Nico Hulkenberg ha vinto all'esordio nella LMP1 la 24 Ore di Le Mans 2015 con la Porsche

L'incredibile Hulk, ha vissuto il sogno di trionfare all'esordio della mitica Le Mans

di Nico Hulkenberg
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LE MANS - Sono a Baku, dove dopodomani si disputerà il primo Gran Premio d’Europa dell’Azerbaigian. Quattromila chilometri in linea d’aria e tre ore di fuso orario di distanza da Le Mans. E devo essere onesto: non posso che essere contento di correre in Formula 1 con la mia Force India. Dopo i buoni risultati recenti sono anche fiducioso, spero in un buon piazzamento. Detto questo mi dispiace di non guidare nella “24 Ore”.
Ma per ora questo è il mondo in cui voglio stare e misurarmi con i miei rivali. Poi vedremo, di sicuro non ho dimenticato quel 14 giugno dello scorso anno e la mia vittoria, insieme con Nick Tandy e Earl Bamber, al volante della Porsche 919 Hybrid. È stato il più bello della mia carriera di pilota. Ricordo ancora tutte le sensazioni che provai. I pochi test, l’emozione del debutto, le ore di attesa nei box e quelle di guida e quell’ultimo fantastico giro, quando passai per primo al traguardo.
 

 

Era il nostro 395° giro e avevamo percorso senza problemi 5383,46 chilometri. Quindi il podio, la folla, centinaia di telefonate e di tweet, le congratulazioni della squadra e anche degli avversari. Un’atmosfera di grande sport. Ma non ho dimenticato anche la grande sorpresa, perché alla vigilia non eravamo certamente i favoriti. Noi così giovani e neppure molto esperti. Il giorno dopo pensai: «Voglio esserci anche l’anno prossimo, anche se non ho ancora firmato un contratto». Però quando venne pubblicato ufficialmente il calendario del Mondiale di F1, avvertii subito i dirigenti della Porsche.

Il mio lavoro è fare il pilota per il team di VijaY Mallya, sono pagato per questo ed è il mio obiettivo primario, senza i problemi di concomitanza sarei certamente tornato. Però non potevo mancare in questa gara nel nuovo circuito di Baku. Nella passata stagione avevo trascorso un periodo abbastanza difficile, c’era voci secondo le quali la Force India non mi avrebbe confermato. Ero nervoso. Ma arrivò il rinnovo e questo mi servì anche ad affrontare tranquillo la grande corsa francese. Essere rilassato e concentrato aiuta non poco. Ti permette di dare il massimo, senza timori. E così avevo fatto alla “24 Ore”.

Avevo effettuato diverse prove nei due mesi precedenti la corsa. E spinto come un diavolo per imparare e capire. Nei primi giorni di maggio la Porsche ci aveva iscritti alla “6 Ore” di Spa, per provare l’equipaggio e per allenarci. In qualificazione eravamo andati molto forte, ma in gara non era andata bene e noi ci eravamo classificati quinti. La prova, però, era servita molto per collaudare certi meccanismi, soprattutto le soste ai box. Mi erano rimaste poche ore di sonno e di riposo, però ne valeva ampiamente la pena.

Per questo motivo a Le Mans, durante la gara io e i miei compagni non avevamo mai fatto un passo falso. La macchina era perfetta, senza difetti e ha potuto mantenere un ritmo notevole; noi non abbiamo fatto errori. Sono stato ripagato di tutti i sacrifici. Fra l’altro all’interno della squadra speravamo di piazzare almeno una 919 Hybrid sul podio invece centrammo una fantastica doppietta. E ci siamo anche divertiti molto. Avevo gareggiato nel weekend precedente a Montreal. Poi un lungo volo diretto dal Canada a Parigi e in macchina a Le Mans. È stato tutto incredibile, un’esperienza unica.

Fra una monoposto e un prototipo a ruote coperte c’è molta differenza. Senza dimenticare che in monoposto usiamo le gomme Pirelli e in Francia noi avevamo le Michelin. In F1 il degrado degli pneumatici è notevole, nell’Endurance ci sono delle soste programmate per cambiarli e se non hai dei guai sai come usarli senza metterli in difficoltà. Non ci sono al volante le stesse regolazioni e le medesime sensazioni. Attenzione però, quando si sente la parola Endurance, si pensa che il pilota debba pensare soprattutto a salvaguardare la macchina e le gomme. Io ho dovuto imparare in fretta che non è vero, bisogna sempre tenere il piede sull’acceleratore. Ma adattare il proprio stile di guida. E sono 24 ore...

La parte più ardua è la notte, soprattutto a causa dei fari delle altre macchine che possono disturbarti o anche falsare le distanze in frenata. Tuttavia è sempre una corsa di automobili. Nell’ultimo giro era anche arrivata qualche goccia di pioggia. Ai box c’era un po’ di nervosismo e mi avevano chiesto di rallentare. A Le Mans si avverte la magia dell’evento e del circuito e questo ti dà una forza straodinaria.

Non ho mai avuto un momento di difficoltà. Anzi anche se può sembrare strano, perché in Formula 1 non succede, io amo trovarmi nel traffico in pista e fare dei sorpassi in mezzo a tante vetture. È una gara per uomini veri, su un circuito antico. Nel Gran Premio successivo in Austria, mi sentii molto orgoglioso per quello che avevo fatto. Ma non fu facile. Avevo percorso “qualche giro” con un’astronave Porsche e dovevo riadattarmi alla mia vettura di sempre. Credo di esserci riuscito. Adesso penso di portare avanti al meglio la stagione nel circus di Bernie Ecclestone. E, chissà, forse un giorno, mi capiterà di tornare a Le Mans. Non più da esordiente ma da vincitore del 2015.
Ho solo 27 anni e me ne restano parecchi davanti per riuscire anche in Formula 1 a dimostrare il mio valore. Stiamo crescendo come squadra e anche la macchina continua a migliorare. Ci saranno delle gare dove sono convinto saremo molto competitivi. E il ricordo della sorpresa di Le Mans mi servirà per sognare.

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Mercoledì 29 Giugno 2016 - Ultimo aggiornamento: 30-06-2016 18:26 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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