Nagoya passa dal 51% al 100% del costruttore di Osaka attraverso uno scambio azionario con l’obiettivo di migliorare costi e competitività armonizzando i processi di sviluppo dei modelli più piccoli, delle tecnologie e migliorando la presenza commerci

Toyota si prende il 100% di Daihatsu per migliorare costi e competitività

di Nicola Desiderio
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TOKYO - Daihatsu sarà acquista al 100% da Toyota entro il mese d’agosto portando a compimento un processo iniziato nel 1967, dapprima attraverso una crescente collaborazione tecnica e dal 1988 con l’acquisizione del 51% del costruttore di Osaka da parte del gruppo di Nagoya. Tecnicamente, l’operazione sarà uno scambio azionario che riguarderà oltre 54 milioni di titoli per un importo di circa 3 miliardi di euro con una percentuale Toyota/Daihatsu di 1 a 0,26, che porterà alla cancellazione del marchio Daihatsu dal listino della borsa di Tokyo per il 27 luglio.

Rapporto di lungo corso. Si tratta dunque di un’operazione finanziaria e che non ha riflessi sui numeri di Toyota visto quelli di Daihatsu sono da tempo accorpate a quelle delle Tre Ellissi, confermatosi nel 2015 il primo gruppo al mondo per vendite con 10.15 milioni di veicoli, 794mila (-13,3%) dei quali sono Daihatsu, il 77% commercializzate sul mercato domestico. Operativo come costruttore automobilistico dal 1951, la Daihatsu è stata presente sul mercato europeo fino al 2013 e da sempre è specializzata in auto e motori piccoli tanto da aver progettato il mille a 4 cilindri della prima Yaris e il 3 cilindri di pari cilindrata che tutt’ora si trova anche nel cofano della Aygo e delle sue sorelle francesi Citroën C1 e Peugeot 108.

Più uniti, forti e profittevoli. Il primo punto del nuovo assetto riguarda proprio lo sviluppo dei modelli piccoli tenendo distinti i marchi, dove entrambi sono presenti consentendo una maggiore integrazione nei processi di progettazione e industrializzazione secondo le diverse competenze. Il secondo riguarda le tecnologie: Toyota potrà concentrarsi di più su ambiente, sicurezza, esperienza di utilizzo e comfort mentre Daihatsu avrà il compito di adattare tutto questo alle auto di piccole dimensioni, sia in termini di miniaturizzazione sia di costi. Come riflesso, questa complementarietà dovrebbe migliorare costi, competitività e profitti anche per i veicoli di taglia maggiore. Il terzo punto riguarda i mercati emergenti, dove Toyota sfrutterà la presenza commerciale e l’abilità di Daihatsu nei processi di approvvigionamento e produzione.

Quale futuro condiviso. Quali gli effetti di questa operazione per l’Europa? Non certo un ritorno delle insegne di Daihatsu nei concessionari del nostro Continente, piuttosto la concreta possibilità di vedere modelli Toyota che sono il frutto di progetti condivisi, provengono dagli stessi stabilimenti e hanno caratteristiche tecniche ed estetiche più vicine che in passato. Probabile, a questo punto, che la Aygo di prossima generazione sia il frutto di un progetto Daihatsu. In passato c’è già stato un esperimento globale: la Daihatsu Materia che negli Usa è venduta come Scion xB e in Giappone come Coo o Toyota o Subaru Dex. E sarà interessante vedere cosa farà Nagoya prossimamente nei confronti dei Subaru, altro marchio che ruota intorno al proprio sole e del quale detiene il 16,5% delle azioni.
 

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Domenica 7 Febbraio 2016 - Ultimo aggiornamento: 08-02-2016 16:06 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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