La guerra del diesel scuote l'Europa Sono coinvolte tutte le capitali

La guerra del diesel scuote l'Europa, coinvolte tutte le capitali

di Giorgio Ursicino
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ROMA C'era d'aspettarselo. Le onde del sasso lanciato nell'oceano hanno attraversato l'Atlantico, infrangendosi sulle spiagge europee dove il diesel è l'incontrastato re della scena e non un motore di nicchia per pochi appassionati come negli States.

Sarà forse un caso ma, appena le agenzie per l'ambiente americane hanno di nuovo acceso i riflettori sulle emissioni dei motori a gasolio, le campanelle hanno iniziato a trillare a Bruxelles e nelle principali capitali del continente, coinvolgendo Berlino, Parigi e Roma. A Washington come a Tokyo non hanno mai amato il diesel. In Giappone, però, le vendite sono quasi totalmente controllate dai costruttori locali che usano poco il gasolio, mentre gli Stati Uniti sono il secondo mercato del pianeta dopo la Cina, una ricca torta in grado di attirare tutti i giganti del settore. Così si è da tempo scatenata una guerra, o almeno un braccio di ferro, per difendere i diversi approcci e le differenti tecnologie.

UN MOTORE STRATEGICO
Negli States i limiti delle emissioni sono più stringenti e, soprattutto, sono più severe le procedure di omologazione. Quello che può andar bene in Europa è fuori legge in America dove servono dispositivi di trattamento dei gas di scarico e software di gestione più sofisticati e costosi. Ma il villaggio è globale e mediaticamente quello che accade in un continente rimbalza nell'altro riaccendendo polemiche e discussioni. Dopo il caso Volkswagen del 2015 soprattutto nell'Unione Europea c'è stato uno sforzo comune per tenere bassa la pressione poiché al diesel è legata a doppio filo più o meno l'intera industria automobilistica continentale che genera miliardi di Pil e dà lavoro a milioni di persone. Al netto di dispositivi oggettivamente fraudolenti sui quali non si può certo sorvolare, è evidente che non c'è stato accanimento contro il motore a gasolio da parte di nessuno Stato: ognuno ha più o meno difeso con equilibrio l'operato dei propri costruttori dei quali peraltro aveva omologato i veicoli. Le motorizzazioni di tutti i principali paesi negli ultimi 15 mesi hanno effettuato le loro verifiche su tutti i modelli a gasolio circolanti sul loro territorio ma, premesso che non sembra sia stato trovato nessun defeat devices, i risultati dei riscontri sono rimasti rigorosamente riservati. E se venissero fuori delle anomalie sarebbe un problema per tutti. I dati di vendita dell'anno appena concluso non sono ancora disponibili nel dettaglio, ma negli ultimi 25 anni la diffusione del propulsore diesel in Europa Occidentale si è allargata a macchia d'olio passando dal 13,8% del totale mercato nel 1990 al 51,6% nel 2015 (nel 2011 ha addirittura toccato il 55,7%). In Portogallo la quota è vicina al 70%, in Spagna e in Grecia è oltre il 60%, percentuale sfiorata anche da Belgio, Austria e Svezia. In Italia il caso Volkswagen non ha raffreddato l'entusiasmo nei confronti di questo propulsore altamente efficiente e quindi dai bassi consumi ed eccellenti prestazioni (il punto debole sono proprio le emissioni, il PM10 e gli NOX sotto accusa in questa circostanza). E la quota del diesel è salita dal 55,7% del 2015 al 57,4% nel 2016 per toccare il 59% il mese scorso. Il brand di Wolfsburg ha guadagnato quota di mercato incrementando le vendite del 16,8% (+22,6% a dicembre) a fronte di un mercato in crescita del 15,8%.

I CODICI SEGRETI
Se a questa motorizzazione si dovrà in futuro rinunciare (alle porte bussa l'elettrico), è evidente che bisognerà farlo in progressione e con grande attenzione. L'organizzazione della Ue non aiuta a fare chiarezza poiché sono tollerati interventi del software che spingono le emissioni oltre i limiti in fasi transitorie per «salvaguardare la durata e l'integrità del propulsore».

Negli States, se ci sono codici del genere devono essere dichiarati alle autorità competenti, in Europa no, e questa è l'accusa per il momento fatta da Epa e Carb a Fca. I vari stati europei, inoltre, non hanno nessuna autorità di intervento nei confronti di quei costruttori di cui non hanno omologato i veicoli e nemmeno Bruxelles può far nulla al riguardo. La responsabilità dei veicoli Fca è della Motorizzazione italiana che li ha omologati, l'Unione Europea può sanzionare il nostro paese se non avesse effettuato le procedure come previsto dalle direttive.

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Sabato 14 Gennaio 2017 - Ultimo aggiornamento: 16-01-2017 02:15