Audi, nuova pagina tutta elettrica. Ingolstadt lancia le prime vetture sulla piattaforma “nativa” realizzata con Porsche
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LE MANS - Tredici su 17, non sono i numeri più fortunati del tabellone, ma sono quelli di una superiorità schiacciante. Sono infatti le vittorie di Audi che, dal 1999 ad oggi, ha lasciato solo 4 edizioni della 24 Ore di Le Mans agli avversari e ne fanno il secondo costruttore più titolato in assoluto alla corsa francese. Dopo il peggior anno sportivo della propria storia, l’Audi è tornata con una macchina che si chiama ancora R18, ma è tutta fresca di conio e decisamente innovativa.
Il nuovo prototipo che viene da Neuburg, quartiere generale di Audi Sport, appare infatti come una Formula 1 con le ruote coperte, in particolare per la parte frontale, con il muso alto e sporgente, dotato di una doppia ala superiore e collegato al fondo piatto con due supporti. Pari ad una monoposto anche la cura di ogni minimo particolare, con ali, alette, labbri e deviatori di ogni tipo, inoltre ogni giunzione è accuratamente sigillata.
Persino le aperture in corrispondenza delle ruote, allargate per regolamento del 45%, sono sagomate con precisione e sono provvisti di anelli, che hanno funzione di carenatura, i cerchi in magnesio forgiato della OZ, italiani come i freni Brembo. Il progetto ha avuto come obiettivo la massimizzazione dei flussi sotto la vettura e tra il corpo centrale e le pance, molto profilate e che integrano anche i retrovisori, oramai quasi abbandonati dai piloti che nel cockpit hanno da anni lo specchietto “elettronico” costituito dal display Amoled collegato alla retrocamera al centro dell’alettone posteriore. Anche per quest’ultimo, la forma è diversa da tutte le altre vetture e il suo effetto è potenziato dai due scarichi alla base della grande pinna centrale.
Tanta aerodinamica serve a recuperare sia il gap di prestazioni che l’anno scorso ha lasciato l’Audi a bocca asciutta in tutte le gare del WEC, sia in efficienza di fronte ai nuovi vincoli di regolamento. La nuova R18 infatti ha un serbatoio ridotto da 54,2 a 49,9 litri e a Le Mans deve bere il 9,8% in meno utilizzando al massimo 121,6 MJ di energia a giro, ovvero 10 MJ in meno con il flussometro che limita il consumo a 71,4 kg/h. Totalmente nuovo anche il telaio, monoscocca in fibra di carbonio con anima a nido d’ape in alluminio e lastre laterali di Zylon, e le sospensioni. Quelle posteriori sono del tipo a tirante (pullrod), quella anteriori sono pushrod e ridisegnate in funzione dell’aerodinamica e del posizionamento dei semiassi e del motogeneratore elettrico. Quest’ultimo eroga 350 kW (limitati a Le Mans a 300 kW), è il solo dispositivo di recupero dell’energia – a differenza di Porsche e Toyota che ne hanno due –, è integrato con un differenziale autobloccante ed è raffreddato da un circuito indipendente che serve anche l’elettronica di potenza e il nuovo accumulatore.
Arriva infatti anche sulla R18 la batteria agli ioni di litio, che sostituisce l’elettrovolano, soluzione che privilegia la potenza e la velocità con la quale l’energia viene immagazzinata e liberata, ma che diventa troppo pesante se si punta sulla quantità. Era stata vincente fino a quando Audi ha scelto di correre nella classe energetica minima di 2 MJ, ma è diventato già troppo pesante quando ci fu lo scorso anno il passaggio a 4 MJ. Ora si sale a 6 MJ mentre la R18 rimane fedele al diesel V6, 4 litri, con un solo turbocompressore centrale, a doppio ingresso tangenziale con turbina a geometria variabile, che soffia a 4 bar al centro delle bancate inclinate a 120 gradi. Ulteriormente ottimizzato, eroga 514 cavalli che portano il monte totale a 1.000 cavalli. Data l’abbondanza di coppia (oltre 850 Nm), i rapporti del cambio sono passati da 7 a 6, per ridurre il peso mentre la scatola è sempre in carbonio con inserti in titanio e ha funzione portante come il blocco motore.
L’attuazione è affidata ad un sistema idraulico centralizzato che provvede anche a sterzo, freni e motore. La R18, se confrontata con la R10 TDI, prima diesel a vincere a Le Mans nel 2006, consuma il 46,4% in meno con un tempo sul giro che è stato abbassato di circa 10 secondi. La nuova arma di Ingolstadt ha mostrato subito una rinnovata competitività. A Silverstone ha preso tutta la prima fila e ha tagliato per prima il traguardo prima di essere squalificata per consumo eccessivo dello skid block che protegge il fondo piatto, a Spa-Francorchamps invece ha vinto e ha fissato il miglior tempo nelle prove libere della 24 di Le Mans dove l’Audi correrà quest’anno solo con due vetture, così come la cugina Porsche, per limitare i costi.
A gestirle in pista ci penserà ancora il team Joest (15 Le Mans vinte, 11 con l’Audi). Alla guida della numero 7 ci sarà l’affiatatissimo terzetto formato da Marcel Fässler (CH), André Lotterer (GER)e Benoit Treluyer (FRA), vincitori insieme a Le Sarthe nel 2011, 2012 e 2014; sulla numero 8 si alterneranno invece Luca Di Grassi (BRA), Loïc Duval (FRA) e Oliver Jarvis (GBR).
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