Florian Modlinger, responsabile del progetto Porsche in Formula E

FE, Modlinger (Porsche): «Calendario bello e ambizioso. Lavorare per stabilizzarlo e eliminare la lunga pausa»

di Mattia Eccheli
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MADRID – Florian Modlinger, responsabile del progetto Porsche in Formula E, è il primo manager a doversi occupare di sei monoposto. Oltre alle due della scuderia Tag Heuer Porsche, della quale è il Team Principal, c'è la coppia fornita alla Andretti alla quale, dalla fine dell'ultimo campionato, si è aggiunta quella, ancora con il powertrain con il quale Pascal Wehrlein e Jake Dennis hanno vinto i titoli individuali nelle stagioni 9 e 10, destinata alla Kiro Race, la ormai ex Ert. Un “lavoraccio”: «La questione va vista da due prospettive diverse – sorride Modlinger – una è quella di Porsche, che di fatto fornisce tre squadre diverse (su undici, ndr), e l'altra è quella della scuderia».

Appunto, un “lavoraccio”.

«Diciamo che da Team Principal ho due rivali con lo stesso powertrain».

Va quasi meglio da responsabile del progetto di Porsche.

«Dal punto di vista del costruttori constato quello che il nostro sistema è in grado di fare. Come Porsche siamo orgogliosi del fatto che l'unità che ha permesso a Wehrlein e Dennis di vincere il titolo piloti sia stata ritenuta affidabile da un'altra scuderia e che possa continuare a girare per un anno ancora. Dimostra che siamo competitivi tecnologicamente».

L'intesa è stata raggiunta davvero “tardi”.

«È stata una sfida, sì. I tempi sono stati stretti: tutto è cominciato dopo Londra (che in luglio ha ospitato gli ultimi due ePrix dello scorso campionato, ndr) e abbiamo dovuto consegnare due nuove macchine, seppur Gen3».

Adeguate con il software.

«Certo, per adattarle alle nuove norme. Ringrazio la squadra per il lavoro che ha fatto in estate, dopo che le macchine sono arrivate da Londra. La Kiro Race ha poi fatto il rollout sulla nostra pista, a Weissach».

Avete fatto gli straordinari in estate e in autunno, per via del trasferimento dei test.

«Dopo quello che è accaduto a Valencia c'era una sola priorità: aiutare la regione e la popolazione colpite.Lo spostamento è stato reso possibile dal sensazionale lavoro di organizzatori e fornitori». 

Tutta la preparazione era stata studiata per Valencia.

«Pista nuova e nessun lavoro al simulatore, ma dobbiamo saper essere flessibili».

Vantaggi particolari con sei macchine al via?

«Dipende da come si sviluppa la collaborazione con le squadre e con quale livello di apertura e trasparenza si va avanti sullo scambio di dati che possono portare benefici a tutti».

Ma il titolo da confermare lo avete voi.

«È una sfida che accettiamo volentieri, però l'obiettivo è quello di competere per tutti e tre. Come Porsche ci teniamo a quello costruttori, per sottolineare come lavoriamo».

Nel calendario alla fine non è entrata la Thailandia?

«A lungo termine occorre stabilizzarlo e magari anche ampliarlo, ma possiamo essere soddisfati con il programma che abbiamo tra eventi singoli e doppi, con le due garndi gare a Tokyo e a Monaco, e con la presenza nei mercati che contano, Nord e Sud America, Asia con Cina e Giappone e Europa».

La lunga pausa tra la metà di febbraio e la metà di aprile?

«Su quella dobbiamo lavorare affinché non ci sia in futuro: è la debolezza di questo ambizioso calendario».

Non ci sono troppi eventi doppi?

«Non secondo me, la trovo una miscela salutare».

Quanti eventi e quante gare dovrebbe avere un calendario ottimale?

«Secondo me rispettivamente tra i dodici e i quattordici e fra i sedici e i venti. E anche corse in due città diverse in nazioni come Cina o Stati Uniti vanno bene».

Com'è stato fare i test su una pista completamente diversa?

«Solo pochissimi hanno guidato qui, dove abbiamo dovuto lavorare a cominciare dalle basi con la ricognizione, la misurazione del tracciato, le traiettorie, ma anche capire l'asfalto, i cordoli, l'assetto e via elencando».

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Lunedì 11 Novembre 2024 - Ultimo aggiornamento: 18:07 | © RIPRODUZIONE RISERVATA