
Ferrari, atmosfera tesa fra i piloti. E la SF-75 non decolla: a Miami è solo quinta forza
Non è un buon momento. Quando è così, una situazione quasi paradossale, si finisce per fare ironia anche sulle cose serie. Molto serie. Ricordate quando Alonso definì in mondovisione via radio la power unit della sua McLaren «un motore di F2»? Si sa, i nipponici hanno l’umorismo poco reattivo e ci rimasero assai male. Per lo squadrone di Maranello la domenica pomeriggio è stata simile e il comportamento dei piloti non ha certo aiutato. Con i programmi invernali di poche settimane fa doveva essere una giornata di festa. C’era anche la presenza discreta e riservata del grande capo Benedetto Vigna in uno degli Stati americani con più Ferrari sulle strade.
In più, si andava a Miami col dream team Hamilton-Leclerc e con una vettura in grado di lottare per il Mondiale in quanto erede di una delle migliori monoposto che hanno concluso la stagione scorsa. Per chiudere c’era da festeggiare l’anno di partnership con il main sponsor HP in onore del quale si era tolto parecchio rosso sulla carrozzeria delle SF-75. Invece, niente di tutto questo. Sono state ore da incubo che, a fine gara, si leggevano bene sui volti quasi increduli di Fred e Charles, le due persone che sentono di più la responsabilità del prestigio. Ribadiamo per l’ennesima volta che alla prossima gara magari le cose cambieranno ancora, ma oltreoceano è stata una vera caporetto.
La due Ferrari hanno incassato quasi un minuto di distacco dalle rivali papaya, un’eternità, ma sono arrivate a 20 secondi dalla Mercedes di Russell che è salita sul podio. Davanti, senza nessuna scusa, c’erano anche la Red Bull di Verstappen, l’altra Freccia del nostro Antonelli e, udite udite, pure la Williams di Albon. Insomma in Usa il Cavallino è stata la “quinta forza”. Con un passo del genere, quando si hanno in squadra due purosangue come Hamilton e Leclerc, è facile sfiorare il patatrac e la passeggiata finale delle due Rosse ha conquistato la regia che cercava di animare un finale troppo scontato.
Si alternavano immagini della coppia di SF-75 che viaggiava anonima a centro gruppo discutendo, anche animatamente, via radio a chi spettasse la settima posizione a chi l’ottava. In verità, un dialogo al limite dell’imbarazzante. Dopo la safety car e l’unico pit stop, Lewis si è ritrovato dietro Charles con le gomme più tenere e quindi era più veloce tanto che lo ha preso. Al muretto, però, hanno esitato troppo a decidere per il cambio di posizione, un ordine che doveva avere l’ok di Vasseur in persona. Lewis, parlando con un imbarazzato Adami, perdeva le staffe scherzando: «Vi prendete una tazza di tè prima di decidere?».
In effetti, la decisione è arrivata tardiva, l’inglese aveva già esaurito il bonus pneumatici e il tignoso Charles, con l’aiuto dell’ala mobile, aveva ripreso a spingere il compagno: «Abbiamo fatto una scelta stupida», tuonava il principino per riprendersi la posizione. Per il team non sarebbe cambiato nulla ed anche per i driver c’era poca differenza. Lewis non gradiva la nuova richiesta di scambio visto che, con una situazione simile ma a parti invertite, in Cina non era accaduto. Fatto passare il monegasco, il baronetto ha dovuto difendere il prezioso ottavo posto dagli attacchi di Sainz su una Williams con più ritmo.
Altra staffilata di Lewis all’orecchio dell’incolpevole ingegnere: «Volete che faccia passare anche Carlos...». Insomma, tanto polverone per nulla e sicuramente a freddo nessuno andrà fiero di certe scenette. La cosa più preoccupante è la gestione di due piloti: se fanno così combattendo per le retrovie, chi ci parla se dovessero lottare per la vittoria? A Fred anche questa incombenza oltre a quella di tirare fuori la SF-75 delle sabbie mobili nelle quali sembra precipitata.