Angelo Pucci Grossi al volante della sua Toyota GR Yaris insieme al compagno, Francesco Cardinali

Angelo Grossi (GR Yaris Rally Cup under 23): «Mio padre, fonte di ispirazione al volante e nella vita»

di Nicola Desiderio
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«Mi chiamo Angelo Pucci Grossi, sono un ragazzo di 22 anni appassionato di motori e quest’anno ho partecipato al GR Yaris Rally Cup con esperienza zero». Questa è l’autoritratto che di se stesso traccia il vincitore della classifica under 23 del GR Yaris Rally Cup 2021, il campionato monomarca organizzato da Toyota e conclusosi recentemente a Monza vedendo Grossi conquistare il quarto posto assoluto in gara e nella classifica finale.

Come è nata questa esperienza?

«Mi ha contattato il team HMI che ha curato la preparazione delle macchine e la loro gestione tecnica in gara insieme alla concessionaria Finiguerra. Insieme abbiamo studiato il progetto e abbiamo stilato un programma che ha portato ottimi risultati, direi…»

Perché hai scelto questa macchina e questo campionato e non altri?

«Perché la mia esperienza che ho da pilota l’ho fatta in pista con auto a trazione posteriore. Gli altri monomarca sono con auto a trazione anteriore. Questa macchina si adatta di più al mio stile di guida e alla fine la mia scelta è stata azzeccata. Devo poi dire che io e la mia famiglia abbiamo sempre avuto un certo feeling con il marchio. Sia mamma sia papà hanno corso con auto Toyota».

Quindi sei figlio d’arte…

«Sì, il mio papà Giuseppe Pucci Grossi è stato 6 volte Campione Italiano Rally Terra e mia madre, Sara Clerici, è stata l’ultima donna a vincere la classifica assoluta in una gara CRZ di rally, con una Lancia Delta gruppo A».

E allora perché inizialmente hai scelto la pista per correre?

«Perché il mio papà è venuto a mancare 5 anni fa, quando avevo 17 anni e, non avendo la patente, non potevo fare i rally. Quando c’è stata l’opportunità di fare qualcosa nelle corse, mia madre, conoscendo bene i rischi dei rally, ha preferito che io corressi in pista. Se corri in pista – mi disse – mi metto in tribuna e ti vedo dall’inizio alla fine della gara. Se invece fai rally, mi sparisci alla prima curva e non so più dove sei…»

Alla fine ti senti più pistaiolo o rallysta?

«Adesso definitivamente rallysta! Ci ho messo un po’ a convincere mia madre, ma ce l’ho fatta».

Avevi già guidato un’auto da rally?

«No. Una volta mi era capitato di farlo, ma solo in pista».

Immagino tu abbia guidato anche la GR Yaris stradale. Quali sono le differenze con la vettura da corsa?

«A colpo d’occhio, le differenze riguardano la dotazione di sicurezza. Qualcosa è stato cambiato sui freni, compreso quello a mano, e hanno cambiato le mappature per il launch control e per il “bang” in modo da annullare il ritardo di risposta. L’auto con cui corro dunque è più aggressiva e precisa, ma già la stradale ha uno spirito davvero racing e va forte, anche se il cambio rimane quello di serie. Non è un’auto da corsa, ma è un prodotto sicuramente vincente».

Come sono andati il primo approccio e la prima gara con la vettura?

«Il primo approccio è stato positivo perché mi sono subito reso conto che avrei potuto crescere. L’auto è molto intuitiva da guidare e ti permette di capire quello che stai facendo. A Roma è andata bene anche se la gara è stata molto difficile a causa di un problema con il cambio che è di serie e va utilizzato con attenzione. Sono rimasto senza la seconda per la rottura di un sincronizzatore, ma ho portato comunque a termine la gara in quinta posizione. Da lì siamo andati in crescendo. Al Mille Miglia siamo arrivati quarti e a Modena abbiamo vinto. A Monza avrei potuto fare meglio, ma ho avuto problemi con il freno a mano durante le prove speciali in autodromo e ho perso il secondo posto assoluto che fino ad allora mi ero guadagnato. Comunque va bene così: sono molto soddisfatto».

I giovani della tua generazione sembrano disinteressati alle automobili e alle corse. Come vivi questo sorte di distacco con i tuoi coetanei? Ti senti un po’ un alieno?

«Le nuove generazioni sono sicuramente meno appassionate e carnali. Però viviamo in un’epoca che vede la fine dei grandi ideali ed è anche giusto fare uno strappo nel cielo di carta, in senso pirandelliano, e dire che non tutti i giovani sono scemi e con gli occhi attaccati al cellulare. A volte anche io penso che alcuni di loro sono tonti. Più che sentirmi un alieno, mi sento un ragazzo fortunato, anche perché ho molti amici che si sono alzati alle 3 del mattino per venire e vedermi correre e vivo in una terra come la Romagna, dove c’è ancora tanta passione per i motori».

Oltre ad essere pilota che cosa fai nella vita?

«Sono uno studente e ho finito il mio corso di studi proprio nella settimana in cui ho corso il Rally di Roma. Ho una laurea in Relazioni Internazionali con 110 e lode all’Università di Milano e continuerò il mio percorso universitario con un master in International Political Economy all’Università di Groningen, in Olanda. Ad ogni modo proverò a conciliare la mia passione di pilota con gli studi nel modo più professionale possibile».

Nel tuo futuro quanto vedi di pilota e quanto di ciò che stai costruendo con gli studi?

«Secondo me la cosa più bella è vedere un po’ di pilota nella propria vita. Poi si può fare in modo di farlo in modo più professionale o meno, questo dipenderà dagli sviluppi futuri. A me piacerebbe vivere esperienze lavorative soddisfacenti e, per quanto possibile, dedicarmi alle corse. So bene che il rallysmo professionistico è molto complesso e, molto probabilmente, è ben lontano dai miei orizzonti. Sono una persona molto razionale e so che nella vita studiare è la cosa più importante però so che il mondo delle corse mi potrebbe offrire buone opportunità e mi piacerebbe coglierle».

A proposito di opportunità, ti hanno già fatto alcune offerte come pilota con i risultati che stai ottenendo?

«All’inizio della stagione volevo semplicemente mettermi alla prova di fronte a me stesso, che sono il mio giudice più severo. Sono contento che i risultati siano venuti e il telefono, devo ammetterlo, ha cominciato a squillare. Anche questo mi dà tantissima soddisfazione. A me piacerebbe fare ancora parte di questo progetto Toyota, ma vedremo qual è la volontà del team».

In che cosa ti vuoi confrontare nel futuro come pilota e in che cosa invece vuoi confrontarti come persona?

«Come pilota vorrei confrontarmi con altri piloti al massimo livello. Io sono per temperamento un competitivo e non mi piace perdere neppure a carte, piuttosto baro. È una cosa che mi hanno trasmesso i miei che litigavano anche per una partita a ping pong. Nella vita lavorativa vorrei confrontarmi in un ambito internazionale, con orizzonti nuovi e sempre più aperti e conoscere sempre di più le dinamiche dell’economia e del diritto che studio da sempre, crescendo attraverso l’ascolto e l’esperienza».

Qual è il pilota a cui ti ispiri e che ammiri di più?

«Ovviamente il mio papà, perché credo che per ogni figlio il padre è sempre il proprio supereroe. Mio padre è sempre stato per me fonte di ispirazione per la sua guida, la sua abilità tecnica e anche per la sua disponibilità e cordialità con tutti. Lui sapeva portare allegria e buon umore in qualsiasi situazione. Per me quindi il pilota che ammiro di più è il mitico Giuseppe “Pucci” Grossi».

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Mercoledì 1 Dicembre 2021 - Ultimo aggiornamento: 03-12-2021 09:38 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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