Il nuovo Nissan Murano davanti alla fabbrica di San Pietroburgo dove viene prodotto

Nissan, Mikhailov: «San Pietroburgo è un'eccellenza ma ci penalizza il cambio»

di Claudio Margarita
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SAN PIETROBURGO – La Russia ha quasi 145 milioni di abitanti. Tutti conoscono il cittadino più importante e famoso di tutti, Vladimir Putin, ma solo pochi lo hanno conosciuto personalmente. Dimitry Mikhailov, che all'epoca aveva 35 anni, è uno di quelli. Probabilmente per questo il ricordo che gli è rimasto più impresso è la cerimonia di inaugurazione dello stabilimento Nissan di San Pietroburgo avvenuta nel giugno del 2009. Oltre a Putin c'era anche Carlos Ghosn, numero uno dell'Alleanza. Mikhailov parla un inglese vivace e fluente, con un fortissimo accento russo. Accanto a lui c'è l'interprete, che per un po' ascolta, ma poi se ne va: il manager scelto da Nissan è uno che parla molto, ma non sbaglia le parole. È un giovane di San Pietroburgo al quale il costruttore giapponese ha affidato la guida delle operazioni tecniche dello stabilimento sul quale ha investito 312 milioni di euro. È un giovane esperto, che sa come trattare con le aziende straniere: ha già lavorato per Ford e per Coca-Cola.

Perché Nissan?

“È una società che assicura un buon equilibrio tra interessi economici e rispetto per le persone”.

Molti costruttori hanno abbandonato la Russia.

“A San Pietroburgo c'è un mercato del lavoro molto competitivo: le persone sono importanti”.

Lei non ha problemi a trovare personale qualificato?

“Nissan offre qualcosa che altri non offrono”.

Ad esempio?

“Una protezione sociale maggiore, ad esempio l'assistenza sanitaria. Gli obblighi di legge sono piuttosto contenuti nel nostro paese. Nissan va oltre”.

Anche la paga è più alta?

(sorride) “Non sono autorizzato a parlare di questo”.

Il salario medio a quanto ammonta?
“La media assoluta, dice? Fra chi guadagna miliardi, a San Pietroburgo abbiamo anche quelli, e chi prende pochissimo? Le statistiche dicono cinquantasettemila rubli al mese”.

Quindi Nissan offre di più.

(sorride) “Non posso dare un vantaggio competitivo ad altri”.

È una fabbrica di “giovanissimi”, sembrerebbe.

“L'età media è di 29 anni. E le quota di occupazione femminile è tra il quindici ed il diciassette per cento. Lavoriamo cinque giorni su sette, dal lunedì al venerdì: quaranta ore la settimana. Abbiamo un tasso di "localizzazione" del 63,8% ma vogliamo portarlo a quello della media del gruppo, che è dell'83,8%, ma non è facile perché i fornitori hanno ancora un gap da colmare”.

Sulla qualità avete raggiunto un livello di eccellenza con due premi consecutivi interni all'Alleanza: cosa vi manca?
“Il mercato, che è crollato del 40%. Possiamo produrre molto di più. Dobbiamo lavorare di più per razionalizzare i costi. Fabbricare quattro modelli diversi non aiuta necessariamente l'efficienza”.

E l'export?

“Lavoriamo ad un progetto sull'export, ma non è una decisione che possiamo prendere noi. È una strategia che dipende dal gruppo. Quello che posso dire è che ci sono opzioni interessanti in Medio Oriente ed in Europa, ma dobbiamo sempre tenere d'occhio la redditività”.

Le sanzioni vi hanno colpito?

“Quello che ci penalizza davvero è il rapporto di cambio”.

Come vede il futuro?

“Le prospettive per il mercato russo sono buone. Secondo me ci sono gli spazi per una produzione locale fino a un milione di unità. Nissan, grazie alle sue scelte sulla flessibilità, è più competitiva”.
 

 

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Venerdì 24 Giugno 2016 - Ultimo aggiornamento: 25-06-2016 14:29 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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