Un piazzale di vetture che attendono di essere vendute. Lo stock dei concessionari è ai limiti di guardia

Crisi, il settore delle auto chiede aiuto
Vendite a picco, concessionari a rischio

di Nicola Desiderio
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ROMA - L’auto soffre. La pesante crisi è tutta nelle cifre: nei primi 6 mesi del 2012 le vendite sono calate del 20% e tutti i dati portano a pensare che l’anno si chiuderà a 1,4 milioni di unità e anche meno. Le conseguenze sono immediate e sono potenzialmente disastrose per un settore che vale l’11,5% del Pil. I concessionari, per bocca di Mario Beretta, vicepresidente dell’associazione di categoria, la Federauto, affermano che il 30% della rete di vendita rischia la chiusura. Per questo gli imprenditori invocano maggiore realismo, meno pressione da parte delle case e confidano che questa crisi possa essere colta per operare reali cambiamenti sugli assetti commerciali che regolano la vendita e l’assistenza sul territorio.

Cambia il business, anche nella qualità. E che il modello di business sia destinato a cambiare radicalmente lo sottolinea anche Massimo Nordio. Secondo il direttore generale di Volkswagen anzi il mercato italiano è cambiato irrimediabilmente e non tornerà mai più quello di prima a causa non solo della crisi economica e per il carico fiscale, diventato ormai insostenibile, ma anche per la mutata relazione tra gli italiani e l’automobile. Secondo Nordio dunque non è cambiata solo la quantità del mercato, ma anche la qualità.

Più tasse, meno vendite e meno entrate. Ma è il direttore generale dell’UNRAE, Romano Valente a chiarire meglio la correlazione tra i dati e gli effetti perversi sia sulla parte commerciale sia sulla fiscalità. Se va avanti così, avverte l’ex manager di Fiat, Hyundai a Suzuki, il governo incasserà meno Iva per 2,3 miliardi di euro che salgono a 8,7 miliardi di introito mancato se si considerano le ripercussioni combinate del Decreto Salva Italia e della Legge Finanziaria del 2011. Questi sono gli effetti di un milione di auto vendute in meno rispetto al 2007 al quale se ne aggiunge un altro: le km zero. Secondo Unrae sono infatti oltre 100mila le auto vendute nuove targate dai concessionari e vendute come usato fresco con forti sconti. Anche in questo modo case e concessionari si sono sostituiti agli incentivi fiscali.

Ripartire con l’aiuto dello stato. Come fare per far ripartire l’auto? C’è chi come Gianfranco Soranna, presidente di Federauto, invoca strumenti per rinnovare il parco auto con oltre 10 anni di anzianità conta oltre 14 milioni di veicoli. Più che incentivi una tantum, l’esortazione è a modificare il regime fiscale su base pluriennale. Il presidente dell’Aci, Angelo Sticchi Damiani guarda ai risparmi ottenibili dalla pubblica amministrazione spostando tutte le funzioni della motorizzazione all’interno del Pubblico Registro Automobilistico e propone altre misure sia per diminuire gli oneri dell’automobilista verso lo Stato sia per tagliare l’RC Auto del 30-40%. L’Anfia, per bocca del suo direttore Gianmarco Giorda, giudica fondamentali l’allineamento del regime fiscale per le auto aziendali ai livelli europei, l’abolizione dell’IPT e del superbollo. Tutti dunque invocano un intervento dello stato a livello industriale – in primis per il costo dell’energia, superiore del 20% rispetto a quello in Francia e Germania – e fiscale per rilanciare un settore che nel 2010 versava nelle casse governative 68 miliardi di euro pari al 16,5% del totale, una percentuale destinata – nonostante gli inasprimenti – a scendere insieme al peso dell’auto per l’intera economia italiana.

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Venerdì 13 Luglio 2012 - Ultimo aggiornamento: 15-07-2012 18:20 | © RIPRODUZIONE RISERVATA