Mario Andretti nel Gp del 1968

Settant'anni di F1, gli anni del tremila: dalla Cooper-Maserati alla tripletta di Jackie Stewart

di Franco Carmignani
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ROMA - La F1 1.500 cc scade ufficialmente il 31 dicembre 1965. Il nuovo format anticipato per tempo prevede l'impiego di motori aspirati con cilindrata massima 3.000 cc o sovralimentati da 1.500 cc, benzina commerciale e peso minimo 500 kg.

Ancora una volta il cambio regolamentare risulta indigesto per i team inglesi. Coventry Climax annuncia il ritiro dopo quattro stagioni di successi mettendo in crisi la Lotus per prima. La BRM che fa tutto in casa si lancia nel complicato progetto H16, il motore sedici cilindri che nasce dall'accoppiamento di due V8 1,5 litri.

Jack Brabham la soluzione l'ha trovata a casa sua in Australia, coinvolgendo la Repco, che fino a quel momento si era occupata di accessori auto, nella realizzazione di un V8 semplice e affidabile, che nasce sostanzialmente da una base Oldsmobile F85.

Bruce McLaren e Dan Gurney neo piloti costruttori puntano su soluzioni diverse. Il neozelandese, che è anche un ottimo ingegnere, parte inizialmente da un Ford V8 Indy che riadatta per la sua nuova monoposto M2A progettata da Robin Herd destinato a diventare il numero uno della March.

L'ex marine americano fonda il nuovo team Eagle che avrà a disposizione a fine stagione un motore V12 realizzato dalla Weslake dello specialista inglese famoso per i suoi studi sulle camere di scoppio.

Molto meglio sta la Cooper, ora entrata nel gruppo Chipstead, che tramite il suo direttore sportivo, l'ex pilota F1 Roy Salvadori, ottiene la fornitura dei motori Maserati V12 che l'Ing. Alfieri non aveva fatto in tempo a sviluppare a fine anni cinquanta.

Favorita d'obbligo è ancora una volta Ferrari, dove i motori dodici cilindri di queste cilindrate sono il pane quotidiano. Si parte da un V60° con testa due valvole, iniezione Lucas, con 360 CV, il telaio tipo avio per la prima F1 di Maranello siglata 312 (tre litri dodici cilindri) destinata a John Surtees, mentre Bandini avrà inizialmente la 246 (2,4 litri di cilindrata sei cilindri). Tra “Big John” e la Ferrari si è però aperta qualche crepa dopo l'incidente che il campione inglese ha subito in settembre a Mosport al volante di una Lola sport costringendolo a un lungo stop. Le due gare test di Siracusa e Silverstone restituiscono comunque un Surtees recuperato.

Si arriva così al Gran Premio di Monaco primo atto della F1 tremila. Siamo quasi a fine maggio, ma il grado di sviluppo delle monoposto è lontano dall'essere ideale. Vince Stewart con una BRM '65 gonfiata a 2 litri davanti a Bandini con la Ferrari 2,4, ritirate tutte le tre litri! Surtees fa in tempo a vincere in Belgio con la 312, prima di lasciare Maranello, e qui inizia il sogno proibito di Bandini, martellato incredibilmente dalla sfortuna, al contrario di Jack Brabham autore di un poker di vittorie consecutive che lo proiettano verso un titolo comunque meritato.

Le ultime tre gare della stagione vedono altrettanti successi sorprendenti. A Monza “Lulu” Scarfiotti riporta al successo la Ferrari con il nuovo motore 36 valvaole, ed è l'ultimo pilota italiano ad aver vinto il Gran Premio di casa, a Watkins Glen Jim Clark firma l'unico successo del motore H16 della BRM, montato sulla Lotus, e in Messico c'è ugualmente la “prima” del V12 Maserati con la Cooper per merito di...John Surtees.

La nuova stagione, che si spera offra un definitivo assestamento tecnico prende il via il 2 gennaio 1967 in Sud Africa sul circuito di Kyalami. Vince ancora la Cooper-Maserati questa volta con Pedro Rodriguez, perché Surtees è passato alla Honda che aveva debuttato a Monza in settembre.

Una pausa di cinque mesi e il campionato riprende con il Gran Premio di Monaco. Una giornata infausta per il terribile incidente di Bandini, pilota amatissimo dagli italiani, molto meno dal destino. Vince Denis Hulme che ripetendo il cammino ’66 del suo patron Jack Brabham si aggiudicherà il titolo.

E’ comunque una stagione importante. Al Gran Premio d’Olanda debutta il motore otto cilindri DFV Ford Cosworth che i team britannici aspettavano con ansia, anche se per un anno è in esclusiva per la Lotus. Colin Chapman tira fuori dal cilindro un altro dei suoi colpi di genio. La scocca della nuova Lotus 49 termina alle spalle del pilota, dove viene fissato il motore che fa da supporto al gruppo sospensioni posteriore.

Clark vince subito a Zandvoort e si ripete a Silverstone, poi prima di infilare una doppietta nei due Gran Premi finali, Usa e Messico, è tradito da vari inconvenienti che gli impediranno di vincere il titolo. Ma Monza è autore dell’impresa forse più bella della sua carriera. Rientrato ai box per sostituire una gomma perde un giro. Sul tracciato brianzolo non ancora rallentato dalle chicane si viaggia a 240 km/h e rimontare è praticamente impossibile, ma non per Jimmy, che in cinquanta giri si riporta in testa. Il pubblico, una volta ostile allo scozzese, lo celebra, non sa purtroppo che sarà l’ultima volta… Il sogno finisce in vista dell’arrivo. Ultimo giro thrilling: Surtees “frega” Brabham, e ce ne vuole con “Black Jack”! e vince in volata con la sua “Hondola” – telaio derivato Lola e motore Honda V12 – Clark è solo terzo con l’ultima goccia…

Per Ferrari un’altra annata sfortunata. Il giovane neozelandese Chris Amon vincitore della 24 Ore di Le Mans con la Ford l’anno prima, era stato ingaggiato da Ferrari, con grande favore del gommista Firestone, per crescere tranquillamente alle spalle di Bandini, s’è ritrovato numero uno della squadra e ha fatto quel che ha potuto. E’ un gran collaudatore, ma in gara gli manca il guizzo vincente che il Cavallino cercherà l’anno dopo nell’emergente Jacky Ickx.

Si riparte ancora dal Sud Africa con Clark primo per la 25ma volta con la Lotus verde e gialla, livrea sostituita poche settimane dopo dal bianco-rosso-oro della Gold-Leaf che apre l’epoca degli sponsor. E’ una notazione romantica per chiudere l’epopea dello scozzese volante, che muore in una corsa secondaria a Hockenheim a inizio aprile. Il “suo” titolo mondiale viene ereditato da Graham Hill, l’ex avversario della BRM rientrato l’anno precedente alla Lotus.

Ma intanto è pronto il secondo scozzese volante Jackie Stewart spinto in F1 dallo stesso Jimmy, ma molto diverso da Clark. E’ un calcolatore, il tipico uomo-campionato, ne vincerà tre, ma è anche un paladino della sicurezza in un periodo difficile costellato di incidenti. In breve diventerà anche un uomo immagine meno impacciato del suo grande connazionale.

Il primo titolo Jackie lo vince nel 1969 con la Matra, che fa parte dell’omonimo gruppo missilistico francese. In F1 corre a due punte, il team interno che utilizza il motore V12 costruito appositamente a Velizy, che però avrà successo più avanti tra le sport prototipo e il team di Ken Tyrrell che schiera la Matra MS80 il più affidabile motore DFV Cosworth. L’ex commerciante di legnami inglese recupera Stewart che aveva fatto correre in F3, ormai deluso dalla BRM. Come secondo pilota, per contratto francese, dopo una breve parentesi del capellone Johnny Servoz Gavin, arriverà il fascinoso Francois Cevert, che vanta una relazione con Brigitte Bardot.

La scalata al titolo è perentoria. Stewart vince ben sei gare delle undici a calendario. Lontano è Jacky Ickx approdato alla Brabham dopo un solo anno a Maranello, che è primo in due occasioni. All’ultima gara dell’anno, dopo sei anni di militanza in F1 arriva anche il primo successo iridato di Jochen Rindt, sul quale ha puntato forte Colin Chapman per rimpiazzare Clark.

La Ferrari, che nel ’68 ha per prima utilizzato gli alettoni posteriori, è in crisi con la 312 V12 e lo stesso Chris Amon a fine ciclo. Mauro Forghieri sta però preparando la riscossa…

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Giovedì 8 Ottobre 2020 - Ultimo aggiornamento: 10-10-2020 16:37 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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