La versione Rip Curl della Citroen Cactus si riconosce dai retrovisori e dai corrimano bianchi, dalla presenza del marchio e dalle paratie di protezione ad effetto alluminio

Citroen fa la differenza, Mehari e Cactus indicano la strada per la nuova immagine

di Nicola Desiderio
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GINEVRA - Una Citroën frizzante che, in attesa di nuovi modelli, punta a ridefinire il proprio profilo di immagine proprio nel momento in cui DS diventa un'entità indipendente. A quest'ultima dunque la missione del lusso e del premium mentre al Double Chevron la libertà di tornare alle proprie origini e ad una destinazione più popolare, ma in chiave originale, sbarazzina e funzionale.
Si potrebbe dire: l'altro modo di vivere l'auto alla francese, pensando proprio a come DS vuole invece impersonare il lato più chic e sofisticato dell'identità transalpina. Ecco perché gli araldi di Citroën alla kermesse svizzera erano la C4 Cactus Rip Curl e il concept E-Mehari Courégges.


Nel primo caso si parla di un progetto di comarketing, ma di quelli ben studiati perché la compatta con le portiere imbottite è un'auto ideale per il surfista, in più il marchio australiano è nato nel 1969 a poca distanza da un luogo di culto per i praticanti del surf che, guarda caso, si chiama proprio Cactus Bay.
La versione Rip Curl si riconosce dai retrovisori e dai corrimano bianchi, dalla presenza del marchio e dalle paratie di protezione ad effetto alluminio. Cinque le tinte per la carrozzeria, tre per i celebri Airbump. All'interno le sellerie possono essere in tessuto o misto pelle, con tocchi di arancio e grigio e il vano portaoggetti centrale è provvisto di cinghie in pelle che suggeriscono l'idea del viaggio. L'allestimento di riferimento è lo Shine con una novità nella dotazione tecnica, il Grip Control, ovvero un sistema di controllo elettronico della trazione studiato per i fondi più scivolosi.


I motori invece saranno il 3 cilindri turbo 1.2 ad iniezione diretta da 110 cv e il diesel 1.6 da 100 cv con sistema BlueHDi. E se dici spiaggia, non puoi non pensare alla E-Mehari, ripresentata a Ginevra con il tocco della maison Courègges dato dalla carrozzeria completamente bianca. Anche qui il matrimonio non è di facciata perché nel 1968, proprio nell'anno in cui nasceva al Mehari, la stilista Coqueline Courrèges si costruì la sua prima auto elettrica e successivamente ne avrebbe realizzate altre. La E-Mehari centra in pieno lo spirito e il succo tecnico della prima Mehari, derivata dal telaio della Dyane 6 e che, grazie alla carrozzeria in plastica e alle sospensioni ad ampia escursione, pesava solo 525 kg, andava dappertutto, non temeva la ruggine e poteva essere pulita anche all'interno con un tubo di gomma poiché anche i sedili erano lavabili. In 20 anni ne furono prodotte 145mila, non molte, ma abbastanza per farne un mito.


La E-Mehari riprende tutte queste caratteristiche, in più ha il volante monorazza proprio come le Citroen di una volta ed è e ad emissioni zero grazie alla tecnologia messa a disposizione dal gruppo Bolloré. Lunga 3,81 metri, larga 1,87 e alta 1,65, la E-Mehari ha il tetto in plexiglass ad effetto ghiaccio, un bagagliaio da 200 litri, dove è riposto un set di 3 valigie in bianco e arancio, che cresce a 500 abbattendo i due sedili posteriori, il motore è da 50 kW ed è sufficiente per raggiungere 110 km/h infine la batteria è al Litio Metal Polimeri, dunque è allo stato solido e “secca” (senza liquido), più sicura e sufficiente per un'autonomia di 200 km.
 

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Sabato 4 Giugno 2016 - Ultimo aggiornamento: 16:55 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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