La Ford GT con cui ritorna a sfidare a Le Mans le rosse di Maranello

Il sogno americano: dopo 50 anni Ford torna lì dove ha scritto pagine di storia

di Nicola Desiderio
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LE MANS - L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta scriveva un famoso filosofo senza mai aver visto un’auto da corsa, ma – per ironia della sorte – la 24 Ore di Le Mans del 2016 prenderà il via alle ore 15 del 18 giugno, proprio come nel 1966, quando la Ford si apprestava a vincere la prima della quattro edizioni consecutive della gara francese, battendo le Ferrari dopo 6 anni di dominio incontrastato e issando, per la prima volta sul circuito della Loira, la bandiera americana.
 

 

E cinquant’anni dopo la sfida e la clessidra saranno di nuovo le stesse, con la Ford GT che, con uno squadrone di quattro vetture, punterà a battere le formidabili Ferrari 488 GTE, ma anche le Aston Martin V8 Vantage, le Porsche 911 RSR e, soprattutto, le Chevrolet Corvette C7.R, vincitrici di classe a Le Mans per ben 8 volte e di certo poco intenzionate a vedersi sopravanzare da un’altra yankee.

La Ford però non vuole vincere semplicemente un derby a Stelle e Strisce in terra di Francia: punta a a battere di nuovo la Ferrari come 50 anni fa. E anche se stavolta non si parla della vittoria assoluta, il sapore di questo antico duello è lo stesso. La sfida in realtà era iniziata fuori dai campi di gara. All’inizio degli anni ‘60 Enzo Ferrari vinceva con le sue auto sui circuiti di tutto il mondo e faceva le sportive stradali più belle e veloci, ma la mancanza di un erede – il figlio Dino era scomparso nel 1956 – e di un braccio industriale e finanziario forte lo convinse che occorreva vendere. La voce fu raccolta da Henry Ford II che nel 1963 mandò a condurre la trattativa a Maranello un certo Lee Iacocca, uno che in quegli anni si stava inventando la Mustang e che, anche con altre divise, avrebbe fatto la storia dell’automobilismo americano. Ford avrebbe voluto fare della Ferrari la sua squadra corse, Enzo Ferrari invece avrebbe voluto tenersi per sé proprio l’attività sportiva.

L’accordo così saltò e cominciò l’avvicinamento verso Fiat (nel ‘65 ci fu l’intesa per la Dino) che culminò con lo storico accordo del 18 giugno 1969, una data che conferma la sua ironia. Quello sgarbo fu mal digerito a Dearborn e iniziò quella che gli storiografi chiamano la “guerra Ferrari-Ford” e l’arma per combatterla fu la GT40. Si chiamava così per l’altezza di 40 pollici (1,02 metri), aveva un telaio Lola e il suo V8, 7 litri, fu disegnato da Roy Lunn, autore del V4 della prima Mustang, mentre lo sviluppo in pista fu affidato a Carroll Shelby, uno che la 24 Ore di Le Mans l’aveva vinta nel 1959 a bordo di un’Aston Martin DBR1 e che, di lì a poco, avrebbe trasformato la pony car inventata da Iacocca in una muscle car da leggenda. La GT40 stravinse la 24 Ore di Le Mans del 1966 con Bruce McLaren e David Hulme, occupando anche gli altri due gradini del podio sotto gli occhi di Henry Ford II, e si ripetè l’anno successivo con A. J. Foyt e Dan Gurney.

Il primo è passato alla storia anche per aver vinto quattro 500 Miglia di Indianapolis, 6 campionati Indy e due 24 Ore di Daytona, l’altro per aver festeggiato innaffiando di champagne gli spettatori inaugurando un’abitudine che tutti i piloti imitano, ma quasi nessuno sa dove e quando è nata. La GT40 rivinse anche nel 1968 con il duo Rodriguez/Bianchi, stavolta sotto gli occhi di Gianni Agnelli che aveva dato il via alla corsa, e nel 1969 con Jackie Olivier e Jacky Ickx, alla sua prima delle 6 vittorie a Le Mans, ottenuta per soli 120 metri ai danni della Porsche di Hans Herrmann.

Il pilota di Stoccarda e la Cavallina si sarebbero rifatti l’anno successivo, la Ferrari non sarebbe più riuscita a vincere la 24 Ore e la Ford si ritirò imbattuta lasciando un segno indelebile: le chicane che dal 1968 portano il suo nome prima del rettilineo finale e dalle quali i vertici di Dearborn vorrebbero vedere spuntare per prima una delle loro GT. L’arma del ritorno si chiama come la GT del 2004, ma non è né un’anniversary car né una retro-car, bensì un’auto nata per rinascere alle corse.

Del progetto “Phoenix” erano infatti a conoscenza 12 persone che per 15 mesi si riunivano in orari improbabili all’interno di uno scantinato di Dearborn, senza finestre. Protetta da un vero e proprio patto di sangue, la GT è rimasta un mistero assoluto anche dopo essere stata mostrata a 5mila dipendenti Ford alla vigilia del Salone di Detroit del 2015, ma quando il giorno dopo è stata mostrata al Cobo Center, ha scatenato scariche di adrenalina e previsioni, rinforzate qualche mese più tardi dalla notizia che Bill Ford avrebbe dato il via alla 24 Ore di Le Mans e puntualmente confermate alla vigilia della gara: la Ford sarebbe tornata a Le Mans l’anno successivo con la GT. La supersportiva americana cita qua e là la sua illustre nonna, ma in lei la funzione precede sempre la forma anzi la detta, soprattutto in tema di aerodinamica.

La GT, infatti, sembra una goccia con le ruote e le ali a cui si accede sollevando le portiere a forbice e dove persino la plancia e i sedili sono integrati nella scocca in carbonio. Si regolano solo lo schienale (10 gradi), la pedaliera e il volante che è schiacciato come quello di un’auto da corsa. I comandi sono ridotti all’osso e studiati per essere azionati anche con i guanti. Da corsa anche il cuore: un V6 3.5 biturbo da 600 cv che lo scorso anno ha vinto la 24 Ore di Daytona e che sulla vettura da gara si attesta intorno ai 500 cv con un cambio sequenziale a 6 rapporti al posto del doppia frizione a 7 di serie. La GT sarà prodotta in soli 500 esemplari prodotti a mano nell’arco di due anni dalla Multimatic e sarà la Ford stessa a scegliere a chi concederla tra gli oltre 6.500 clienti che si sono detti pronti a spendere per lei circa 400mila euro.

In pista invece la GT ha già esordito nel WEC a Silverstone con un quarto e quinto posto ed è salita sul podio a Spa mostrando un’affidabilità pressoché assoluta mentre negli USA, dopo un debutto interlocutorio nell’IMSA Tudor, ha vinto a Laguna Seca mostrando un’evidente crescita nelle prestazioni. Le quattro auto che corrono nei due campionati saranno schierate tutte insieme a Le Mans portando i numeri che ricordano le edizioni vinte dalla GT40: la numero 66 sarà guidata da Billy Johnson (US), Stefan Mücke (GER) e Olivier Pla (FRA); la 67 da Marino Franchitti (GBR), Andy Priaulx (GBR) e Harry Tincknell (GB), la 68 da Sébastien Bourdais (FRA), Joey Hand (US), Dirk Müller (GER) e la 69 da Ryan Briscoe (AUS), Scott Dixon (NZL), Richard Westbrook (GBR). E vediamo che cosa succederà quando l’ultimo granello di sabbia della clessidra sarà caduto.

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Sabato 18 Giugno 2016 - Ultimo aggiornamento: 17:33 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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