
Green Box: la rivoluzione nella mobilità sostenibile vista dal Politecnico di Milano e Unipol
Nel dibattito sempre più acceso sulla mobilità del futuro, tra pressioni ambientali e transizione tecnologica, emerge un'idea che promette di cambiare le regole del gioco: la Green Box. Non si tratta di un nuovo modello di auto elettrica né di una soluzione futuristica lontana anni luce dalla realtà quotidiana. Al contrario, la Green Box è una tecnologia già disponibile, semplice da implementare e dal potenziale enorme, tanto da poter ridefinire il concetto stesso di mobilità sostenibile. A presentarla è stato il professor Sergio Savaresi del Politecnico di Milano, in occasione dell'Urban Mobility Council 2025 tenutosi a Roma, proponendo un approccio inedito basato sulla responsabilità individuale e sull'uso intelligente dei dati.
Sviluppato in collaborazione tra UnipolTech e il Politecnico di Milano, alla base della Green Box c’è un'idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: non giudicare un’auto solo per la sua classe Euro 0 per la tecnologia con cui è equipaggiata, ma valutare concretamente quanto inquina nel suo reale utilizzo. Una rivoluzione che parte da un dispositivo telematico dotato di GPS e sensori inerziali, facilmente installabile su qualsiasi veicolo, in grado di raccogliere e analizzare dati come chilometraggio, velocità, accelerazioni e decelerazioni. Da queste informazioni si ricavano stime estremamente accurate delle emissioni di CO2, NOx e PM10 prodotte da ogni singolo veicolo. Si passa così da un approccio statico, basato su classificazioni generiche, a un sistema dinamico, personalizzato e oggettivo, in cui ogni cittadino conosce il reale impatto ambientale del proprio stile di guida.
Il concetto di “vehicle-centric sustainability” diventa così centrale. L'attenzione si sposta dall'auto in sé al suo utilizzo, introducendo l’idea di un “budget annuale” di emissioni. Per esempio, un’auto termica può essere ammessa alla circolazione a patto che non superi i 2700 kg/anno di CO2, calcolati su una media di 135 g/km per 20.000 km annui. Lo stesso criterio può essere adattato per le ibride plug-in (60 g/km, pari a 1200 kg/anno) e per le elettriche (20 g/km, ovvero 400 kg/anno), tenendo conto anche delle emissioni legate alla produzione di energia elettrica. E proprio da quest’ultimo dato emerge un’ulteriore verità scomoda ma necessaria: anche le auto elettriche, se alimentate con energia non rinnovabile, hanno un'impronta carbonica tutt’altro che trascurabile. In Italia, con una media di 319g CO2/kWh e un consumo effettivo di 0,18 kWh/km, si arriva a un’equivalente di circa 58 g/km, ovvero 1160 kg/anno per 20.000 km.
L’approccio della Green Box ha il merito di essere non solo scientificamente fondato, ma anche eticamente ed economicamente equo. Grazie alla collaborazione con UnipolTech, sono stati analizzati dati reali provenienti da oltre 11.000 veicoli privati e 25 milioni di viaggi effettuati tra gennaio e settembre 2022. L’analisi ha messo in luce che veicoli anche datati, se guidati con attenzione, possono avere un impatto ambientale simile o inferiore a quello di auto nuove condotte in modo aggressivo. Questo significa che non è necessario, né sostenibile socialmente, imporre la dismissione forzata delle auto più vecchie. Al contrario, si apre la strada a una transizione più graduale e inclusiva, dove anche chi non può permettersi un’auto elettrica nuova può contribuire attivamente alla sostenibilità ambientale.
Non meno rilevante è l'aspetto economico. L’analisi presentata da Savaresi mostra che il cosiddetto “breakeven” tra auto elettrica ed endotermica – cioè il punto in cui i costi totali si equivalgono – si raggiunge solo dopo 8 anni di utilizzo, anche tenendo conto degli incentivi e della minor manutenzione. E questo solo in presenza di un costo dell’energia relativamente basso. In un contesto di incertezza economica e instabilità dei prezzi, la Green Box diventa uno strumento di razionalizzazione delle scelte, permettendo agli individui di prendere decisioni informate e sostenibili senza imposizioni esterne.
Infine, l'introduzione della Green Box segna un cambio di paradigma anche sul piano politico. Le attuali politiche basate su restrizioni assolute (come i blocchi per le classi Euro più vecchie) rischiano di penalizzare ingiustamente chi, pur disponendo di mezzi datati, utilizza l’auto in modo limitato e responsabile. Con la Green Box, invece, si può costruire un sistema che premia i comportamenti virtuosi e permette di modulare le restrizioni in modo più intelligente e flessibile. L'obiettivo della Commissione Europea di ridurre del 90% le emissioni dei trasporti entro il 2050 non è più una chimera, ma un traguardo realistico, se accompagnato da strumenti adeguati e da una nuova cultura della mobilità.
In definitiva, la Green Box rappresenta molto più di un dispositivo tecnologico: è una visione alternativa della mobilità, fondata su dati oggettivi, responsabilità personale e inclusività sociale. È una proposta concreta per rendere sostenibile la transizione ecologica senza escludere nessuno, puntando su ciò che conta davvero: non tanto che auto guidiamo, ma in che modo e quanto la guidiamo.