Montezemolo con Schumacher, Irvine e il collaudatore Larini

Nel ventennio più glorioso per la Ferrari
un digiuno di sette anni senza Titolo

di Giorgio Ursicino
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Tutti sono dispiaciuti per Stefano Domenicali, un bravo manager e una persona leale. Ma serviva una svolta e il presidente Montezemolo non poteva più attendere. L’ultimo titolo piloti planato a Maranello è quello del 2007 di Raikkonen e, se il buon giorno si vede dal mattino, anche il ritorno di Kimi all’ovile non basterà per interrompere il digiuno quest’anno.


Un’astinenza davvero troppo lunga anche se il Presidente ha spesso ricordato: «Siamo gli unici sempre in lotta per il titolo anche quando perdiamo e siamo anche gli unici per cui il secondo posto è una sconfitta». Il Presidente negli ultimi anni ha cercato di non sbilanciarsi, ma ha sempre posto l’obiettivo più alto che poi è sfuggito: «Vincere? Vedremo. Sicuramente vogliamo fare meglio dello scorso anno». E la stagione precedente erano arrivati secondi. Montezemolo, certamente, è uno abituato bene, nessuno ha vinto quanto lui nella massima Formula (era sul muretto ai tempi di Niki Lauda).

Potrà sembrare un’eresia, ma il suo nome è legato ai trionfi del Cavallino più di quello di Enzo Ferrari: ha vinto nell’era dei grandi costruttori (all'inizio degli anni Duemila c’erano Toyota, BMW, Mercedes, Renault, Honda e Jaguar) ed ha mantenuto la Rossa competitiva per il più lungo periodo della sua storia. Dopo l’epoca pionieristica dei 6 titoli in 15 anni, la Ferrari vinse il titolo con l’ex motociclista Surtees nel 1964 e poi dovette aspettare Niki Lauda nel 1975 per riconquistare il Campionato. Ancora iride con Jody Scheckter nel 1979 e poi un digiuno ancora più lungo interrotto proprio da Schumacher-Montezemolo-Todt nel 2000.

Luca di Montezemolo tornò a Maranello con i galloni di Presidente alla fine del 1991 e la Ferrari già non vinceva da 12 anni. Tempi difficili, c’erano molte cose da costruire, soprattutto far nascere un metodo di lavoro. L’inizio fu duro e Montezemolo confidò ai più fidati (è passato tanto tempo che il “segreto di Stato” su alcune sue parole “off record” è stato tolto): «C’è tanto da fare, anche sui piloti: con tutto il rispetto per Alesi e Capelli, fino a poco tempo fa la Ferrari aveva Prost e Mansell....».

Il Presidente fece scelte coraggiose. Nella primavera del 1993 decise di puntare su Jean Todt come top manager e insieme decisero di puntare su Michael Schumacher strappato alla Benetton nel 2005 dopo il suo secondo titolo. Michael vinse gare già nel 2006 (memorabile la prima in Spagna sotto il diluvio), ma lo speronamento a Villeneuve nell’ultima corsa del 1997 e l’incidente con rottura della gamba a Silvestone nel 1999 costrinsero ad aspettare fino al 2000 per l’iride.

Poi un filotto di 5 corone di fila, un record ineguagliato che Vettel tenterà di eguagliare quest’anno (difficile viste le Mercedes). Poi il ritiro di Michael e la vittoria all’esordio di Raikkonen nel 2007. Da allora tanti secondi posti. Da rabbia quello di Massa l’anno successivo: Felipe passa primo sotto la bandiera a scacchi davanti al pubblico di casa e il quel momento è virtualmente Campione, ma nei secondi successivi sbatte Glock con la Toyota e Hamilton con la McLaren guadagna una posizione e si prende il titolo.

Nel 2009 anno da dimenticare, nel 2010 per Alonso all’esordio va peggio che a Massa: all’ultimo gran premio ad Abu Dhabi gli basta controllare, ma va tutto storto e vince Vettel. Nel 2011 un disastro (l’anno dell’esonero di Costa), nel 2012 Fernando è secondo per 3 soli punti. Il resto è storia recente.

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Martedì 15 Aprile 2014 - Ultimo aggiornamento: 05-04-2016 05:51 | © RIPRODUZIONE RISERVATA