Nella Hyundai i20 WRC al fianco di Sordo prima della prova speciale

Hyundai, le grandi emozioni del navigatore dilettante: prova speciale nella belva da rally

di Mattia Eccheli
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ALGHERO - La macchina è ferma sotto il tendone. È lunedì e il rally Italia Sardegna è finito da ormai 24 ore con la vittoria in rimonta di Thierry Neuville. Una piccola truppa di curiosi è assiepata fuori dall’area occupata di Hyundai. La macchina è una i20 coupé praticamente identica a quella con la quale il belga guida il mondiale 2018. Il pilota a fianco del quale ho il piacere di prendere posto (anche se scopro solo quando scendo che è stato un piacere vero) è Dani Sordo.

Lo spagnolo ha già vinto un rally iridato cinque anni fa in Germania. Adesso, malgrado si alterni alla guida della terza macchina con il neozelandese Hayden Paddon, occupa il quinto posto della classifica iridata. Fra i suoi tre colleghi di scuderia, solo Neuville ha più punti di lui. Con la tuta da pilota sto bene: sembra che io abbia un “figurino” quasi come Sordo. «Il sopralluogo e le note sono fondamentali per un pilota di rally», ricorda. Indosso l’equipaggiamento di sicurezza, anche se paradossalmente ho più paura delle mie reazioni che delle velocità alle quali so che Sordo lancerà la vettura dentro le mulattiere del penultimo stage del rally Italia Sardegna, lo spettacolare Cala Fulmini da poco più di 14 chilometri.

Ai dilettanti che si avvicendano al posto del navigatore vengono concessi una manciata di minuti: seimila metri di adrenalina allo stato puro. Sordo scatta praticamente subito. Ancora più che in pista, il percorso diventa immediatamente un imbuto. La macchina fa quello che vuole lui. Sordo accelera fino a quando io non riconosco più il tracciato: mi chiedo dove finiremo. Ma Sordo “frena” e prepara la manovra che ci consente di imboccare una carrettiera che, se possibile, sembra ancora più stretta. La paura che avevo prima di salire è svanita. È come se il pilota spagnolo mi trasmettesse la sua sicurezza. Non faccio in tempo a vedere la curva successiva che già abbiamo cambiato direzione. Poi rallenta veramente. Si gira e lascia che il polverone che abbiamo sollevato scompaia: rivedo la pista.

Non ho ancora completamente chiari i contorni della strada che Sordo ha già catapultato la vettura a non so quale velocità. Guardo solo lo sterrato a e, con la coda dell’occhio, i movimenti sicuri ed essenziali del pilota spagnolo. Dopo la solita svolta da paura imbocchiamo quella che prima era una tranquillizzante salita e che adesso si è trasformata in una angosciante discesa in fondo alla quale ci attende una curva a gomito. Quando “atterriamo” mi chiedo cosa sia realmente successo. Mi rendo conto che il tutto è durato meno di 4 minuti. Non i più veloci della mia vita, forse nemmeno i più polverosi. Di sicuro tra i più emozionanti. E se prima avevo dubbi, capisco il senso della riflessione di Dani Sordo sul valore della ricognizione e delle note. Forse lui potrebbe ripercorrere il tracciato ad occhi chiusi. Io faccio fatica a ricordamelo ad occhi aperti.
 

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Lunedì 18 Giugno 2018 - Ultimo aggiornamento: 19-06-2018 04:41 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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