imprenditori seri, grandi e piccoli che sono davvero orgogliosi di essere italiani, occupiamoci di loro che se lo meritano veramente». Il precipitare della situazione ha accelerato attriti già forti, anche se resta difficile da spiegare perché solo sei mesi fa i due si siano accordati per andare avanti altri tre anni. C’era una divergenza di vedute su come gestire la Ferrari, ma era chiaro che il gioiello in gran parte costruito da Montezemolo era indispensabile per dare lustro e valore a FCA e quello sarebbe accaduto. Marchionne ha acquisito Chrysler utilizzando poco liquidità, ma si è impegnato a mettere la tecnologia made in Italy e chi più del brand Ferrari può svolgere questo compito. Montezemolo, che conosce bene le strategie che hanno creato il fenomeno, temeva una perdita di identità del brand, un rischio «americanizzazione». Ma la Ferrari, che già fornisce motori alla Maserati, deve garantire un ombrello tecnologico a tutta FCA. Almeno così ha deciso Marchionne con il consenso degli azionisti. Può esserci un fondo di verità nelle cause dello scontro indicate dal’ad: la mancanza di competitività in F1, un aspetto fondamentale per Maranello, ma un asset strategico anche per FCA. La disastrosa situazione sportiva è uno dei pochi scenari cambiati da marzo. Cosa accadrà adesso? Entrambe le parti vogliono voltare pagina, ma oltre alle divergenze sulla liquidazione (c’è chi ipotizza 300 milioni chi addirittura 500) potrebbero esserci idee diverse anche nella tempistica. Dopodomani sempre a Maranello è convocato nel pomeriggio il Cda del Cavallino per la semestrale ed è sicuro che i conti non sono mai stati così eccellenti. Per Montezemolo un ottimo biglietto d’uscita. In mattina a Balocco, però, Marchionne sarà presente all’atteso lancio della Jeep Renegade, un modello prodotto in Italia che verrà venduto in oltre 100 paesi. E l’annuncio delle epocali dimissioni toglierebbe visibilità alla nuova nata su cui a Torino puntano tanto. Chi sarà il nuovo presidente della Ferrari? Al di là di chi siederà sull’ambita poltrona, a guidare il Cavallino sarà Sergio Marchionne, lui deciderà strategia e direzione. La carica di presidente potrebbe assumerla direttamente lui o John Elkann con cui c’è totale sintonia. Sembra si sia proposto anche Lapo, ma le chance sono poche. Un’altra ipotesi è Wester che già guida Maserati e Alfa. In fondo l’obiettivo è mettere i tre marchi sotto lo stesso tetto.

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Martedì 9 Settembre 2014 - Ultimo aggiornamento: 10-09-2014 04:19 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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