Andrea Carlucci, Director of Product and Marketing Management di Toyota Motor Europe

Andrea Carlucci (Toyota Europa): «L’Aygo X non è ibrida per essere più accessibile ed efficiente»

di Nicola Desiderio
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Il lancio di Aygo X rappresenta un’altra tappa nel processo di rafforzamento di Toyota in Europa. Contrariamente però alle abitudini, per il suo modello di ingresso la casa giapponese ha scelto di rinunciare all’elettrificazione. Sui motivi di questa scelta e di altro abbiamo parlato con Andrea Carlucci, Director of Product and Marketing Management di Toyota Motor Europe.

Che senso ha per un costruttore come Toyota presentare una vettura non elettrificata contemporaneamente alla discussione su clima e decarbonizzazione che sono state al centro del G20 e del COP26?

«Il senso, detto in maniera molto diretta, è il consumatore. E lo dico in modo molto consapevole. Stiamo parlando infatti di una categoria che ha un ruolo molto specifico nel mercato. Il mio punto di vista è che noi dobbiamo offrire al consumatore una vasta scelta di soluzioni guardando alla massima efficienza. La Aygo X ha emissioni di CO2 di 107 g/km, un dato che invito a comparare con quello che dichiarano le concorrenti mild-hybrid. Noi, con il nostro eccellente 3 cilindri mille, siamo a quel livello. Ci siamo messi nella prospettiva di una soluzione che sia accessibile per il cliente per rimanere nel cuore di un segmento. Questo per noi è un imperativo. Se nel futuro ci saranno opportunità i sviluppare ulteriormente questo progetto, le valuteremo, ma oggi siamo già leader per la CO2 e dunque stiamo già facendo abbondantemente la nostra parte per quanto riguarda gli obiettivi del COP26 e quelli europei. Abbiamo da molto tempo una vasta gamma di prodotti elettrificati ibridi ed ora anche ibridi plug-in ed elettrici per affrontare tutte le fasce di mercato nel modo più adeguato. L’esigenza di questo segmento sta essenzialmente in ciò che chiedono i consumatori e non in un principio che è più generale e che seguiamo, ovvero quello di ridurre le emissioni di flotta cercando di attirare il maggior numero di clienti».

La macchina è ben più grande della precedente perché è più lunga di quasi 25 cm, dunque non solo city car, ma anche a caccia di un cliente diverso…

«Sì, la macchina è più grande, ma anche per questo aspetto abbiamo guardato in prospettiva facendo un prodotto molto europeo e guardando a tutti i mercati che compongono il nostro continente. I 25 cm in più non sono un problema. È un’auto che si posiziona più vicino al segmento B, ma se si guarda alle concorrenti di pari categoria, che non sono rimaste moltissime, hanno questa taglia ed anche di più. Ci sono esigenze legate alle norme, alla sicurezza e all’equipaggiamento che impongono dimensioni maggiori. Se si guarda al veicolo nel suo complesso, rimaniamo nel segmento, ma con un concetto completamente nuovo per il guidatore: ovvero di pieno controllo rimanendo comunque agili e scattanti in città. E con un raggio di sterzata di 4,7 metri, abbiamo una manovrabilità da record in ambiente urbano che compensa i centimetri in più».

Il mondo dell’automobile sta affrontando la carenza dei semiconduttori, un problema che affligge soprattutto la parte bassa del mercato, quella a bassa redditività. Siete pronti a lanciare l’Aygo X e accompagnare la risposta che vi aspettate dal mercato considerando anche che state già incontrando problemi per Yaris Cross?

«I problemi ci sono anche se li abbiamo patiti molto meno degli altri perché come Toyota abbiamo avuto in passato esperienze di interruzione della catena di fornitura a causa di eventi inattesi come il disastro di Fukushima. Ad aggravare la carenza ci sono stati i problemi sanitari in Malesia e Vietnam legati al covid-19 che ci hanno fatto fermare le nostre linee europee. Posso dire che la Yaris Cross sta andando molto, molto bene, al di là delle più ottimistiche previsioni. Ci stiamo riallineando alla domanda e i nostri tempi di attesa sono simili a quelli del resto del mercato in un momento difficile come questo. Per Aygo X abbiamo fatto uno sforzo di sistema enorme per confermare il piano iniziale, anche se con qualche lieve ritardo. C’è inoltre da considerare che la Aygo X sarà prodotta insieme alla Yaris a Kolin, in Repubblica Ceca, sulla stessa piattaforma che non era mai utilizzata in quello stabilimento, dunque si tratta di un avvio duplice. Siamo però sicuri che inizieremo la produzione entro il primo quarto del 2022 e saremo pronti per la commercializzazione in aprile. Da quel momento in poi, a meno di ulteriori problemi, saremo in grado di confermare i nostri piani produttivi. Abbiamo obiettivi ambiziosi e sono fiducioso che li raggiungeremo».

Quali sono allora questi obiettivi di produzione e di vendita e quanto è ancora grande il segmento A in Europa?

«Il segmento A pesca in Europa su un bacino di oltre un milione di clienti, dunque ha ancora un suo spazio e riteniamo che terrà anche in futuro. Tutte le ricerche ci dicono questo perché rimarrà l’esigenza di avere vetture urbane molto compatte. Ci sono ovviamente pareri discordanti sul tipo di propulsione e non c’è dubbio che ci sarà un’accelerazione sul piano dell’elettrificazione. Noi guardiamo ai cosiddetti “downsizers” perché crediamo che la Aygo X possa dare sensazioni degne di una vettura di classe superiore: agile, ma con livelli di silenziosità, di robustezza e di feeling di guida degne di una “serious machine”. Guardiamo dunque a clienti di segmento B, ai premium e puntiamo al 9-10% di questo segmento che vuol dire 100-120mila unità all’anno, 15 mila delle quali in Italia. È un piano ambizioso, ma io credo che si possa andare anche oltre».

Quanto costeranno quei 25 cm in più di lunghezza?

«Dipende da quanto costerà l’acciaio! Scherzi a parte, ci manterremo sulla stessa fascia di prezzo dell’Aygo attuale e in Italia avremo un posizionamento di prezzo piuttosto alto nel segmento. Se aumento ci sarà, sarà dovuto all’aumento dei contenuti di tecnologia, di dotazione, di sicurezza e di infotainment. Ciononostante, rimarremo sugli stessi livelli di prezzo, nel cuore del segmento, proprio grazie alla scelta di non avere propulsori elettrificati. In questo modo riteniamo di offrire una soluzione accessibile per i clienti e, allo stesso tempo, sostenibile per noi».

Toyota ha fatto scuola per l’elettrificazione, partendo prima di tutti e coinvolgendo progressivamente tutta la gamma, anche se con modi e tempi diversi. E dopo l’ibrido, ora ha anche l’ibrido plug-in e l’elettrico. Per una city car come la Aygo X dopo il motore a scoppio c’è l’ibrido o si andrà direttamente all’elettrico?

«Sono aperte entrambe le opzioni, ma è un discorso più complesso che coinvolge sia le piattaforme sia le normative Euro 7 che sembra siano state nuovamente rinviate. Non ci sono ancora indicazioni definitive che potrebbero avere un impatto decisivo per un modello come l’Aygo X. L’Euro 7 può mettere più o meno sotto pressione i motori a combustione interna, ma anche il full hybrid. Molto dipenderà dall’aspetto regolamentare e dalla composizione della gamma dopo il 2025. Al proposito, stiamo definendo una strategia più complessiva, ma probabilmente avremo tutti gli elementi per farlo alla fine del 2022».

Dunque fino al 2025 siete sicuri di quello che state facendo, oltre il quadro è diverso, ma ancora incerto…

«Dal 2025 si apre necessariamente un quadro diverso. Dal 2025 potremo vedere con chiarezza ai successivi 10 anni definendo questioni fondamentali come le piattaforme e la dislocazione della produzione. Però fino ad allora abbiamo già un quadro molto chiaro».

State puntando da molto tempo all’idrogeno, un campo verso il quale l’Europa ha recentemente assunto uno sguardo diverso dal passato anche recente. Intendete portare avanti questo discorso con le automobili e anche con altri mezzi?

«Mirai ha il ruolo di dare un segnale forte: per noi l’idrogeno è il vettore energetico più promettente. Il segnale intende anche dare uno stimolo allo sviluppo dell’infrastruttura. Il sistema manifesta una certa rigidità, ma il piano nazionale mette a disposizione una certa quantità di fondi e fissa in qualche modo gli obiettivi. Credo che vi sia finalmente un fortissimo movimento, anche da parte di attori nazionali come Snam che sta facendo un lavoro egregio anche all’estero. C’è un tema sulla produzione dell’idrogeno che deve essere verde e io credo che, come paese, noi abbiamo tutte le condizioni per sviluppare un’economia basata sull’idrogeno in modo più veloce che altrove. L’idrogeno offre molti soluzioni che vanno oltre l’automobile. Stiamo già producendo bus in partnership e ci sono altre applicazioni potenziali. Penso ai camion, ai treni, alla navigazione… è necessario fare scelte strategiche sia a livello nazionale sia continentale soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo dell’infrastruttura. Oggi la situazione è piuttosto difficile, non solo in Italia. Una stazione ad idrogeno è sicuramente più complessa di una a benzina e per questo credo che ci sia bisogno di uno sforzo collettivo e una chiara volontà. Non ho ancora chiaro se accetteremo all’inizio la produzione di idrogeno blu o andremo direttamente al verde però sto vedendo in questi mesi un numero di paesi sempre maggiore, anche tra quelli produttori di petrolio, che guardano all’idrogeno in modo concreto, quindi credo che anche noi faremo la nostra parte».

Le partnership con i costruttori dove Toyota ha quote di partecipazione, come Suzuki, Subaru e Mazda avranno sempre maggiore importanza?

«Le partnership sono strategiche e sono una delle grandi dorsali di sviluppo per Toyota e dunque le espanderemo, perché crediamo siano uno strumento di presenza e di crescita organica».

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Martedì 9 Novembre 2021 - Ultimo aggiornamento: 10-11-2021 10:02 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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