Volkswagen, il terremoto scuote Berlino: «La Merkel sapeva tutto da mesi»

Volkswagen, il terremoto scuote Berlino:
«La Merkel sapeva tutto da mesi»

di Giorgio Ursicino
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Dopo lo scandalo arrivano inevitabili le dimissioni. L'amministratore delegato di Volkswagen Winterkorn ha lasciato oggi il suo incarico: «Mi dimetto - ha detto anninciando le sue dimissioni - Il Gruppo ha bisogno di un nuovo inizio».
Che il caso non sia solo tedesco lo conferma il crollo delle Borse e le pesanti perdite subite da tutti i titoli del settore automotive: -8,8% Peugeot, -7% Renault, -7% Daimler, -6% Bmw per citarne qualcuno.

E tuttavia in Germania sta diventando un caso di Stato che rischia di creare serio imbarazzo anche alla Cancelleria non certo estranea alle vicende della più grande azienda d'Europa, un gigante che dà lavoro a 600 mila persone e contribuisce non poco al Pil di Berlino. Ieri il quotidiano Die Welt ha rivelato di essere in possesso di uno scottante documento che prova come il governo tedesco fosse al corrente del grave problema poi esploso dall'altra parte dell'Atlantico. Sarebbero stati i verdi a luglio a presentare un'interrogazione sull'argomento e il ministero dei Trasporti tedesco avrebbe risposto di non essere all'oscuro del fatto che i costruttori di auto alteravano le emissioni con il software poi incriminato. Dal dossier emerge che pure le autorità di Bruxelles erano informate della vicenda.

L'APPOGGIO DEI POTERI FORTI
Se ciò fosse confermato, sarebbe davvero grave, perchè si va oltre le responsabilità dei manager aziendali rendendo remota la possibilità che il capo azienda di Wolfsburg potesse non sapere quanto stava accadendo. Più inquietante è il fatto che si parla genericamente di costruttori, quindi potrebbe non essere coinvolta solo la Volkswagen.
La vicenda s'intreccia con un'altra partita tutta tedesca per il controllo del gigante di Wolfsburg che, per quanto ferito dalla vicenda, resta uno dei principali protagonisti globali del mondo dell'auto, un asset di inestimabile valore non solo per la Germania. Lo scandalo emissioni è infatti esploso proprio nel momento in cui il gigante tedesco sembrava aver ritrovato equilibrio dopo il duro braccio di ferro di primavera fra il patriaca-azionista Ferdinand Piech e il top manager Winterkorn per l'intera carriera suo delfino, una vicenda che aveva messo in notevole difficoltà il vertice aziendale.

Nessuno conosceva le ragioni per le quali Piech aveva preso le distanze dal Winterkorn, ma quanto accaduto in queste ore potrebbe spiegare molte cose. All'epoca il ceo aveva infatti ricevuto l'appoggio incondizionato di tutti i poteri forti tedeschi, sia quelli che hanno un ruolo primario nel consiglio di sorveglianza (sindacati, land della Bassa Sassonia, famiglia Porsche) sia il governo di Berlino.

La cancelliera in persona ha sempre manifestato stima e fiducia a Winterkorn facendosi vedere spesso con lui in pubblico (l'ultima volta qualche giorno fa al Salone di Francoforte). L'assemblea dei soci convocata per novembre avrebbe dovuto approvare il nuovo organigramma del cds con Hans Dieter Poetsch (attuale responsabile della finanza nel consiglio di amministrazione di Wolfsburg) alla presidenza del potente consiglio di sorveglianza, quindi come successore del patriarca Piech.

SPUNTA L'IPOTESI MUELLER
Contemporaneamente era stato annunciato il rinnovo del contratto di Winterkorn al vertice operativo per altri due anni, fino al 2018 (c'era ancora da decidere chi avrebbe preso il posto di Poetsch nel board). Ora tutto torna in ballo.

Winterkorn nel suo messaggio di ieri ha chiesto ancora la fiducia, intenzionato a continuare. Ma per lui non sarà facile gestire lo scandalo visto che è quasi impossibile potesse non sapere. La cosa che più irrita le autorità Usa è la mancanza di trasparenza e i precedenti di Toyota e General Motors dimostrano che chi chiede scusa e gestisce la “riparazione” difficilmente è lo stesso manager che era alla guida quando il problema si è verificato. L'altro ieri era stato il guru dell'automotive tedesca Dudenhoeffer a chiedere il passo indietro di Winterkorn; ieri il quotidiano Tegesspiegel dava per imminente la resa del manager.

Secondo fonti interne al cds, il ceo non avrebbe più la fiducia del consiglio stesso e sarebbe già stato individuato il suo successore, Matthias Mueller, l'attuale numero uno di Porsche che resta una delle cassaforti più ricche del Gruppo di Wolfsburg nonché fiore all'occhiello della famiglia principale azionista (Ferdinand Porsche era il nonno di Piech da parte materna).

Per motivi del tutto imprevedibili rischia dunque di avverarsi il desiderata di Piech: Winterkorn fuori. Col senno di poi prende forza l'approccio di Wolfsburg all'IAA di Francoforte tuttora in corso: grande attenzione all'elettrificazione con i rivoluzionari concept a emissioni zero e vetture di serie ibride plug-in. Sicuramente un modo per togliere attenzione dal diesel visto quello che bolliva in pentola.

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Mercoledì 23 Settembre 2015 - Ultimo aggiornamento: 27-09-2015 06:56 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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4 di 9 commenti presenti
2015-09-23 09:51:59
chissà se l'improvviso senso di accoglienza dei giorno scorsi centrava con questo articolo
2015-09-23 09:52:41
HI--HI----Hi ( risolini satanico ) ... ed ora la "cancelliera " chiederà lumi ( Bla , Bla , Bla ) al Renzi ? .... Povera Europa , la più grande industria Europea ..... mah .... crollo di un mito ..... Badessa
2015-09-23 10:33:38
chissà quali altre verità emergeranno ingnote ai più e come sono i diesel delle altre case in fatto di emissioni nocive, comunque l'immagine mediatica della Germania è migliore di quella reale reale che parla bene ma razzola male
2015-09-23 10:43:07
Con trucchi come questi é facile mantenere in attivo il PIL, vero Frau Merkel? E le scuse all´Italia ed alla Grecia ed agli altri stati di Europa che si stanno svenando per rimanere nella maledettissima moneta unica non le fa?