ROMA - Occorre investire almeno 5 miliardi di euro per evitare che i tremila miliardi di dollari investiti nel settore marittimo siano utilizzati in modo poco produttivo nella decarbonizzazione del settore. Nello studio, intitolato “Catalysing the Fourth Propulsion Revolution”, International Chamber of Shipping evidenzia la necessità a che i governi sostengano la proposta dell’industria marittima mondiale di creare un fondo globale per arrivare alla decarbonizzazione del settore.
Secondo l’Ics per raggiungere i severissimi obiettivi imposti dall’International Maritime Organization. Bisogna puntare con decisione, secondo lo studio, sull’uso di ammoniaca, idrogeno, batterie e lo sviluppo delle relative tecnologie per alimentare la flotta mondiale.
Tuttavia, il rapporto rileva che attualmente i combustibili a zero emissioni di carbonio non sono disponibili nelle quantità necessarie per giungere alla decarbonizzazione. Infatti, a fronte dei numerosi potenziali carburanti e tecnologie a zero emissioni di carbonio, la riduzione delle emissioni richiesta dalla comunità internazionale e dall'industria richiedono una enorme attività di ricerca e sviluppo.
Il rapporto esamina dettagliatamente lo stato della ricerca sui vari fronti. Vediamoli. Secondo l’Ics l’Ammonica verde è uno dei più promettenti combustibili a basse emissioni più promettenti. L’IAE (International Energy Agency) prevede che il suo utilizzo per lo shipping raggiungerà 130 milioni di tonnellate entro il 2070, il doppio rispetto a quello utilizzato in tutto il mondo per la produzione di fertilizzanti nel 2019. “Tuttavia, tale carburante - è sottolineato nello studio - ha minore densità energetica rispetto al petrolio, il che significa che le navi consumeranno fino a cinque volte più carburante per in volume. La produzione di ammoniaca dovrebbe aumentare di 440 milioni di tonnellate – più che triplicando la produzione attuale – richiedendo 750 gigawatt di energia rinnovabile. Ciò significa che lo shipping mondiale dasolo consumerebbe il 60% della produzione di energia rinnovabile di 2.537 gigawatt”.
E poi l’Idrogeno che non emette carbonio, ma la sua attuale produzione comporta l’emissione di una grande quantità di “greenhouse gasses” Ghg, in grado di aumentare l’effetto serra. “Tuttavia, sono in corso ricerche per prevenire questo problema. Simile all'ammoniaca, anche per l’idrogeno la densità energetica è scarsa e sarebbe necessario anche un nuovo sistema di bunkeraggioL’uso dell’idrogeno potrebbe raggiungere i 12 milioni di tonnellate nel 2070, pari al 16% della domanda globale di bunker marittimi del 2019 e al 16% dell'attuale uso globale dell'idrogeno”.
E infine le Fuel Cells, celle a combustibile e batterie. Una sfida, quella dell’uso di questa soluzione definita “molto impegnativa” perché una tipica nave porta contenitori richiederebbe la potenza di 10.000 batterie Tesla S85 al giorno, cioè 70.000 batterie per navigare per una settimana. “L'energia eolica - sottolinea lo studio - potrebbe integrare le navi elettriche, anche se l'opinione attuale è che tali navi potranno essere utilizzate solo per i viaggi a breve distanza.
Il Segretario Generale dell'ICS, Guy Platten, non ha dubbi: “Se si vogliono raggiungere gli attuali obiettivi di riduzione di CO2 delle navi è necessario un salto di qualità nella tecnologia per la decarbonizzazione simile al passaggio dalla vela al vapore più di un secolo fa. Tuttavia, non abbiamo il lusso dello stesso tempo per trasformarci. Questo rapporto fa luce sulle potenziali soluzioni che dovranno essere adottate se vogliamo allontanare l'industria navale dai combustibili fossili. Ma la realtà è che le aziende hanno bisogno di un fondo centralizzato che possa catalizzare un'intensa iniezione di investimenti in ricerca e sviluppo per potenziare i progetti. Senza di essa non raggiungeremo l’obiettivo dello shipping a emissioni zero”.