La gigantesca sede del Chrysler Group ad Auburn Hills

Marchionne ora investe in Canada
Ottawa pronta a dargli una mano

di Diodato Pirone
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ROMA - Cosa succederebbe in Italia se Sergio Marchionne chiedesse una montagna di soldi pubblici in cambio di investimenti? Non è difficile immaginare l'esplosione delle polemiche e la valanga di accuse e di insulti sulla rete e nei talk show. Eppure, senza sollevare scandalo, quello che in Italia molti definirebbero come un "ricatto" sta prendendo forma nell'altra patria del "manager dei due mondi": il Canada.

I giornali canadesi hanno annunciato che Marchionne ha chiesto al governo di Ottawa di accollarsi almeno il 20% del massiccio investimento che Fiat Chrysler ha in programma per ristrutturare la fabbrica di Windsor, nella provincia dell'Ontario, poche decine di chilometri a nordest di Detroit. Si tratterebbe di un investimento gigantesco di oltre 2 miliardi di dollari canadesi pari a circa 1,4 miliardi di euro (la valuta canadese è più debole di quella Usa) che ruoterebbe intorno alla nascita di un centro ricerche nonché alla produzione di più modelli, compreso un minivan da esportare in Europa, con l'obiettivo di dare lavoro per il prossimo decennio agli attuali 4.500 dipendenti diretti e ai 10 mila dell'indotto.

Per farla breve, Marchionne avrebbe chiesto al Canada la bellezza di oltre 400 milioni di dollari pari a circa 270 milioni di euro. Nulla di formale al momento. Ma la trattativa è in uno stadio avanzato come al Windsor Star ha confermato Eric Hoskins, ministro dello Sviluppo della Provincia dell'Ontario. «Stiamo valutando - ha dichiarato il ministro al giornale - Quel che è certo è che non intendiamo perdere un investimento che avrebbe ricadute positive su tutta la nostra filiera dell'automotive». Non è chiaro se Fiat Chrysler chiederà qualche sacrificio anche ai sindacati canadesi. Marchionne al salone di Detroit, a metà gennaio, ha annunciato l'intenzione di aprire una trattativa sindacale con le Unions (che riescono ancora a strappare condizioni lievemente migliori di quelle americane) ma poi non se n'è saputo più nulla.

Probabilmente questo capitolo emergerà più tardi visto che l'inaugurazione della nuova fabbrica di Windsor è fissata per il 2016. Comunque a Detroit Marchionne usò frasi che noi italiani conosciamo benissimo. «Il Canada - disse l'amministratore delegato di FCA - deve porsi la domanda di come diventare più competitivo». Una "provocazione" alla quale sorprendentemente corrisponde un tono collaborativo da parte dei politici canadesi. Come mai? La risposta è semplice: Ottawa sta subendo da anni la pesante concorrenza degli Stati Uniti e del Messico che coprono d'oro le imprese intenzionate a costruire nuovi stabilimenti sul loro territorio.

Gli esempi si contano ormai a decine. La Volkswagen ha ricevuto ben 577 milioni di dollari Usa dallo stato del Tennessee per aprire il suo avanzatissimo stabilimento di Chattanooga. Ormai negli stati meridionali degli Usa, intenzionati a dotarsi di una industria automobilistica forte vista come portatrice di alto valore aggiunto e di molti nuovi posti di lavoro, si contano ben 63 insediamenti produttivi di costruttori giapponesi e di loro "satelliti" della componentistica. La stessa Fiat Chrysler nel 2010 ha ottenuto un prestito di 500 milioni a basso tasso d'interesse dal Messico per ristrutturare la fabbrica di Toluca e installarvi le linee produttive della "500 Usa".

Un altro bel gruzzolo di pesos è stato assegnato ad Auburn Hills per creare altri 1.500 posti di lavoro nello stabilimento di Saltillo che da ottobre produce il ProMster, versione nordamericana del furgone Ducato. Gli incentivi pubblici messicani stanno avendo sui costruttori d'auto lo stesso effetto del miele sulle mosche. In questo momento ben tre produttori giapponesi stanno insediando fabbriche in Messico: Nissan, Honda e Mazda. E anche l'Audi del gruppo Volkswagen, dal 2016, produrrà i propri Suv Q5 in una fabbrica messicana nuova di zecca.

Secondo l'agenzia specializzata in notizie economiche Bloomberg, nel 2014 il Messico esporterà verso gli Stati Uniti circa 1,7 milioni di veicoli e di furgoni superando il Giappone per la prima volta dal 1970 e piazzandosi a ridosso del Canada.Nel 2013 il 19% di tutto il "made in Mexico" è stato coperto da auto e lo stato latino americano ormai veleggia verso una produzione di oltre 4 milioni di veicoli prevista per il 2018, livello impensabile fino a pochissimi anni fa. Ottawa però non intende perdere senza combattere la propria posizione di primo esportatore d'auto verso gli Stati Uniti. Nel 2009 ha partecipato per la propria quota al salvataggio di GM e Chrysler ottenendo poi la restituzione con gli interessi dei soldi pubblici investiti all'epoca.

Più recentemente i canadesi hanno concesso 140 milioni di dollari (guarda caso il 20% dei 700 milioni investiti) alla Ford per rinnovare la fabbrica di Oakville del gigante americano. Quello che i canadesi vorrebbero evitare è un nuovo caso Caterpillar: nel febbraio 2012 il costruttore di bulldozer, dopo due anni di trattative infruttuose, chiuse di botto la piccola fabbrica di London in Ontario per spostarla negli Stati Uniti. Una mossa brutale dopo il rifiuto del sindacato canadese di accettare un taglio del 50% di paghe e benefits. Lo stabilimento fu spostato a Mancie nell'Indiana dove i lavoratori non sindacalizzati accettarono una paga di 12 dollari l'ora (18 per i tecnici) contro i 34 dei colleghi canadesi. Ad Ottawa non restò altro che pagare altri 500 sussidi di disoccupazione.

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Domenica 9 Febbraio 2014 - Ultimo aggiornamento: 12-02-2014 16:22 | © RIPRODUZIONE RISERVATA