Una produzione in Italia da parte delle case automobilistiche cinesi potrebbe godere della qualifica di 'made in Italy'. Lo indica il ministro del Made in Italy Adolfo Urso al termine di una missione di due giorni in Cina. L'idea di Urso è di far fare un salto di qualità al partnerariato commerciale con la Cina che compie 20 anni e di sfruttare la "tecnologia" cinese per lo sviluppo dell'economia 'green' e per l'automotive. "La Cina è un mercato irrinunciabile per le imprese italiane ed è un partner sempre più importante per realizzare in Europa tecnologia green, mobilità elettrica, auto e bus secondo la sostenibilità ambientale che vogliamo con pervicacia raggiungere" osserva Urso in una dichiarazione alla stampa.
L'idea per l'automotive è quella di partnership industriali: le case automobilistiche cinesi hanno grande bisogno della componentistica italiana, la filiera "migliore e più performante in Europa". Secondo Urso "in questa fase geoeconomica le cause automobilistiche cinesi producendo in Europa, per il mercato europeo, potrebbero essere definite 'made in Italy' in quanto utilizzano la componentistica italiana, il lavoro italiano". L’Italia in questa fase, aggiunge Urso, "può diventare una piattaforma produttiva anche per imprese cinesi che, nel rispetto delle regole europee e italiane, intendano produrre in Italia per meglio presidiare il mercato europeo e anche, grazie alla forza del 'made in Italy' esportare i loro prodotti negli altri continenti".
Nelle due giornate trascorse a Pechino, Urso ha incontrato i vertici di Dongfeng Motor, e successivamente David Zhang, General Manager di JAC Motors, ai cui incontri ha partecipato il presidente di Anfia, Roberto Vavassori, che ha sottolineato la piena collaborazione delle imprese della componentistica italiana. Urso giovedì aveva incontrato i vertici di Chery, player della mobilità elettrica molto presente all'estero, e di China City Industrial Group, interessata alla produzione di bus elettrici in Italia.