Se in Europa minaccia tempesta, in Italia non è certo sereno. Momenti duri per l’automotive che non riesce a ritrovare la strada. E le previsioni vanno di male in peggio. In questi giorni il boccino a Bruxelles, ma nel nostro paese la situazione è tesa. Era tempo che le aspettative non erano tanto basse. E ieri i sindacati hanno annunciato uno sciopero di otto ore per il 18 ottobre. Si asterranno dal lavoro i dipendenti di Stellantis, l’azienda più esposta, l’unica che produce auto in quantità nella Penisola, insieme a tutti i lavoratori del comparto che ha le gomme sgonfie. Fim, Fiom e Uilm, le tre organizzazioni metalmeccaniche che hanno proclamato l’astensione dal lavoro, hanno annunciato una contemporanea manifestazione a Roma ricordando la drammaticità del frangente.
Lo scorso anno sono stati prodotti in Italia dal costruttore transatlantico 750 mila veicoli, di cui solo due terzi vetture ed il rimanente commerciali. Lo scenario si fa più fosco se si risale di alcuni anni quando Stellantis era Fca e, ancora prima, Fiat. Dal 2007 al 2024 la produzione di auto è scesa del 70%, da oltre 900 mila unità alle poco più di 300 mila che verranno realizzate quest’anno proseguendo con il trend attuale. Del mezzo milione di vetture Stellantis vendute nel nostro paese, meno della metà (225 mila) sono made in Italy. I rappresentati dei lavoratori ricordano le principali criticità: la cassa integrazione continua ad aumentare, nonostante la riduzione della forza lavoro e alcuni ammortizzatori sociali sono in scadenza all’inizio del prossimo anno o, addirittura, alla fine di questo.
Una cifra sintetizza la frenata: mentre si discute l’eventuale possibilità di riportare la produzione complessiva ad un milione di esemplari a fine decennio, la produzione nazionale nel semestre è sprofondata del 36%. Le sigle hanno messo il dito anche sulle necessità dell’indotto e l’urgenza di fare investimenti sulle nuove tecnologie che, per quanto ritardabili, arriveranno. D’altra parte i dati di vendita testimoniano che la situazione e del tutto reale e non si possono produrre veicoli che non trovano un acquirente. In Italia ad agosto il mercato è sceso del 13,4%, Stellantis è indietreggiata del 32,3% con la quota precipitata dal 32% al 25%. Non meglio è andata a livello continentale: mercato totale giù del 16,5%, Stellantis precipitata del 28,7%, con una quota passata dal 16,1% al 13,7%.
Il quadro non è positivo neanche dall’altra parte dell’Atlantico, la vera gallina dalle uova d’oro di Stellantis che fino all’anno scorso filava come un treno producendo la maggior parte dei margini e, quindi, degli utili. Domanda in calo, riduzione dello stock, peggioramento del quadro generale con relativa levata di scudi del potente sindacato automotive Uaw. Il Cda dell’azienda si riunirà il 9 e 10 ottobre proprio negli Stati Uniti per valutare la misure da adottare in Nord America, i concessionari e i rappresentati dei lavoratori hanno entrambi messo nel mirino il ceo Carlos Tavares.
I media internazionali (Reuters, Blooberg e Automotive News) hanno focalizzato sulla posizione dell’ad che ha il contratto quinquennale che si avvicina a scadenza (gennaio 2026). Il presidente Elkann avrebbe già iniziato i sondaggi e la situazione non esclude, ne un cambio anticipato, ne un eventuale prolungamento del contratto. Intanto ieri il titolo ha chiuso in rialzo dell’1,6%, ma è in calo del 49% dai massimi del 25 marzo scorso. E anche la Borsa si chiede quale sarà il futuro dell’ad.