Da sinistra, John Elkann, Mario Monti e Sergio Marchionne danno il via ai lavori nello stabilimento di Melfi

Fiat, il rilancio delle fabbriche italiane:
a Melfi il primo tassello di Marchionne

di Giorgio Ursicino
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MELFI - Riparte fabbrica Italia. Non è il piano Fiat del 2010 ritirato oltre un anno fa e del quale Marchionne non vuole più sentir parlare. È il nuovo corso del Lingotto, annunciato agli analisti lo scorso 30 ottobre dopo la trimestrale che ieri è partito ufficialmente nello stabilimento di Melfi. Il presidente John Elkann e l’ad Sergio Marchionne, alla presenza del presidente del Consiglio Mario Monti, hanno illustrato alle autorità locali e ai dipendenti il futuro dell’impianto, un tassello fondamentale per il successo della strategia Fiat. «Investiremo oltre un miliardo per ristrutturare completamente questa fabbrica che in venti anni ci ha dato tante soddisfazioni - ha spiegato il manager che guida Fiat e Chrysler - e dal 2014 produrremo due nuovi modelli, uno con il marchio italiano l’altro con quello Jeep, che saranno venduti su tutti i mercati del mondo».

Oltre l'Europa.
Le due novità nasceranno dalla piattaforma Small Wide, una delle tre sulle quali si baserà gran parte della produzione dell’alleanza Torino-Detroit. Entrambe faranno parte della tipologia Suv-Crossover, in grande crescita in tutto il mondo e soprattutto una di quelle che tiene meglio nel mercato europeo in grande difficoltà. La Fiat sarà la 500X, un’ulteriore evoluzione della celebre famiglia che andrà a presidiare l’area del tempo libero e della sportività. La Jeep, invece, sarà perfettamente in linea con il Dna del brand Usa di cui diventerà il modello più piccolo della gamma. «Come tutti i modelli Jeep - ha proseguito Marchionne - sarà venduto in tutti i continenti e, fino a che la capacità installata sarà disponibile, verrà prodotto solo a Melfi».

La svolta premium.
L’ad del Lingotto evidenzia il nuovo approccio reso possibile solo dalla scelta coraggiosa di entrare in Chrysler e da quella altrettanto audace di ritardare o addirittura annullare gli investimenti sui modelli di massa per virare verso prodotti premium che garantiscono più fatturato e più redditività e, soprattutto, risentono meno del calo delle vendite. «Il motivo per cui oggi possiamo intraprendere questa strada - sottolineato il manager - è perché l’unione con Chrysler ci ha reso una realtà industriale profondamente diversa rispetto a 3 anni fa. Fiat si è aperta all’estero, in maniera fondamentale e irreversibile, oggi possiamo contare su mercati che ci erano preclusi e sui quali invece ora abbiano grandi opportunità. Non guardiamo più solo in Europa, ma anche fuori dall’Europa e sono proprio quelle realtà che in questa fase rendono la nostra azienda forte e strutturata».

L'ora del rilancio.
Marchionne ha confermato che il quinto anno di fila di mercato europeo in calo porterà Fiat a perdere nel 2012 circa 700 milioni dalle attività nel Continente. Nonostante questo il Gruppo avrà un utile della gestione ordinaria di 3,8 miliardi di euro e un utile netto superiore a 1,2 miliardi: «Ma non si può continuare a perdere, bisogna fare delle scelte anche coraggiose. Quando ci siamo fatti da parte rifiutando di investire in piani suicidi e di non partecipare alla guerra dei prezzi è stata una scelta, ora è il momento di ripartire. Le nostre competenze e la nostra tradizione ci consentono di inserirci nelle fasce delle vetture di prestigio, è questa la nostra sfida e il rilancio di Melfi è solo il primo passo». Il manager ha annunciato che entro il 2016 negli impianti italiani arriveranno 17 modelli completamente nuovi e ci saranno 7 aggiornamenti di prodotto significativi: «Già nei prossimi 24 mesi la produzione aumenterà in modo significativo e nel giro di 3-4 anni vogliamo dare pieno impiego a tutti i nostri lavoratori raggiungendo finalmente il pareggio anche in Italia e in Europa».

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Venerdì 21 Dicembre 2012 - Ultimo aggiornamento: 06-04-2016 11:42 | © RIPRODUZIONE RISERVATA