Una fabbrica della Volkswagen

Terremoto Volkswagen. L'America accusa:
«Truccati i test antinquinamento».
Il titolo brucia in borsa 13 miliardi di euro

di Giorgio Ursicino
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​ROMA - Terremoto sul gruppo Volkswagen che già nei mesi scorsi aveva attraversato momenti difficili per il duro braccio di ferro fra i suoi più importanti manager, Ferdinand Piech e Martin Winterkorn, rispettivamente il numero uno del Consiglio di Sorveglianza e il presidente del board dell’azienda.

Questa volta il problema è veramente grande e potrebbe avere conseguenze pesantissime per le finanze e l’immagine della più grande società tedesca che fattura 200 miliardi di euro e dà lavoro a 600 mila dipendenti in tutto il mondo. Il gigante di Wolfsburg ha ricevuto un’accusa pesantissima dall’Epa americana, la potente agenzia per l’ambiente Usa che si occupa della salute e della sicurezza dei cittadini.

Per questo in mattinata il titolo del Volkswagen Group è letteralmente crollato alla borsa di Francoforte, perdendo oltre il 22% e scendendo in alcune fasi delle trattative da 162 a 126 euro: in poche ore sono andati in fumo 12,9 miliardi di capitalizzazione,più o meno il valore della Commerzbank tedesca o quello dell’intera Fca. Ironia della sorte, poco meno dell’ingente valore (18 miliardi di dollari) dell’ipotetica “multa” che a Wolfsburg potrebbe essere affibbiata dalle autorità Usa.

L’accusa è tanto dura quanto inedita, va oltre i normali richiami per i problemi ai veicoli che pur negli States si traducono in costi salatissimi per i costruttori. Secondo l’Epa e la Carb californiana, la società tedesca avrebbe deliberatamente progettato alcune vetture per aggirare le normative antinquinamento per poi venderle sul mercato nord americano. Una procedura che, oltre a frodare i consumatori, potrebbe nuocere alla salute di tutti i cittadini e a questo aspetto gli americani tengono moltissimo.

L'indagine penale. Volkswagen sarebbe dunque al centro di un'indagine penale negli Stati Uniti per lo violazione delle norme anti smog. La conferma arriva dall'agenzia Bloomberg, secondo le quali l'indagine riguarderebbe l'ammissione delle violazioni da parte di Volkswagen.

Il numero uno operativo dell’azienda Martin Winterkorn ha parlato attraverso un comunicato ufficiale: non ha ammesso pubblicamente la frode, ma ha dichiarato di guardare con grande attenzione alle accuse, ha nominato una commissione d’indagine esterna e si è messo a disposizione di Washington per chiarire il più rapidamente possibile e nel modo più chiaro l’accaduto. Poi si è scusato con i clienti e con tutti i consumatori che, secondo lui, restano il riferimento principale di Volkswagen.

Sono state immediatamente bloccate le vendite sul mercato Nord Americano delle vetture incriminate, sia di quelle nuove che di quelle usate, anche se per il momento l’Epa non ha ordinato alcuna azione di richiamo e non ha ipotizzato l’entità delle sanzioni (recentemente per problemi legati ai richiami Toyota ha dovuto pagare 1,2 miliardi e General Motors 900 milioni). Il problema riguarda 482 mila vetture vendute in America dal 2009 a quest’anno dei modelli Passat, Jetta, Maggiolino e Audi A3, tutte equipaggiate con propulsori turbodiesel.

Secondo l’accusa i progettisti di Wolfsburg avrebbero messo a punto un software della centralina del propulsore che in condizione di utilizzo normale eludeva i limiti di emissioni che tornavano operativi durante le procedure di omologazione o di controllo. La cosa è particolarmente grave poiché gli americani sono da sempre scettici sul motore a gasolio proprio per i problemi di emissioni e Volkswagen voleva utilizzare questo motore per penetrare il mercato Usa dove non ha mai avuto un ruolo primario.

Il problema si è subito spostato sul piano politico, dagli Stati Uniti sono arrivate accuse pesantissime, mentre in Germania c’è il timore che il caso possa coinvolgere l’intera industria tedesca che ha sempre fatto del diesel un suo asset privilegiato. Manco a dirlo sono arrivate numerose e immediate le richieste di dimissioni dell’ad (cosa che, probabilmente per tutti altri motivi, aveva chiesto Piech pochi mesi fa) poiché Winterkorn, oltre ad essere il numero uno del board, ha anche la responsabilità diretta sulla ricerca e lo sviluppo, quindi sulla progettazione dell’intero Gruppo tedesco.

Le richieste non lasciano scampo: se sapeva deve dimettersi, se non sapeva, vista la sua posizione, deve dimettersi lo stesso poiché l’azienda potrebbe essere fuori controllo. Prima che ciò avvenga le accuse dovranno essere accertate e Winterkorn si è messo a disposizione per fare chiarezza, ma se la tesi di Epa e Carb è fondata sarà difficile per il Ceo resistere al comando.

Gli analisti più critici sollevano anche un altro dubbio. Se hanno imbrogliato in America si può essere sicuri che non lo abbiano fatto anche in altri continenti? L’intera Germania è con il fiato sospeso, Volkswagen aveva già dato qualche preoccupazione alla politica, ma proprio in occasione del recente salone di Francoforte (la IAA è tuttora aperta) il Gruppo aveva dato l’impressione di aver ritrovato un equilibrio con la nomina ufficiale dei successori dei manager dimissionari (Piech è anche il principale azionista).

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Lunedì 21 Settembre 2015 - Ultimo aggiornamento: 22-09-2015 10:09 | © RIPRODUZIONE RISERVATA