L’industria automobilistica cinese frena: sovraccapacità, guerra dei prezzi e margini in crisi
L’industria automobilistica cinese, per anni considerata un modello di crescita e innovazione, sta attraversando una fase critica segnata da squilibri strutturali e pressioni competitive. Il governo ha abbassato le previsioni ufficiali di vendite per il 2025 a 32,3 milioni di unità, meno rispetto ai 32,9 milioni stimati dall’associazione di settore, segnale di cautela in un contesto difficile. Al centro della crisi vi è la sovraccapacità produttiva: molte fabbriche lavorano ben al di sotto del potenziale, mentre la competizione interna sfocia in una guerra dei prezzi che erode margini e mette in difficoltà anche i campioni nazionali.
BYD, leader negli EV, ha ridotto turni e rinviato piani di espansione, avvertendo che oltre 100 dei circa 130 marchi cinesi potrebbero sparire se il trend proseguirà. Com riporta il sito interautonews.com, anche Geely ha parlato apertamente di “seria sovraccapacità” a livello globale. Per contenere il fenomeno, Pechino ha promesso nuove regole per limitare gli sconti eccessivi e favorire uno smantellamento ordinato delle capacità in eccesso, mentre le Case più solide cercano sbocchi all’estero, dall’Europa al Sud-Est asiatico.
In parallelo, il settore si muove sul fronte geopolitico, con un’indagine anti-discriminazione contro i semiconduttori statunitensi. Nel complesso, l’industria cinese dell’auto si trova a un bivio: consolidarsi e rafforzarsi, o rischiare un rapido ridimensionamento dopo anni di crescita da primato.




