Accuse Usa a Fca, l'ultimo colpo di coda dell'agenzia in disarmo

Accuse Usa a Fca, l'ultimo colpo di coda dell'agenzia in disarmo

di Giorgio Ursicino
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dal nostro inviato
DETROIT La tempesta, inaspettata, arriva in un momento particolarmente positivo per il gruppo Fca. E, comunque vada, lascerà qualche conseguenza sull'andamento dell'azienda. È questo che più ha amareggiato e fatto infuriare il ceo Sergio Marchionne che ha immediatamente difeso l'operato dell'azienda e di tutti i suoi collaboratori. Secondo il manager, lo strappo poteva essere evitato proseguendo il dialogo. «Possiamo essere dei deficienti - ha sibilato fortemente irato - ma di certo non siamo immorali. Di questo sono sicuro e un'accusa del genere non l'accetto nemmeno dal presidente degli Stati Uniti».

Al di là della sostanza delle accuse che andranno verificate nei prossimi mesi, la forma e la tempistica fanno riflettere. Le discussioni sull'argomento, cioè sul livello delle emissioni e del relativo software del propulsore che le gestisce, sono iniziate fra Fca e le agenzie per l'ambiente oltre un anno fa (a settembre 2015 quando esplose il caso Volkswagen), mentre la dura accusa è stata formalizzata dall'Epa a pochi giorni dalla scadenza del mandato degli attuali vertici che verranno sostituiti dall'Amministrazione Trump: il sospetto è che potrebbe esserci stata un'accelerazione al solo scopo di dimostrare un risultato.

Cosa peraltro avvenuta anche con Volkswagen, che può aver accettato la sanzione del Dipartimento della Giustizia più salata del previsto per l'inasprirsi della situazione in seguito all'arresto di un suo dirigente a Miami. Lo stesso Marchionne non esclude che il cambio della guardia a Washington possa aver influito sulle accuse verso Fca, ma si limita a pensare che sia l'operato di persone che stanno per essere sostituite e non ci sia la conseguenza di una guerra politica: «Non credo, spero di no, anche perché l'avventura con Chrysler è iniziata nel 2009 proprio con la presidenza di Obama».

Nel comunicato ufficiale tempestivamente divulgato, l'azienda si è detta contrariata, ma pronta a continuare dialogo e massima collaborazione con le agenzie e il Dipartimento di Giustizia per chiarire in fretta ogni aspetto. I tecnici sono pronti a mettere a disposizione un nuovo software per eliminare le perplessità sollevate. Non dovrebbe trattarsi in ogni caso di defeat devices perché, come ha sottolineato con parecchio vigore il numero uno operativo del colosso italo-americano, i veicoli messi sotto accusa si comportano sempre nello stesso modo, «sia se sono su un banco di omologazione sia quando viaggiano su strada».

L'altro aspetto che ha fatto parecchio arrabbiare il top manager è che nei prossimi giorni sono in calendario incontri da tempo concordati sia con l'Epa che con la Carb per l'omologazione dei modelli 2017 di Grand Cherokee e Ram Diesel e se il nuovo software di gestione avesse soddisfatto gli esperti avrebbe potuto essere adottato anche agli esemplari già in circolazione. «Per noi è stata una giornata poco piacevole, siamo stati avvisati solo alle 8 del mattino - ha concluso Marchionne - questo polverone poteva essere evitato, ma anche se dovessimo pagare la sanzione ipotizzata l'azienda non andrà in difficoltà, confermo anche adesso come ho fatto all'apertura del salone di Detroit tutti gli obiettivi del 2018».

Il ceo ha ipotizzato che le divergenze tecniche fra l'agenzia e gli ingegneri dell'azienda possono essere in parte dovute dalla visione più europea dei tecnici che lavorano sul diesel. Nel nostro continente, infatti, sono del tutto normali interventi del software che in alcune circostanze prevengono malfunzionamenti e problemi del propulsore stesso. Fca, in ogni caso, non cambierà rotta: i veicoli con motore a gasolio che pur esprimono volumi limitati negli Stati Uniti continueranno ad essere venduti dopo l'ok delle autorità competenti.
 

 

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Venerdì 13 Gennaio 2017 - Ultimo aggiornamento: 12:32 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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