“È chiaro a tutti che il percorso verso l’elettrico» nel settore auto «in Europa si è arrestato. Come emerge dal fatto che chi aveva in programma la realizzazione di gigafactory ha sospeso, e chi le aveva già realizzate ha sospeso la produzione”. Lo dichiara Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, al temine della riunione del Consiglio dell’Unione europea sulla competitività a Bruxelles. Per Urso è necessario affrontare la tematica della decarbonizzazione, “così importante non solo per l'auto ma per l'industria europea, con una visione strategica e con coerenza in tutti i dossier”, applicando la stessa logica di pragmatismo a ogni tassello del mosaico. È per questo, spiega Urso, che l’Italia durante i lavori ha supportato il documento sulle batterie, presentato dalla Svezia, che invita a garantire il futuro della produzione di batterie in Europa (nel contesto della crisi del campione di batterie Northvolt) e ad evitare di dipendere dalla Cina per soddisfare il fabbisogno della transizione verde.
Per fare questo e altro occorre una politica industriale olistica, continua Urso, che includa una politica energetica (“noi oggi siamo manifestati favorevoli ad ogni forma di tecnologia che consenta di rispettare l'ambiente, di garantire la sovranità energetica europea”) e investa “risorse significative, anche comuni, sugli investimenti delle imprese, quindi sulle batterie elettriche e sulla tecnologia green e sulla loro competitività”, seguendo l’esempio degli Stati Uniti. “Ultimo tassello: una politica commerciale che ci tuteli la concorrenza sleale. Non si risolvono i problemi con i dazi che sono il segnale d'allarme. Si risolvono affrontando alle radici e realizzando nelle fondamenta una politica industriale europea, come fanno gli altri grandi attori”. Da una parte gli Stati Uniti, dall'altra la Cina e l'India, “che stanno superando le capacità competitive del nostro continente”, conclude Urso.
Nell'Unione Europea, «ogni giorno che si perde» per decidere come muoversi, «si accumulano ritardi rispetto agli altri grandi attori e alle loro imprese», e di conseguenza, a mano a mano che passa il tempo, «costa di più recuperare i ritardi» che si accumulano nei confronti di grandi player come Cina e Stati Uniti d'America, che sono in grado di agire rapidamente. Lo sottolinea il ministro delle Imprese Adolfo Urso, a Bruxelles a margine del Consiglio Competitività. Per Urso, in Europa, specie nel settore auto, «la realtà incombe», come dimostra «l'annuncio di diverse case automobilistiche europee, di chiusura di stabilimenti e di licenziamento di decine di migliaia di operai. E' chiaro a tutti che non si può perdere tempo. Quando l'ex premier Mario Draghi presentò al Parlamento Europeo le linee guida di quello che poi sarebbe stato il report sulla competitività, fece un esempio molto significativo. Riguardava l'ammontare delle risorse che sarebbero state necessarie per recuperare competitività rispetto agli Stati Uniti e alla Cina.
In quella sede, in giugno, individuò in 500 miliardi di euro l'anno, per i prossimi 10 anni, l'importo necessario, tra capitale pubblico e capitale privato, per far recuperare competitività al nostro sistema produttivo». «Da giugno a settembre - nota - quella cifra è aumentata a 800 miliardi di euro l'anno. Voglio dire che gli altri attori, gli Stati Uniti, la Cina, l'India, si muovono con una velocità tale e una capacità di indirizzo che ogni giorno che perdiamo a interrogarci su cosa dobbiamo fare, si accumula il nostro ritardo rispetto agli altri. Per questo ci aspettiamo che Ursula von der Leyen ponga il settore delle auto, e comunque la necessità di coniugare la politica industriale con quella ambientale e con quella strategica dell'Unione Europea, al primo punto nella elaborazione del programma» della nuova Commissione, conclude.