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MILLERUOTE
di Giorgio Ursicino
Le auto in stock

Il Governo dimentica l'auto: niente aiuti, ma penalizzazioni per il mezzo più adatto a difendersi dal coronavirus

di Giorgio Ursicino

Per il settore automotive, finalmente, una buona notizia. Cercando di sfruttare al massimo le opportunità offerte dal decreto “Liquidità”, Fca è scesa in campo ed ha avviato una procedura con il governo (attraverso il MEF e il MISE, ha chiesto una garanzia a SACE, società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti a partecipazione statale) per ottenere una linea di finanziamento triennale di 6,3 miliardi disponibile per tutta la filiera del comparto. Con questa copertura è stato avviato un dialogo con Intesa San Paolo che dovrebbe erogare il prestito a disposizione delle 10 mila aziende del settore per le attività in Italia.

L’ammontare complessivo della cifra erogata corrisponde, come prevede la disposizione dell’esecutivo, ad un quarto del fatturato annuale delle attività industriali di Fiat Chrysler nel nostro paese. Oltre ai 55 mila dipendenti diretti, il Gruppo ne utilizza altri 200 mila che operano presso i 5.500 fornitori specializzati a stretto contatto con l’azienda di Exor. Oltre il 40% del fatturato del settore, pari a 50 miliardi l’anno, è commissionato da Fca. Sull’argomento è intervenuto anche il premier Conte sottolineando l’importanza strategica dell’automotive per tutto il made in Italy e per le sorti dell’intera economia del paese.

Il fatto che il premier, fra le innumerevoli cose che ha da fare in questo difficile momento, abbia preso a cuore l’auto fa tirare un sospiro di sollievo: al comparto della distribuzione in ginocchio, a quasi tutti i cittadini italiani e a chi ha veramente a cuore il futuro del Belpase. Partiamo da dati di fatto. Piaccia o no, nella Penisola circolano quasi 40 milioni di auto e oltre 50 milioni di veicoli. Un bene di enorme valore per la comunità che, qualche anno fa, ha dato una spinta fortissima per farci entrare nel G5, trasformando la nostra industria in una icona della tecnologia a livello mondiale, già simbolo del felice periodo del boom economico diventato ormai un ricordo sempre più sbiadito.

La Germania, che è rimasta una locomotiva anche nel terzo millennio, ha sempre coltivato l’automotive come se fosse il raccolto più prezioso da mettere costantemente in cascina. Bene, noi abbiamo questa enorme massa di metallo (per fortuna da tempo ormai stabile e non più in crescita) che gira per la Penisola, indispensabile per garantire i livelli di libertà individuale e di tenore di vita a cui sono abituati i nostri cittadini, e nessuno si è mai preoccupato che gli italiani stavano perdendo il potere d’acquisto per rinnovare progressivamente il parco circolante.

Risultato? O riportare indietro le lancette dell’orologio (ma nessuno dei paesi industrializzati rinuncia alle conquiste del progresso e alla qualità della quotidianità), o rassegnarsi al fatto che le vetture invecchiano creando giganteschi problemi di inquinamento e di sicurezza e dando enormi disagi alla popolazione che è costretta ad usarle. In qualsiasi società civile i “decisori” hanno cura di mantenere in efficienza i propri beni. Questo era un aspetto da prendere in considerazione (eccome) anche in “tempo di pace” dai governanti centrali e locali, invece non è esagerato dire che, quantomeno, se ne sono un po’ fregati (gli automobilisti di solito se ne ricordano quando vanno a votare).

Poi è arrivato il coronavirus e lo scenario è cambiato. Non poteva essere altrimenti. È venuto un po’ meno quell’aspetto che non era mai mancato (al contrario dei soldi...): la passione e l’entusiasmo per l’auto. Non è la latitanza della voglia di combattere, ma il senso di responsabilità che gli italiani hanno dimostrato di avere, rispettando con obbedienza anche i severi divieti del lockdown. Non si può dire una cosa e poi l’esatto contrario. Ci hanno giustamente raccomandato la distanza di sicurezza e l’isolamento, perché unica arma per combattere il covid, adesso ci atterremo a questa regola fino a che non avremo fra le mani il vaccino. Ieri, primo giorno di circolazione quasi libera, i mezzi pubblici hanno viaggiato quasi vuoti, mentre il traffico sulle strade dava la sensazione della ripartenza.

L’auto è la cosa che più unisce e ha un costo elevato (è il secondo bene in classifica dopo la casa), in questa atmosfera logico che la domanda si sia un po’ afflosciata. E il livello precedente era il minimo indispensabile per mantenere il ricambio e non mandare il parco circolante alla deriva. Ora che le vendite procederanno ad una andatura poco più della metà del periodo ante covid, non sarà più possibile muoversi sull’orlo del precipizio perché si rischia di sprofondare nel baratro. Ecco perché Conte deve intervenire rapidamente prima che metà di tutte le nostre auto diventino “maggiorenni”, peggiorando drasticamente i livelli di rispetto ambientale e sicurezza stradale che valgono migliaia di vite l’anno e che ogni governante responsabile cerca di salvaguardare. In un contesto del genere, svecchiare il parco sarebbe l’unica azione veramente ecologica.

Altro che monopattini e biciclette che, togliendo spazio alle indispensabili auto nelle nostre anguste città, fanno solo aumentare la congestione del traffico e di conseguenza i veleni nell’aria, alzando il numero di vittime della strada perché i veicoli a motore e quelli a trazione “umana” restano incompatibili. Inoltre, degli anziani e dei bambini ce ne freghiamo. L’autentico dramma del coronavirus richiede responsabilità. Diventano indispensabili “incentivi” che prima erano solo necessari. Vanno agevolati gli automobilisti italiani a cambiare la loro auto, è l’unico modo per dare un aiuto all’aria che respiriamo.

Ma bisogna essere pragmatici, più realisti del re. Tenendo conto che non abitiamo nella opulenta Norvegia e neanche nella potente Cina. È necessario in questo momento dare i bonus non solo ai gioielli del futuro (nel 2019 sono stati lo 0,..%), ma alle auto, rispettosissime dell’ambiente in confronto a quelle presenti sulle nostre strade, che la maggior parte degli italiani possono permettersi di acquistare. Interventi a tempo, chiaramente, 12-18 mesi, per uscire da questa infida palude e riprendere un’esistenza normale.

La potente Agenzia per l’Ambiente degli Usa (Epa), non sempre allineata alla Casa Bianca, ha addirittura rivisto per il covid il piano del taglio delle CO2 che è un costo). Chi ha detto che le macchine “intelligenti” sono solo quelle che emettono meno di 95 g/km di CO2? Quello è un valore medio di gamma che ha dato l’UE per spingere i costruttori verso la mobilità elettrica. Al di là delle vetture a batterie, questi valori riguardano più o meno solo le citycar. Che facciamo, compriamo solo scatolette da città? O continuiamo con l’errore della seconda o terza auto?

Un padre di famiglia ha il diritto-dovere di acquistare una vettura adeguata, magari economica, ma sicura per trasportare i propri cari anche se emette 120 o più grammi di CO2. Non è certo una supercar o un oggetto di lusso. Vanno aiutate con dei bonus vetture che si rivolgono alla maggior parte della popolazione per consentire al più elevato numero possibile di persone di viaggiare più sicure e per incidere significativamente sulla qualità dell’atmosfera. Ben vengano in questo periodo emergenziale le vetture a benzina e anche le ottime diesel Euro 6, nuove e anche usate, se di ultima generazione.

Ognuna di queste che entra in circolazione manda in pensione una delle oltre 10 milioni di vecchie carrette con quasi vent’anni sulle spalle. È questa l’unica evoluzione sostenibile e non l’utopia di mettere in strada come un lampo valanghe di eccellenti modelli zero emission. Il premier, con il suo buon senso, magari quando il covid sarà solo un brutto ricordo, farà bene a preoccuparsi che non abbiamo ancora fatto nulla per preparare una rete di rifornimento per le vetture elettriche che, fra non molti anni, diventeranno le protagoniste assolute.

Come facciamo ad usare le auto elettriche in autostrada se non ci sono punti dove ricaricarsi? Vuoi vedere che, quando le zero emission costeranno meno delle termiche e le utilizzeranno tutti, gli italiani non potranno diventare totalmente ecologici perché i nostri governanti si sono dimenticati di preparare quello che ormai tutti sanno che è il domani. Un’ultima cosa. Il Presidente del Consiglio farà bene a guardare anche il bilancio dello Stato, sicuramente un diretto interesse del primo ministro più di tante altre cose.

Se il mercato manterrà quello che promette, e a fine anno si avvicinerà più al milione di unità che ai due (nel 2007 le immatricolazioni con bonus furono 2,5 milioni!), per le casse dell’erario saranno dolori veri e non è qui il caso di ricordare il perché. È sufficiente sottolineare cosa è accaduto nel 1997, quando gli incentivi all’auto, a detta della Banca d’Italia, oltre a svariate entrate fiscali, generarono un aumento del Pil dello 0,4%. Fonti vicine all’esecutivo sostengono che Conte qualcosa farà.

 

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Martedì 19 Maggio 2020 - Ultimo aggiornamento: 23-05-2020 12:53 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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