Fiat, Panda ora è Pandina e scatena una rivoluzione. La vettura più amata dagli italiani darà vita ad una famiglia di modelli
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Come voluto dall’azionista Veba, socio di minoranza di Fiat in Chrysler, l’azienda di Auburn Hills ha presentato richiesta per la quotazione in borsa a Wall Street. È il primo passo di un iter che non piace a nessuna delle due parti e che comporta dei rischi per il gigante risanato.
Gli obiettivi del Lingotto e del fondo controllato dal sindacato americano Uaw, infatti, coincidono perfettamente. Fiat vuole la quota Veba per fondere le due società già fortemente integrate sul piano industriale e organizzativo. Veba vuole vendere la propria quota (41,5%) per fare liquidità.
Le due parti non sono d’accordo sul prezzo, cioè sulla valutazione data alla società, tanto che alcune tranche il cui importo doveva essere stabilito da un contratto sono finite in tribunale. L’Ipo, senza dubbio, rallenta la fusione. Il piano di Marchionne prevedeva prima questo passaggio e poi lo sbarco a Wall Street del nuovo Gruppo. Per questo molti analisti sostengono che la richiesta di Ipo sia solo un modo per alzare ulteriormente la tensione della trattattiva e strappare un prezzo più alto.
Fiat ha detto chiaramente che lo sbarco in borsa potrebbe comportare «rischi per l’Alleanza», ma anche Chrysler ha riconosciuto i grandi benefici avuti dal matrimonio con Fiat, molti dei quali devono essere ancora concretizzati. Al di là dei problemi fra le due aziende, per Veba c’è anche il rischio che la quotazione di un flottante limitato potrebbe causare forti sbalzi e penalizzare la quotazione.
Nelle 393 pagine del dossier presentato non si parla nel del numero delle azioni da vendere nel del prezzo, banca capofila dell’operazione è la JP Morgan. Standard & Poor’s, per il momento, non ha ritoccato rating e outlook di Chrysler, mentre è stato annunciato un ulteriore ritardo dello sbarco dell’Alfa in America. A Melfi, intanto, sono ieri ufficialmente rientrati i tre operai della Fiom che erano stati licenziati nel 2010.
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