Solo un mercato italiano dell’auto in salute (e il nostro non lo è più da tempo) può rappresentare un’interessante area dove investire, sia per le nostre aziende che per quelle estere. Ma occorrono direzioni chiare date agli operatori e ai clienti - sia aziende che consumatori privati - sull’accoglimento delle nuove tecnologie. Lo ha ribadito in una lettera aperta sulla crisi dell’automotive alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni il presidente dell’Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri Michele Crisci, dopo averla anticipata nel corso del dibattito ‘Il futuro della mobilità’ moderato a Villa Blanc - sede della Luiss Business School - da Fabio Orecchini, direttore dell’Osservatorio Auto e Mobilità e del CARe UniMarconi. Il riferimento è «agli incentivi basati sulle classi di CO2, che prima sono stati ben pensati su base triennale e poi sono stati penalizzati da limitazioni senza senso, quali le soglie di prezzo o l’esclusione delle aziende, che di fatto ne hanno completamente sterilizzato l’efficacia».
«Ed anche e soprattutto alla ormai cronica assenza di una revisione fiscale sull’automotive, per le vetture aziendali e non solo, soprattutto alla luce dei chiarissimi segnali dati in questa direzione dalla stragrande maggioranza dei mercati europei, da ultimo il Belgio, dopo Norvegia, Olanda, Germania e Francia». «Sono Italiano, come lei, e fiero di esserlo anche e soprattutto quando rappresento il nostro Paese all’estero, nel mio headquarter svedese - prosegue Crisci riferendosi alla sua carica di presidente e ceo di Volvo Italia - perché noi siamo uno dei pochi Paesi al mondo che hanno scritto la storia dell’automotive, innovando nelle tecnologie, nel design e nei contenuti». «Negli ultimi anni - si legge nella lettera - il nostro mondo dell’automobile sta cambiando radicalmente e l’introduzione di nuove tecnologie capaci di ridurre fortemente l’impatto ambientale sta profondamente sfidando la capacità dell’Italia di tenere il passo».
«Non possiamo difenderci arroccandoci su posizioni passate e su tecnologie passate, basti pensare che nella componentistica, per esempio, oltre il 60% del fatturato delle aziende italiane si sviluppa verso le aziende estere che Unrae rappresenta». Crisci chiede al presidente del Consiglio «cosa succederà alle nostre aziende italiane quando le loro clienti estere, come sta accadendo, si concentreranno velocemente sul fabbisogno solo di queste nuove tecnologie? Come saranno in grado le aziende della componentistica italiana di rispondere a questa sfida per mantenere quel 60% di fatturato». Crisci conclude la lettera aperta alla premier Meloni toccando il tema scottante del parco auto che «così come quello dei veicoli commerciali va rinnovato con somma urgenza. Le auto legate ai cicli omologativi ante euro 5 (4,3,2,1,0) vanno gradualmente ma velocemente sostituite, aiutando chi non è in grado di farlo con scivoli verso ibridi o piccoli endotermici nuovi e/o usati di ultima generazione, virtuosissimi rispetto alle auto che guidano, che invece vanno inderogabilmente rottamate».
L’ Unrae sottolinea che «non è possibile pensare e nemmeno aspettare che sia l’elettrico o l’idrogeno» la soluzione al rinnovo del parco circolante perché «la legge della domanda e dell’offerta e i costi relativi non lo consentirebbero». «Ci vuole pragmatismo, ci vuole la capacità di individuare le soluzioni giuste a misura delle problematiche urgenti, ma - conclude Crisi - ci vuole anche la visione per mettere a terra strategie per il prossimo futuro. Abbracciare le nuove tecnologie velocizzandone l’adozione a partire dai soggetti che hanno la disponibilità di farlo, velocizzando al contempo, l’abbattimento dei costi e dei prezzi, questo è l’unico modo per aumentarne la diffusione per tutti».