La Cassazione: i tre operai licenziati a Melfi devono tornare in fabbrica

Fiat, la Cassazione: i tre operai licenziati
a Melfi devono tornare in fabbrica

  • condividi l'articolo

ROMA - La sezione lavoro della Corte di cassazione ha respinto il ricorso della Fiat contro la decisione della Corte di Appello di Potenza che, nel 2012, reintegrò tre operai della Sata di Melfi (Potenza) licenziati dopo che, durante uno sciopero interno notturno, bloccarono un carrello per il trasferimento di materiali a chi non scioperava.

La notizia si è appresa a Potenza dall'avvocato della Fiom, Lina Grosso, e dal segretario regionale dello stesso sindacato, Emanuele De Nicola. I tre - Giovanni Barozzino, dal febbraio scorso senatore di Sel, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli - furono licenziati nel 2010. In un primo tempo il ricorso della Fiom fu accolto ma la Fiat non fece mai più rientrare in fabbrica i tre operai. Un anno dopo, un altro giudice accolse il ricorso della Fiat e scattò il licenziamento, poi di nuovo revocato dalla Corte di Appello.

Secondo quanto riferito dal legale, la Corte di Cassazione non ha ritenuto volontario o premeditato il blocco della produzione: i tre operai - due dei quali delegati Fiom - avrebbero quindi interrotto casualmente i carrelli adibiti al trasporto del materiale alle linee di produzione. «Si tratta di una sentenza storica - ha detto De Nicola - per la Fiom e per i tre operai, e ora ci aspettiamo che la Fiat rispetti le sentenze, reintegrando i lavoratori, e ripristinando il confronto sindacale».

Circa un mese dopo il licenziamento dei tre operai, nel 2010, il giudice del lavoro giudicò antisindacale il comportamento dell'azienda e ordinò il loro reintegro. A luglio 2011 la sentenza fu però ribaltata: un altro giudice accolse il ricorso della Fiat e i tre furono licenziati. La Corte d'Appello, lo scorso anno, ha però dato ragione alla Fiom. La vicenda ha avuto, a giugno, uno sviluppo ulteriore, con la citazione in giudizio della Procura della Repubblica di Melfi di Barozzino, Lamorte e Pignatelli, con l'accusa di concorso in violenza privata e turbata libertà dell'industria: «Con questa decisione anche il rinvio a giudizio è caduto - ha concluso De Nicola - perché si reggeva, come stabilito dalla Cassazione, su un castello di sabbia».

«Oltre alla Costituzione in fabbrica è entrata anche la giustizia e sarebbe un atto di saggezza, per ricostruire un clima di relazione industriali serie, abbandonare ogni discriminazione contro la Fiom», ha commentato il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini.

«Volevano piegare gli operai e la Fiom. Non ci sono riusciti. Grazie a Giovanni, Antonio, Marco.
Ora la Fiat riconosca il loro diritto a lavorare in fabbrica», ha affermato Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà, su Twitter.

«È stato un licenziamento ingiusto, ora lo sappiamo definitivamente. Questi lavoratori, che hanno vinto tre cause su quattro, sono stati tenuti ingiustamente fuori dalla fabbrica», ha detto Giorgio Airaudo, ex sindacalista della Fiom e oggi deputato di Sel. «Le leggi quando ci sono vanno rispettate, mi auguro che rientrino presto al lavoro e li abbraccio», ha aggiunto.

  • condividi l'articolo
Mercoledì 31 Luglio 2013 - Ultimo aggiornamento: 02-08-2013 09:53 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
COMMENTA LA NOTIZIA
0 di 0 commenti presenti