Le discussioni e le polemiche sulla definizione delle regole per la Fascia Verde a Roma non si placano e anche il Consiglio di Stato, interpellato da alcune associazioni di auto storiche, ha detto la sua sollecitando il Tar a stabilire dei criteri che riguardano proprio le vetture di interesse storico e collezionistico e la possibilità di circolare all’interno della Fascia Verde. Le associazioni ricorrenti vorrebbero che tutte queste auto avessero la possibilità di entrarvi liberamente, non è però d’accordo Angelo Sticchi Damiani che, da presidente dell’ACI, ha portato una proposta più selettiva al tavolo tecnico del Comune di Roma.
«La sentenza è interessante – esordisce il numero uno dell’Automobile Club Italia – perché permette per la prima volta in Italia di parlare di un argomento intorno al quale giriamo intorno da troppo tempo: l’effettivo valore delle vetture di interesse storico e collezionistico e un sistema che ci permetta di stabilire quali siano davvero quelle da tutelare. Nello specifico di Roma, il Comune si sta chiedendo a chi dare la deroga per la Fascia Verde»
Quali sono attualmente i criteri di definizione delle auto storiche?
«In Italia si è stabilito di fatto un monopolio da parte dell’ASI la quale ha deciso che tutte le vetture che hanno raggiunto 20 anni, se ben conservate, sono di interesse storico e collezionistico. Questa è una posizione che non può essere condivisa da Aci e da Aci Storico. Noi pensiamo che una Punto, una Stilo, una Golf o una Fiesta non possano essere considerate di interesse storico e collezionistico solo perché hanno compiuto 20 anni».
E nel caso di Roma qual è la vostra posizione?
«Siamo andati a vedere i dati e abbiamo visto che l’Asi ha rilasciato certificazioni di storicità per 5.500 veicoli nella Fascia Verde. Di questi, poco meno della metà sono davvero di interesse storico e collezionistico. Pensi che in mezzo ci sono persino furgoni…».
Perché si è arrivati secondo lei a questa situazione?
«È una storia che risale agli anni Novanta. Una definizione c’era stata nella legge di bilancio dell’anno 2000 e affermava che automobili destinate allo sport, fuoriserie e con caratteristiche di design, qualità costruttiva e innovazione tecnologica particolari erano da considerarsi di interesse storico e collezionistico e andavano tutelate. Secondo l’Unione Europea e la FIA e l’Unione Europea questo status si raggiunge dopo almeno 30 anni. Col tempo invece l’Asi è arrivata a considerare tali indistintamente tutte le auto con oltre 20 anni».
Quali sono i criteri che, secondo ACI, definiscono l’interesse storico e collezionistico di un’automobile?
«Noi abbiamo coinvolto tutti i club – anche se qualcuno poi si è sfilato – grandi esperti e uomini di cultura per creare una lista di salvaguardia che ovviamente restringe il numero delle auto che si possono definire storiche e di interesse collezionistico. A Roma, secondo le nostre verifiche, le auto che hanno da 20 a 30 anni sono 57mila, ma quelle davvero di interesse storico sono 7mila. Se dovesse passare il principio che basta iscriversi ad un club storico e andare dall’ASI per farsi certificare la propria auto come storica pagando per ottenere l’annotazione sulla carta di circolazione, diremmo agli automobilisti che possiedono due vetture identiche e della stessa età: se paghi entri, se non paghi non entri. Andiamo ad arricchire associazioni private a danno dei cittadini romani. È una forzatura socialmente inaccettabile che non possiamo condividere. E poi c’è un altro tema».
Quale?
«Quello del parco circolante in Italia. Con quale speranza noi andiamo al 2035 quando – così si dice – non saranno più costruite più auto con motore termico? Come possiamo dare incentivi alle auto elettriche e, allo stesso tempo, darne anche ad auto vecchie ed inquinanti facendo pagare loro il 50% della tassa di possesso o esentandole del tutto?».
E allora che cosa proponente?
«Qualcosa di semplice e lineare che non fa spendere soldi a nessuno. Noi sappiamo quali sono le 7mila automobili davvero storiche che risiedono all’interno della Fascia Verde e abbiamo proposto al Comune di Roma il nostro database che permetterebbe alle telecamere di leggere la targa delle vetture che appartengono alla lista di salvaguardia. Nessuno dovrebbe iscriversi a club – tantomeno al nostro – e pagare niente. Questo significa andare davvero incontro agli interessi dei proprietari delle vere auto di interesse storico e collezionistico. Qualcuno contesta la lista di salvaguardia affermando che è anticostituzionale… la Costituzione dice che tutti i cittadini sono uguali di fronte allo stato e allora non vedo perché chi ha una Stilo di 20 anni fa vede riconosciuto il diritto a circolare solo se paga 155 euro. E poi le sembra normale che un ente dello stato come la Motorizzazione Civile debba registrare, senza controlli tecnici e tariffari di alcun tipo, quello che stabilisce un’associazione privata?».
Se estendiamo queste considerazioni a livello nazionale, quali sono i numeri?
«Abbiamo fatto un lavoro di verifica su tra anni, dal 2019 al 2021 e lo stiamo facendo anche su altri anni. Su queste tre annualità solo il 20% di quelle che potrebbero ottenere il certificato di storiche rientra nella lista di salvaguardia. Noi pensiamo che questo non sia giusto perché già crea un ammanco nelle casse pari a 50 milioni di euro che potrebbero essere spesi per la collettività e diamo un messaggio sbagliato. Non possiamo lanciare un segnale che favorisce il rinnovamento del parco circolante e contemporaneamente favorire le auto vecchie che andrebbero rottamate».
E a livello nazionale state discutendo sui tavoli delle istituzioni di questo tema?
«Sì, ovviamente. Il governo sta guardando a questi temi con un’attenzione che è probabilmente superiore rispetto al passato e sta cercando di capire. La Regione Calabria si è dotata già di una legge che dice esattamente le stesse cose che diciamo noi: solo le vetture che ricadono all’interno della lista di salvaguardia godono dei benefici riservati a quelle di interesse storico e collezionistico. Questa legge, che tra l’altro non è stata impugnata dal governo centrale, per noi è il modello. Se lo seguissimo a livello nazionale, risparmieremo soldi, rottameremo più macchine e soprattutto quelle circolanti sarebbero più sicure e meno inquinanti. Noi sosteniamo che anche la rottamazione di una Euro0 per un’Euro5 vada incentivata perché comunque rappresenta un progresso».
Oltretutto, le rottamazioni stanno rallentando…
«È proprio così: nei primi 4 mesi il mercato del nuovo è aumentato di quasi il 27% grazie agli incentivi ed è una buona notizia, l’usato è cresciuto del 6%, ma la pessima notizia è che le radiazioni sono scese del 12%. Noi abbiamo già un parco circolante con una percentuale di 60 auto ogni 100 abitanti che è la più alta d’Europa e circa la metà sarebbero da rottamare. Per questo noi dobbiamo essere coerenti e andare verso una direzione precisa che abbia effetti tangibili. Noi abbiamo una zavorra della quale ci dobbiamo liberare. Come possiamo incoraggiare il rinnovamento e la transazione ecologica se diamo queste informazioni?»