La Porsche 919 Hybrid si ripresenta alla 24 Ore francese con i favori del pronostico

Ruggito Porsche, la Regina in carica che punta a ripetere il trionfo del 2015

di Achille Teti
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LE MANS - È la vettura da battere, non solo perché l’anno scorso ha vinto a Le Mans facendo suoi i titoli WEC Costruttori e Piloti, ma perché si chiama Porsche. O piuttosto si chiama Porsche perché, tra i tanti trofei in bacheca, 17 vengono proprio dal circuito di Le Sarthe facendo del costruttore di Zuffenhausen il più vittorioso della corsa più bella del mondo?
 

 

Ecco perché la 919 Hybrid si ripresenta alla 24 Ore francese con gli auspici della favorita, ma non solo. Quando infatti vieni da una stagione dove hai vinto 5 gare su 8 e in ognuna ti sei preso tutta la prima fila della griglia di partenza annichilendo i contendenti; quando ti ripresenti al prologo di Le Castellet segnando il miglior tempo, vinci la prima gara (anche se dopo la squalifica dell’Audi) e alla seconda sei già in testa di entrambe le classifiche, potresti anche non chiamarti Porsche ed avere tutti gli occhi su di te, semplicemente perché sei il più forte e gli avversari non aspettano altro che portare a casa la pelle di uno dei marchi più titolati di sempre.

I concorrenti infatti si sono rifatti sotto e, a sorpresa, le auto sono veloci quasi quanto quelle dello scorso anno se è vero che il miglior tempo fatto registrare a Silverstone è a soli 6 decimi da quello del 2015 e la differenza è stata di un secondo sui 7.004 metri di Spa-Francorchamps. Assai probabile dunque che a Le Mans, dove i metri sono 13.629, la differenza sarà inferiore ai 4-5 secondi previsti, nonostante il regolamento imponga quest’anno un serbatoio ridotto da 68,5 a 62,5 litri, un quantitativo di energia per giro di 124,9 MJ e un flusso di carburante massimo di 80,6 kg/h alle auto che scelgono la classe di 8 MJ, il massimo livello di recupero energetico. Porsche è stata la prima a scegliere questa strada e ha dimostrato che, con le regole attuali, il miglior accumulatore è quello agli ioni di litio convincendo anche Audi ad abbandonare l’elettrovolano e Toyota il supercondensatore in favore della soluzione che garantisce anche le ricadute tecnologiche più dirette sulla produzione di serie.

I giapponesi inoltre hanno seguito la Porsche anche sul terreno del downsizing e, senza scendere ai livelli dei tedeschi, hanno comunque ridotto cilindri e cilindrata aggiungendo turbo ed iniezione diretta. Tuttavia, i limiti di consumo hanno di fatto costretto i tecnici tedeschi a diminuire la potenza del loro V4 2 litri sotto i 500 cv portando quella totale poco al di sopra dei 900 cv invece dei quasi 1.000 dello scorso anno. Rimane invece identico lo schema del sistema ibrido che prevede un solo motogeneratore all’assale anteriore da circa 400 cv mentre il secondo sistema di recupero è allo scarico, grazie ad una turbina supplementare applicata in parallelo a quella del turbocompressore a geometria variabile.

Il tutto è posizionato tra le bancate del V4, nella parte posteriore all’altezza del distanziale con il cambio, un sequenziale a 7 rapporti ad attuazione idraulica con scatola in fibra di carbonio, per diminuire il peso, ma soprattutto per avere funzione portante, al pari del blocco motore, per rendere più rigido il telaio in carbonio, con inserti di alluminio alveolare, titanio e magnesio.

Non è mai stato chiarito a pieno come questa seconda turbina funzioni, ma è probabile che sfrutti i gas in eccesso espulsi dalla valvola wastegate, quando vengono superati i 4 bar massimi concessi, consentendo il recupero di energia, non in fase di frenata come nelle altre, ma di piena accelerazione, una situazione che a Le Mans si verifica per almeno il 70% del tempo. Questo principio dovrebbe dare diversi vantaggi, tra cui rendere più costante il processo di ricarica, migliorando la gestione della batteria agli ioni di litio raffreddata ad acqua e posizionata sul lato destro del pilota. È realizzata dalla Porsche stessa con celle della A123 System e consente al sistema ibrido di lavorare a ben 800 Volt, una tecnologia applicata anche alla Mission E, il concept che dalla 919 ha preso anche i motogeneratori e anticipa la coupé 4 porte elettrica che dovrebbe arrivare entro il 2018. Altro legame con le vetture di serie porta invece alla 718: il nuovo 4 cilindri boxer 2 litri ha infatti misure caratteristiche ed interasse cilindri identici al V4 di pari cilindrata da corsa. Anche i fari anteriori a 4 punti luminosi sono una caratteristica che accomuna le Porsche stradali al prototipo LMP1. La 919 appare diversa da fuori rispetto a quella del 2015, con una livrea unica per tutte e due le vetture invece del bianco, nero e rosso delle tre schierate lo scorso anno.

Visibili anche le modifiche aerodinamiche con un frontale che presenta un attacco del fondo piatto più sagomato e una doppia ala incorporata nella scocca. Anche le pance appaiono più alte, dotate lateralmente di tre profili planari di estrazione e con parafanghi più affilati. A Weissach, dove lavorano 260 uomini a stretto contatto con il centro di ricerca e sviluppo di Porsche, hanno preparato 3 configurazioni aerodinamiche (il numero massimo concesso), rivisto le sospensioni pushrod per far lavorare meglio gli pneumatici Michelin, in particolare quella anteriore, e si sono concentrati sulla riduzione del peso in modo da giocare meglio con la zavorra.

La Porsche è l’unica a dichiarare le prestazioni: la 919 Hybrid raggiunge i 100 km/h in 2,2 secondi e i 200 km/h in 4,8 secondi. La numero 1 sarà guidata dai campioni WEC in carica Timo Bernhard (GER), Brendon Hartley (NZL) e Mark Webber (AUS), la numero 2 da Marc Lieb (GER), Romain Dumas (FRA) e Neel Jani (CH). Mancherà invece il terzetto Bamber/Hülkenberg/Tandy vincitore alla 24 Ore di Le Mans del 2015.

 

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Giovedì 7 Luglio 2016 - Ultimo aggiornamento: 08:09 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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