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A lungo desiderato e molte volte solamente sfiorato, Porsche è finalmente salita sul tetto della Formula E. Il successo, tutto tedesco, porta la firma del costruttore di Zuffenhausen e di Pascal Wehrlein. Un’impresa riuscita al termine di una finale, quella andata in scena con il doppio ePrix di Londra, ricca di colpi di scena e incerta fino all’ultimo giro. A spuntarla è stato proprio il pilota tedesco che con astuzia, e supportato da un team perfetto, ha sconfitto i due piloti della Jaguar.
A distanza di un mese dal trionfo iridato in Formula E, Wehrlein ha ripercorso in nostra compagnia una stagione che l’ha visto tra i protagonisti della serie Full Electric. Un campionato, quello appena trascorso, vissuto tra alti e bassi ma che, anche nei momenti più difficili, non ha mai visto ne il pilota tedesco e tantomeno il team Porsche gettare la spugna.
Cos’è cambiato rispetto la scorsa stagione in Porsche?
«Sicuramente abbiamo fatto diversi passi in avanti. Innanzitutto la nostra performance in qualifica è migliorata e personalmente ho siglato tre pole position. Anche in gara, benché eravamo già competitivi lo scorso anno, abbiamo ulteriormente incrementato le nostre prestazioni. Inoltre siamo stati competitivi e costantemente veloci su diversi tipi di piste. I punti chiave li possiamo racchiudere nei progressi fatti dalla vettura e dalla nostra gestione».
Hai iniziato il campionato vincendo subito in Messico, quando hai pensato di poter puntare al titolo?
«In Porsche sapevano di avere un pacchetto forte, quindi l’obiettivo era quello di lottare durante tutto il campionato. Il mio focus è stato sempre quello di vincere e puntare al titolo e, assieme alla squadra, ci abbiamo messo tutto il nostro impegno per riuscirci. Abbiamo iniziato la stagione nel migliore dei modi con la pole position e la vittoria nell’ePrix di Città del Messico poi, anche durante i weekend più difficili, non abbiamo mai perso il nostro obiettivo finale. Non c'è stato un singolo momento durante l'anno in cui abbiamo mollato la presa, neppure quando eravamo a oltre venti punti dalla vetta della classifica piloti. Questo è il bello della Formula E, in ogni gara la graduatoria generale può essere rivoluzionata drasticamente, anche per questo noi ci abbiamo sempre creduto».
Qual era il tuo stato d’animo alla vigilia dell’ultimo weekend di Formula E?
«Dopo Portland ci siamo presentati a Londra non da favoriti, visto che eravamo al terzo posto a dodici punti dal leader, ma potevamo sicuramente giocarcela. Avevamo ancora tutto nelle nostre mani, ci serviva un fine settimana perfetto, il mio obiettivo era di non pensare troppo al campionato e concentrarmi nel conquistare la vittoria in entrambe le gare. Fare calcoli ti deconcentra, quindi bisognava dare il massimo sia da parte mia che dell’intera squadra. Nonostante la pressione, abbiamo avuto un fine settimana quasi perfetto vincendo la gara del sabato e arrivando secondi la domenica. A Londra era molto facile commettere errori, ma siamo stati perfetti e ci siamo meritati il titolo».
Puoi entrare più nello specifico?
«La strategia per la gara del sabato era chiara: volevamo e dovevamo assolutamente vincere. Bisognava recuperare punti, rispetto agli avversari, per lasciare aperta la lotta per il titolo nell’ePrix di domenica. Dopo aver centrato l’obiettivo del sabato, ritrovarci in testa al campionato è stato qualcosa di inaspettato. Questo ci ha permesso di arrivare nell’ultima gara in una posizione privilegiata. Ma, visto l’esiguo vantaggio di punti sui piloti Jaguar, bisognava assolutamente tagliare il traguardo davanti a loro».
Arriviamo quindi all’atto conclusivo del campionato di Formula E…
«Per l’ultima gara l’obiettivo era chiaro: dovevamo finire davanti alle Jaguar. In qualifica sentivo di aver fatto un buon giro, ma sia Nick Cassidy che Mitch Evans (rispettivamente primo e terzo ndr.), hanno fatto meglio di me. Quindi, tra i tre contendenti al titolo, noi eravamo quelli che partivamo più indietro. Dovevamo essere aggressivi fin dal via così ho superato la Maserati di Max Günther per poter attaccare le Jaguar. Quando Cassidy ha preso il suo secondo Attack Mode sono riuscito a infilarmi tra le due Jaguar evitando, così, che potessero fare gioco di squadra».
Dopo un buon avvio, l’ePrix è però proseguito alle spalle della Jaguar di Evans…
«Siamo stati molto efficienti in gara e ho cercato di superare Evans in diverse occasioni, ma lui ha difeso la posizione duramente ricevendo anche un avvertimento per alcune manovre al limite. Quando è uscita la Safety Car ad approfittarne è stato Oliver Rowland (su Nissan ndr.) che ci ha sorpassati entrambi. Con Evans secondo e io terzo avremmo chiuso il campionato a pari merito, quindi il punto extra del giro veloce poteva giocare un ruolo fondamentale. Poi Evans ha mancato l’attivazione del secondo Attack Mode così l’ho sorpassato e abbiamo portato a casa il campionato. È stata sicuramente una gara molto dura, degna di un gran finale di stagione».
A 20 anni sei stato il più giovane campione del DTM, ora a 29 anni ha raggiunto quest’altro traguardo, cosa significa per te?
«Sicuramente questo titolo è il più importante che abbia mai vinto finora, per molte ragioni. Ovviamente la Formula E è un campionato del mondo. Inoltre questo risultato è il frutto del duro lavoro dell’intera squadra. Abbiamo attraversato alti e bassi, lavorando sempre fianco a fianco per cercare di migliorare e progredire. Riuscire a raggiungere questo traguardo è stata una grande soddisfazione. Oltretutto vincere una categoria così combattuta, come la Formula E, è sicuramente un qualcosa di speciale».
Se messa a confronto con il titolo conquistato nel DTM?
«Oggi mi trovo in una situazione diversa rispetto quando sono diventato campione del DTM. Riesco ad apprezzare molto di più il successo e il lavoro di squadra rispetto a quando ero giovane, poiché venivo dalle formule minori dove vincere sembrava una cosa quasi scontata. Lo stesso nel DTM dove rapidamente sono riuscito a conquistare prima le gare e poi il titolo. Ora, con tutte le sfide che ho affrontato negli ultimi anni, apprezzo molto di più il successo e quei momenti che condividiamo come squadra».
Pensi che vincere il titolo di Formula E ti possa riportare in Formula 1?
«Non credo. Gli anni che sto vivendo sono i momenti più piacevoli e i più felici che ho avuto in tutta la mia carriera. E questo per molte ragioni. Prima di tutto ho un grande team alle mie spalle e sono consapevole di stare al fianco di persone straordinarie. Lavoriamo all’unisono e so bene tutto l'impegno che ci mettono: non vinco solo per me stesso ma per tutto il team. Ho corso due anni in Formula 1 ma, purtroppo, non con una vettura competitiva. Anche per questo mi godo il momento perché so quanto sia difficile non avere una vettura in grado di farti lottare nelle posizioni di vertice».
Qual è quindi il futuro di Wehrlein?
« Dopo il titolo nel DTM, ora sono diventato campione in Formula E e nel futuro mi piacerebbe aggiungere qualche altro titolo. Ho vinto sia con vetture Gran Turismo che con le monoposto, spero di poter ottenere altre vittorie in altre categorie di alto livello».
In vista della prossima stagione resterai fedele al tuo numero di gara (il 94), o sulla Porsche vedremo il numero 1?
«Non sono ancora sicuro. Per alcuni motivi, mi piacerebbe avere il numero 1 sulla mia Porsche. Ma d'altra parte, vedo il numero 94 come una firma personale, il mio segno distintivo. Ho vinto due campionati molto importanti con quel numero. Probabilmente ne parlerò con Florian Modlinger (Team Principal del team Porsche in Formula E ndr.), dato che prendiamo molte decisioni insieme. So che anche lui è come me, è superstizioso e crede nei portafortuna. Quindi vedremo, probabilmente lo scoprirete a Valencia in occasione dei test pre stagionali».