Non è un buon momento. Il dibattito sul futuro dell’auto resta acceso, ma arrivano i numeri di un presente alquanto allarmate. Ieri la Fim-Cisl ha reso pubblico il rapporto della produzione di veicoli nel corso del primo trimestre in Italia ed i dati non possono che suscitare preoccupazione. Da gennaio a fine giugno sono stati prodotti da Stellantis nella Penisola 303.510 veicoli, il 25,2% in meno rispetto al semestre del 2023 quando la produzione raggiunse le 405.870 unità. Il tanto dibattuto target di un milione di esemplari a fine decennio, più che avvicinarsi, si allontana. A fine anno la produzione dovrebbe superare di poco il mezzo milione di unità rispetto alle oltre 750 mila del 2023.
I sindacati chiedono al governo di rispettare l’impegno di convocarli entro metà luglio in modo da definire impegni a garanzie per un settore in notevole affanno. Salta subito all’occhio una tendenza molto chiara. La contrazione proviene tutta dalle autovetture, perché i commerciali tengono bene, anzi fanno leggermente meglio. Sulle auto è un vero disastro. Le fabbriche hanno sfornato 186.510 vetture, il 35,9% in meno che nel passato esercizio. In soldoni, la torta si è ridotta di oltre un terzo. I mezzi da lavoro, invece, hanno messo in cassaforte 117.000 unità, il 2% in più dell’anno scorso.
I commerciali vanno forte, Stellantis è di gran lunga il primo gruppo del comparto in Europa e l’offerta è alquanto apprezzata. L’impianto di Atessa, incaricato delle forniture, realizza veicoli per tutti i marchi del gruppo, da Peugeot a Citroen, fino ad Opel. Per questo motivo l’impianto abruzzese ha un saldo positivo come volumi e un fatturato di rilevo poiché questi veicoli hanno un costo unitario importante. L’altro stabilimento che ha segno positivo è Pomigliano d’Arco, in Campania. La fabbrica si occupa di realizzare la Panda, la vettura più amata dagli italiani. Anche perché è compatta ed ha un prezzo accessibile.
La piccola Fiat, solo in Italia, a fine giugno aveva registrato quasi 65 mila consegne, il doppio del secondo modello in classifica, in crescita di oltre il 20% rispetto al 2023. Le altre fabbriche sono tutte in deficit, con Mirafiori in maglia nera. Lo stabilimento piemontese ha accusato una contrazione del 63%, il gran parte dovuta all’imprevisto calo della domanda dei modelli in linea. Non è difficile puntare il dito sull’andamento del mercato elettrico che ha subito diverse turbolenze, non ultima la questione cinese.
Lo storico impianto, che dal 2026 produrrà la 500 ibrida, era concentrato quasi totalmente sulla 500 elettrica, un’offerta che nel nostro paese non è mai decollata. In più, in Europa, sono arrivati diversi concorrenti facendo abbassare le richieste. Per questo l’impianto starà fermo quasi fino alla fine di agosto, perché il periodo di ferie è stato anticipato della cassa integrazione. A Melfi (-57,6%) e a Cassino, invece, il calo era in parte previsto perché sono in corso i lavori per istallare le due nuove piattaforme (Medium e Large) native elettriche (STLA) di Stellantis che daranno vita a diversi nuovi modelli zero emission.
Ad onor del vero tener conto solo delle unità non è completamente indicativo perché fra citycar e modelli premium a volte c’è una differenza enorme in ore di lavoro, fatturato e margine realizzato. L’azienda ha replicato dicendo di essere consapevole delle difficoltà attuali: «L’Italia è al centro della nostra attenzione, gli investimenti in tutti gli impianti sono a testimoniarlo. L’ambizione condivisa con il governo di produrre un milione di veicoli l’anno nel 2030 resta in campo e siamo sempre disponibili e siamo sempre pronti a confrontarci con tutte le parti coinvolte».