Luca di Montezemolo e Sergio Marchionne

Ferrari, blitz di Marchionne a Maranello:
verso il divorzio con Montezemolo

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Il giorno dopo il disastro Ferrari a Monza e le dure parole sul presidente del Cavallino, Luca di Montezemolo, l'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne va a Maranello. Il motivo ufficiale è il consiglio di amministrazione di Philip Morris, convocato nella sede della Rossa di cui la multinazionale è sponsor. Nessuno conferma dell'incontro con Montezemolo.

Di certo si sa che il presidente della Ferrari - per il quale si è più volte prospettata la nomina a capo della nuova Alitalia-Etihad, nata con la sua mediazione - è anche lui lì, a Maranello. Trascorre l'intera giornata a occuparsi del Cavallino: incontra i piloti Fernando Alonso e Kimi Raikkonen, vede sei collezionisti di auto storiche per un progetto sulle Ferrari classiche.

Quando arriverà il divorzio, dopo l'evidente rottura, non si sa ancora. È possibile che Marchionne e Montezemolo, se l'incontro c'è stato, abbiano concordato tempi e modi. Il primo appuntamento in agenda è il cda del Cavallino Rampante, convocato giovedì per esaminare i conti del primo semestre. Numeri da record che stridono con le polemiche sulla gestione della Ferrari, ma Marchionne a Cernobbio è stato chiaro: «La cosa importante per la Ferrari non sono soltanto i risultati economici ma è vincere e sono sei anni che facciamo fatica». L'allusione è alla lunga serie di sconfitte in Formula 1, nessun titolo mondiale dal 2008.

Non si sa se Montezemolo si dimetterà o se tutto sarà rinviato al cda Fiat di fine ottobre. Non si sa neppure che cosa succederà dopo: se sarà Marchionne ad assumere la presidenza della Ferrari, forse l'ipotesi più plausibile, o se sarà individuata un'altra soluzione. Non trovano invece riscontro le voci secondo le quali potrebbe essere John Elkann a sostituirlo.

I rumors sulla possibile uscita di scena di Montezemolo, dopo 23 anni alla Ferrari, 14 titoli mondiali, di cui 8 costruttori e 118 vittorie nei Gran Premi, si rincorrono da tempo. C'è stata l'assenza ad Auburn Hills, quando è stato presentato il piano del gruppo per gli anni 2014-2018, giustificata con impegni nella Formula 1. Poi la mancata conferma nel board di Fca, la nuova società nata dalla fusione fra Fiat e Chrysler che il 13 ottobre debutterà a Wall Street. Anche in questo caso con una spiegazione - quota rosa e quota di consiglieri indipendenti da rispettare - ma neanche una parola di ringraziamento, nonostante il legame storico con la Fiat e con la famiglia Agnelli.

Il motivo della rottura è da ricercare nella strategia diversa sul futuro della casa di Maranello: lo stesso Montezemolo ha parlato della «fine di un'epoca» e di «una Ferrari americana».

Ieri a Cernobbio Marchionne, parlando dell'ipotesi di un avvicendamento alla guida della casa di Maranello, di cui si parla con insistenza da giorni, aveva detto che «nessuno è indispensabile». Tanto più, ha sottolineato, se si guarda ai risultati in Formula Uno, dove il Cavallino Rampante non vince da sei anni.

L'addio di Stefano Domenicali, lo scorso aprile, non ha infatti dato una svolta alla stagione della Ferrari, partita male con una F14T palesemente inferiore alle avversarie, ma con il passare dei mesi il nuovo team principal, Marco Mattiacci, e gli interventi sul settore tecnico non hanno cambiato le cose. Ora il disastro di Monza, doloroso quanto annunciato, si è combinato con l'affondo di Marchionne contro Montezemolo, aprendo scenari non inattesi ma comunque al momento di difficile lettura. Un possibile anno zero che coinvolge non solo i vertici della società, ma anche la scuderia, compresi tecnici e piloti.

Molto Mattiacci ha cambiato e sta cambiando tra i tecnici: via veri o presunti colpevoli, progetto 2015 affidato in toto a James Allison, caccia a nuove teste per sviluppare i sempre più complicati componenti di una monoposto di Formula 1.

Se il settore tecnico di Maranello è già un mondo in evoluzione, c'è all'orizzonte, pur non immediato, anche la questione piloti. Fernando Alonso appare indispensabile se si vuol risalire, ma se anche dice di voler restare quanto resisterà senza poter appagare la sua fame di vittorie? Kimi Raikkonen non ha dato l'apporto sperato e comunque lascerà a fine 2015. Anche su questo versante, quindi, c'è un dossier caldo che un eventuale nuovo capo della Ferrari dovrà aprire.

L'attacco di Marchionne ieri è arrivato all'indomani delle parole del numero uno della Ferrari, che a a Monza aveva detto di aver dato la sua disponibilità a rimanere per un altro triennio a Maranello, dove è presidente dal 1991. Marchionne non solo ha stigmatizzato le dichiarazioni, ma ha replicato ai buoni numeri di bilancio citati da Montezemolo attaccandolo sui risultati sportivi: «La cosa importante per la Ferrari non sono soltanto i risultati economici ma è vincere e sono sei anni che facciamo fatica», ha detto il capo della Fiat. «Sono due le parti della realtà Ferrari che sono importanti per noi come azionista e per noi come azienda: la prima sono ovviamente i risultati economici, i volumi, cosa su cui Luca ha fatto un grandissimo lavoro e gli faccio i miei complimenti. L'altra è la gestione sportiva», ha affermato il manager.

«Io e Luca siamo grandissimi amici ma quando leggo le dichiarazioni sono cose che non avrei mai detto io su me stesso. Io mi considero naturalmente essenziale ma so benissimo che sto al servizio dell'azienda. Quindi crearsi posizioni, illusioni che siamo al di fuori delle regole, al di fuori della dipendenza che esiste tra azienda e amministratore delegato sono cavolate, non esistono», ha detto ancora Marchionne.

«Il cuore di Ferrari - ha sostenuto ancora - è quello di vincere in Formula1 e io sono un tifoso da anni. Vedere la Ferrari in queste condizioni avendo i migliori piloti, box di una qualità eccezionale, ingegneri che sono veramente bravi, vedere quel sistema lì e vedere che non vinciamo dal 2008...», sono state le parole di Marchionne.

Del resto l'azienda di Maranello è sempre più integrata nel gruppo Fiat Chrysler, pronto a trasformarsi in Fca e a sbarcare a Wall Street il 13 ottobre, dopo aver trasferito sede fiscale a Londra e legale ad Amsterdam. Di conseguenza, ci sta che Marchionne voglia prendere in mano anche le redini della controllata Ferrari (la Fiat ha il 90%, il resto è di Piero Ferrari).

«L'abbiamo fatta gestire da Luca per un periodo per due ragioni», ha ricordato ancora Marchionne citando, accanto ai risultati in Formula Uno, «l'indipendenza della Ferrari: anche per quanto riguarda il prodotto e il posizionamento della Ferrari del mercato era importante che si separasse dalla Fiat».

Detto questo, ha proseguito ancora Marchionne, vale «per me e vale per lui come per tutti gli altri: noi siamo al servizio dell'azienda. Quando l'azienda cambia idea o per lo meno non c'è più la convergenza di obiettivi le cose cambiano». A maggior ragione se si tiene conto che «la parte essenziale di quello che noi facciamo è presentare una Ferrari vincente in Formula1. È un obiettivo assolutamente chiaro e non possiamo accettare una situazione diversa».

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Lunedì 8 Settembre 2014 - Ultimo aggiornamento: 30-09-2014 16:21
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