Il titolo Fca in Borsa

Fca, scatto a Piazza Affari: +2,5% a 7,67 euro. Partono scommesse su aiuti a settore

di Giorgio Ursicino
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MILANO - L’auto ha le gomme a terra, il mercato ha abbassato la saracinesca. Serrata. L’industria automotive è così globale che la pandemia ha fermato la produzione dell’intero pianeta. Ogni fabbrica utilizza qualche componente fornito da un impianto dall’altra parte del mondo e, se manca un ingranaggio, si blocca tutto. Fermare un gigante del genere fa venire i brividi. Un apparato che mette in strada più di 300 mila veicoli al giorno, dà lavoro a decine di milioni di persone e genera un fatturato enorme.

È per questo che i costruttori, per non smontare le proprie aziende in questa infausta fase, hanno bisogno ciascuno di miliardi di liquidità, parte proveniente da risorse proprie (con l’aiuto di linee di credito), altra garantita dai governi dei paesi che ospitano le loro fabbriche. Un puzzle complicatissimo che alimenta la catena con precisione assoluta: acquisti, fornitori, logistica, trasporti. In fondo, l’assemblaggio è solo la punta dell’iceberg di un meccanismo straordinario. Riaccendere il motore di una locomotiva tanto grande non è uno scherzo, è come far ripartire un altoforno siderurgico o il propulsore di una super petroliera. Ma, siccome tutto andrà bene, è certo che è solo questione di tempo e gli strateghi delle varie Case lavorano giorno e notte alle varie ipotesi sul tappeto. Quando avverrà la rimessa in moto? Sarà immediata o progressiva? Qualcuno più ottimista pensa addirittura di recuperare tutto il raccolto perduto. Un interrogativo più concreto, però, incombe sullo scenario della mobilità. Il settore recentemente ha intrapreso un cambio di direzione epocale, lo shock del virus avrà un ruolo sulla gigantesca svolta?

Una probabile recessione mondiale lo rallenterà o la doccia fredda farà da acceleratore come avviene quasi sempre dopo le grandi catastrofi? Troppo presto per azzardare risposte. Una cosa, però, si può fare: dare un’occhiata ad alcuni numeri emersi prima del coronavirus che, quando le giostra girava a tutto gas, passavano in secondo piano. Numeri “piccoli” in termini assoluti, ma che possono essere significativi, indicare la direzione di una tendenza, misurare la temperatura del cambiamento.

Il tema, manco a dirlo, è la mobilità elettrica. La protagonista è Tesla, il brand che voleva diventare il simbolo della rivoluzione ecologica e, come in una favola, ci sta riuscendo (le scorse settimane ha prodotto il milionesimo esemplare), superando marchi con una tradizione secolare alle spalle che sono scesi in campo con assoluta decisione. Tesla è il brand del momento, “3” il modello sotto i riflettori, l’auto che ha avuto un successo superiore alle aspettative nonostante il prezzo non proprio economico: la Model 3 punta alla parte più alta di un segmento premium nel quale sta emergendo per tecnologia, qualità e status. Partiamo dall’ultimo dato, fresco fresco. Talmente incredibile che sembra uno scherzo.

È chiaro che, con il lockdown, l’andamento delle immatricolazioni nel mese di marzo in Italia ha valore zero: numeri talmente anomali e irrisori che possono essere influenzati da infiniti fattori, quindi da prendere con le molle. Ma è un fatto e, in quanto tale, va registrato. Nell’ultimo mese, con un mercato in calo dell’85,4%, le vendite di auto elettriche sono aumentate del 48,9%, raggiungendo una quota tutt’altro che insignificante del 3,2%. La crescita è ancora più forte se si esclude il noleggio in quanto raggiunge il 65,8%.

Per amore di verità, è bene riportare anche il risultato del trimestre, sicuramente meno influenzato dall’assedio del nemico invisibile: le auto esclusivamente a batterie hanno rappresentato l’1,5% del totale, 5 volte la quota dello scorso anno che era dello 0,3. Una percentuale ancora inferiore alla media mondiale (ma non eravamo il paese leader nei motori?) dove nel 2019 sono state vendute 2,2 milioni di “auto con la spina”, il 75% delle quali “full electric”. Ebbene, ecco qui il piccolo record che, guardandolo dal futuro, può essere una pietra miliare: la Model 3 è emersa come l’auto più venduta in assoluto del segmento D, davanti a rivali che di solito dominano la classe come la Tiguan, la Q3, la X1, la Stelvio e la Rav4. Logico che sia stata anche l’elettrica più richiesta, con volumi quasi tripli rispetto alla seconda e superiori ad un terzo del totale. La Tesla “piccola”, a marzo, ha raggiunto il 25° posto nella classica assoluta precedendo best sellers come Yaris, Compass e 500L.

C’è da dire che la Tesla ha altri due modelli (Model S e Model X) in listino che presidiano il segmento F (le auto di lusso) dove sono presenti Porsche, Ferrari, Maserati, Jaguar, Mercedes, Audi, Lamborghini e si è messa alle spalle quasi tutte le vetture equipaggiate con motori termici o ibridi, sia nel mese che nel trimestre: S prima e X terza a marzo, S terza e X quarta nel cumulato. Fin qui il gioco, perché l’Italia può essere presa a riferimento per tutto meno che per le auto elettriche.

I vari governi nell’ultimo periodo (a differenza di altri paesi) non hanno preso in considerazione la necessità vitale di avere una capillare rete di ricarica in una fase in cui tutti i costruttori del globo hanno imboccato la svolta ecologica basata sulle auto con la spina.

Il risultato è che da noi le vetture elettriche quasi non possono essere utilizzate fuori città, sono addirittura “bandite” dalle autostrade dove non esistono colonnine. Il tutto mentre gli attuali gioielli, sia per autonomia che per velocità di ricarica, sono già ora delle ottime “viaggiatrici”. La triste conseguenza è che le principali Case non ci considerano un mercato di “prima fascia” per la mobilità sostenibile e da noi lanciano i modelli zero emission in seconda battuta, preferendo smaltire nel nostro paese (non certo per scelta loro) veicoli con tecnologia “scaduta”.

Veniamo ad un rapido volo (virtuale perché il virus ha atterrato quasi tutti gli aerei) all’estero dove i numeri evidenziano con più consistenza lo spessore del fenomeno Tesla. Non è qui il caso di ricordare il genio dello scienziato austro-ungarico Nikola in onore del quale è stata battezzata l’azienda.
O che, prima del coronavirus, la società guidata da Elon Musk ha toccato valori record a Wall Street (capitalizzazione oltre 150 miliardi), secondi solo a quelli della Toyota. Lo scorso anno, la start up californiana ha centrato in pieno l’obiettivo di dominare il mercato dell’inquinamento zero vendendo 367.200 vetture, il 40% in più delle 244.920 del 2018 e più del triplo rispetto al 2017 (senza Model 3), quando fu superata di poco la barriera delle centomila consegne (103.020).

Quello casalingo resta il primo mercato, ma la Model 3 è amatissima dagli esigenti automobilisti europei ed ora sbarca in Cina (oltre 10 mila Tesla consegnate a marzo, un terzo delle vendite elettriche, su un mercato totale in calo del 40%), il supermarket più elettrificato del globo dove Musk ha da poco inaugurato una Gigafactory a Shanghai (250 mila unità l’anno). Se non ci fosse stato il virus, quest’anno avrebbe superato il mezzo milione di immatricolazioni. Ma a marzo, in piena pandemia mondiale, ha segnato il miglior mese della sua giovane storia. A livello mondiale la 3 lo scorso anno ha dominato la scena superando le 300 mila consegne, ha preceduto la cinese Baic e la Nissan Leaf che è stata a lungo regina (ha vinto il trofeo di Auto dell’Anno 2011) iniziando la sua avventura nel 2010, quando Tesla armeggiava ancora con la fabbrica di Fremont (ex GM-Toyota, 500 mila auto l’anno).

Negli Stati Uniti, la Model 3 è entrata nella top ten assoluta lo scorso novembre, subito dietro a vetture che costano la metà ed ha chiuso l’anno a circa 150 mila consegne che gli sono valse la prima posizione assoluta nel segmento delle berline premium davanti a Bmw, Mercedes, Audi e Lexus. Ancora meglio gli affari vanno in Europa dove nel mese è stata la vettura più richiesta in Olanda e Norvegia e lo scorso dicembre si è arrampicata sul podio continentale dietro Golf e Clio, ma davanti a modelli come Kuga, Polo, 208 e Qashqai, tutte equipaggiate con motori termici e, quindi, meno costose. Dal prossimo anno, quando sarà pronta a Berlino Gigafactory 4, la prima di Tesla nel Continente, con 4 miliardi di investimento e una produzione di 150 mila auto l’anno, l’ascesa diventerà più vertiginosa.

Due semplici esempi di come le Tesla siano auto di altro mondo, le testimonial perfette della mobilità elettrica, imparagonabili alle rivali con motore a scoppio. La Model 3 costa da 49.500 euro a 64.590, supera i 260 km/h, accelera da 0-100 in 3,4 secondi (come un supercar) e ha un’autonomia di oltre 500 km. La Roadster, di cui stanno per iniziare le consegne, è l’“auto più veloce del mondo”: top speed oltre 400 km/h, 0-100 in 1,9 secondi (pazzesco) e autonomia di 1.000 km. Il prezzo? Un affare. Visto quello che è capace di fare, poco più di 200 mila euro.

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Martedì 14 Aprile 2020 - Ultimo aggiornamento: 17-04-2020 14:43 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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